Tempo di vendemmia e tempo anche di stime sulla produzione dell’annata 2024 che, a oggi, sembra promettere un raccolto sicuramente migliore rispetto al 2023. Secondo i dati presentati da Osservatorio Assoenologi, Ismea e Unione italiana vini (Uiv), sono 41 milioni gli ettolitri stimati per la vendemmia 2024, in crescita del sette per cento rispetto all’anno passato. Sebbene i volumi risultino inferiori rispetto alla media dell’ultimo quinquennio (-12,8 per cento), questa vendemmia sembra confermare per l’Italia il ruolo di primo produttore mondiale, data la forte diminuzione della produzione francese (-18 per cento sui valori 2023).
A contenere il potenziale produttivo c’è l’impatto di fenomeni climatici estremi, dalle piogge eccessive al Centro-Nord alla siccità nel Sud, che si somma alle difficoltà che il vino si trova ad affrontare sui mercati.
Per quanto riguarda le uve, nel complesso le valutazioni parlano di una qualità complessivamente da buona a ottima, grazie alla tempestività e alla capacità di intervento di quanti lavorano in campo, messi sempre più alla prova dalla forte variabilità climatica.
Ecco i dettagli approfonditi nell’ambito dell’Expo Divinazione del G7 Agricoltura a Ortigia (Siracusa).
Le stime di produzione per regione
Rispetto allo scorso anno in termini di volumi produttivi, le stime prospettano un significativo aumento della produzione soprattutto nelle regioni del centro Italia (+29,1 per cento), un Nord in sostanziale tenuta (+0,6 per cento) e un Sud che, seppur in rialzo rispetto allo scorso anno (+15,5 per cento), resta di molto al di sotto della media del quinquennio (-25,7 per cento). Tra le regioni italiane, il Veneto si conferma il principale produttore con undici milioni di ettolitri e una quota pari al 27 per cento del raccolto nazionale, seguito da Emilia-Romagna e Puglia, in sostanziale pareggio con circa il 17 per cento, precedendo Piemonte, Sicilia e Toscana.
Per quanto concerne le tempistiche della vendemmia, la trasversalità dell’andamento climatico ha influenzato i tempi di raccolta in base alle varietà di uve, alla tipologia, alla giacitura e alla disposizione dei terreni, fornendo uno scenario piuttosto variegato. Al Sud, dove allo stress da carenza idrica si è aggiunto (a partire da maggio) anche lo stress termico, il periodo della raccolta è stato anticipato, come al Centro e al Nord per le varietà precoci. Rientrano invece nelle medie stagionali le varietà tardive del Nord. La siccità ha influito sicuramente in maniera negativa sui volumi, ma l’andamento delle temperature ha consentito alle uve di raggiungere una maturazione generalmente ottimale, un aspetto che di questi tempi non è affatto scontato.
Pioggia a Nord e siccità a Sud
Nelle regioni del Centro-Nord l’annata 2024 è stata fin qui caratterizzata da piogge eccessive, soprattutto nel periodo primaverile. Se da un lato questo ha contribuito a ricostituire le risorse idriche, dall’altro ha alimentato la preoccupazione per la gestione delle fitopatie, in particolare la peronospora (avevamo approfondito il tema in questo articolo). A differenza dello scorso anno però, i danni sono stati fortunatamente più localizzati e contenuti, concentrati soprattutto nelle aree a conduzione biologica.
Nel frattempo a Sud, invece, ci si è trovati a fare i conti con una carenza idrica durata mesi, che qualche sporadico temporale non è stato in grado di compensare. Caldo e carenza di acqua hanno portato i viticoltori ad anticipare le operazioni di vendemmia. Inoltre, in alcune aree le rese risultano inferiori alle attese, ma bisognerà aspettare l’andamento di queste settimane per capire se il meteo permetterà alle uve più tardive di completare al meglio la maturazione.
«È stata una delle vendemmie più impegnative che ricordi nella mia ormai lunga esperienza di enologo – ha detto il presidente di Assoenologi, Riccardo Cotarella – condizionata in maniera importante da una significativa trasversalità meteorologica. In particolare, la vendemmia di quest’anno si inserisce in un quadro meteorologico estremo, caratterizzato da un’instabilità climatica che ha influito inevitabilmente sulla produzione delle uve. Le varietà più precoci, in alcune zone, sono state raccolte con rese inferiori e una qualità segnata dalle condizioni meteorologiche avverse, mentre le varietà più tardive hanno subito ritardi o anticipi nella maturazione, con un impatto significativo sul bilancio zuccherino e acidico delle uve stesse». Un quadro difficile in cui, secondo il presidente di Assoenologi, emerge il sapere tecnico e la competenza scientifica degli addetti del settore, per gestire al meglio sia la conduzione della vigna sia quella della cantina. Un fattore fondamentale di cui avevamo parlato anche in questo articolo.
Cosa succede nel resto d’Europa
Intanto anche nel resto d’Europa si fanno i conti con il cambiamento climatico e questo influenza la produzione che anche negli altri stati membri resta inferiore rispetto alla media.
Come accennato, la Francia quest’anno produrrà meno uve e le stime parlano di 39,28 milioni di ettolitri (-18 per cento). In lieve calo anche la Germania (-2 per cento a 8,40 milioni di ettolitri) e il Portogallo (-8 per cento a 6,90 milioni di ettolitri), mentre la Spagna segna una ripresa del venti per cento rispetto ai volumi del 2023 e una stima produttiva di 39,75 milioni di ettolitri, superando di poco la Francia.