Tory sedutiL’ingiustificato ottimismo dei conservatori inglesi, e la dura realtà della politica britannica

Nonostante il congresso del Partito a Birmingham si sia svolto in un clima di apparente fiducia, le prospettive sono grigie, con sondaggi negativi, candidati che non riescono a ottenere un consenso significativo e una base elettorale giovane che si sta allontanando

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Quest’anno le premesse per il congresso del Partito conservatore erano tutt’altro che esaltanti, con i Tories che si sono presentati all’appuntamento di Birmingham in cerca di un nuovo leader, dopo anni di malgoverno e la sconfitta elettorale più pesante di sempre. Proprio la lotta per la guida del partito ha preso il sopravvento durante questa edizione e i riflettori sono stati riservati solo ai quattro protagonisti delle primarie, i sovranisti Robert Jenrick e Kemi Badenoch, e i più moderati James Cleverly e Tom Tugendhat, che hanno chiuso la convention con dei discorsi programmatici nell’ultima giornata. Rishi Sunak, il leader uscente del partito, è praticamente scomparso dalla scena e ha tenuto solo un breve intervento: secondo alcuni, sarebbe addirittura pronto a mollare la politica e trasferirsi in California, ma per ora ha solo invitato i suoi colleghi a sanare le divisioni interne. 

Eppure, a dispetto di questo quadro scoraggiante, il clima del congresso è sembrato ottimista: semplicemente, in questo momento storico della politica britannica è possibile una cosa e il suo esatto contrario. È possibile che il congresso laburista, il primo da forza di governo reduce da una vittoria schiacciante, si trasformi in un momento di difficoltà, piuttosto che di festa; ed è altrettanto possibile che i conservatori, al loro minimo storico, guardino con speranza al futuro, complice un momento di appannamento del Labour.

Una convinzione legittima, ma in conflitto con la realtà: la maggioranza dei giovani ex elettori Tory sarebbe pronta a cambiare partito alle prossime elezioni, secondo una nuova ricerca di Savanta, mentre ulteriori dati di Ipsos hanno rivelato che il pubblico sceglierebbe il leader di Reform Uk Nigel Farage come candidato alle primarie, uno che non fa neanche parte del partito. Non sorprende quindi che, secondo un altro sondaggio Ipsos, nessuno dei quattro candidati riesca a superare il venti percento di gradimento.

A Birmingham, i Tories hanno preferito ignorare l’entità della sconfitta di luglio, ingigantire i problemi iniziali dei laburisti al governo e illudersi sulle effettive possibilità di tornare al potere. Poi, oltre ai numeri dei sondaggi, anche la battaglia politica ha destato qualche preoccupazione, con gaffes e slogan beceri, soprattutto da parte degli oltranzisti Jenrick e Badenoch. Negli ultimi giorni, Badenoch ha espresso delle opinioni davvero ai confini della realtà: in un articolo sul Sunday Telegraph ha dichiarato che «alcune culture sono meno valide delle altre»; poi ha affermato che l’indennità di maternità prevista per legge è «eccessiva» e che il salario minimo sta «gravando eccessivamente» sulle imprese. 

Anche Jenrick non è stato da meno, sostenendo in un video che le forze speciali britanniche «uccidono i terroristi anziché catturarli perché i nostri avvocati ci dicono che, se catturati, la Corte europea li rimetterebbe in libertà», oppure spingendo per l’uscita del Regno Unito dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo. Un approccio comunque in linea con il tono del congresso, dove numerosi eventi collaterali hanno visto parlamentari e altri militanti sostenere che un programma «propriamente conservatore», con abbandono della Convenzione europea sui diritti, tagli fiscali e culture wars, potrebbe indebolire la minaccia di Reform Uk e permettere ai Tories di tornare al potere.

Tutto questo ottimismo appare quindi ingiustificato e gli analisti non sono gli unici a essersene accorti. Il «Business Day» del congresso, ovvero il momento in cui i responsabili di public affairs e lobbying incontrano i pezzi grossi del partito, è stato un mezzo fiasco, con molti giganti dell’industria che hanno disertato l’evento. Un po’ perché i Tories non sono più al potere e un po’ per tenersi alla larga da un partito che viene percepito sempre più come una bad company. Vari funzionari hanno riferito che alcune aziende hanno presentato il loro stand solo perché molti contratti erano stati firmati all’inizio dell’anno, prima che Rishi Sunak convocasse le elezioni. Altri lobbisti hanno presenziato solo perché hanno acquistato i loro pass prima del voto e molti hanno deciso di partire dopo un solo giorno dei quattro di congresso.

Per rivedere i Tories al potere, dunque, la strada è ancora lunga e tra circa una settimana sapremo chi saranno i due finalisti di queste primarie, dopo il voto dei parlamentari. Anche la durata di questa campagna, da quattordici settimane, ha destato molte riflessioni: secondo alcuni sarebbe troppo estesa, secondo altri potrebbe essere propedeutica al rilancio del partito. La speranza di questi ultimi è che una lunga campagna possa dare il tempo e lo spazio per ridisegnare i Tories, come fatto da David Cameron nel 2005. Non si vedono però dei nuovi Cameron all’orizzonte e l’impressione è che neanche il partito ne stia cercando uno.

Queste primarie potrebbero concludersi con uno scontro tutto sovranista tra Jenrick e Badenoch, oppure uno dei due potrebbe vedersela con James Cleverly, il più presidenziale tra i quattro candidati, uscito molto rafforzato dal congresso. Durante il suo discorso finale, ha fatto ridere il pubblico e mostrato un carisma a tratti sorprendente, sostenendo che i Tories dovrebbero essere «più normali» (e a leggere le strampalate teorie di Jenrick e Badenoch, ha ragione). 

Sembra probabile che l’altro centrista Tugendhat possa essere eliminato nel prossimo turno di votazioni, scatenando una battaglia per conquistare i suoi sostenitori: se si spostassero in massa su Cleverly, che è il candidato più simile, Badenoch potrebbe rimanere fuori. «Se volete scherzare, scegliete chiunque. Se volete vincere, scegliete me», ha detto Cleverly a Birmingham. 

«Questo è un partito che sembra deciso a fare ciò che fanno sempre le opposizioni al primo mandato: decidere di aver perso perché non era sufficientemente se stesso, per poi perdere anche la prossima elezione», ha pronosticato però il Financial Times. Il pettegolezzo tra alcuni alti funzionari dei conservatori, poi, è che il vincitore delle primarie potrebbe non riuscire ad arrivare da leader alle prossime elezioni, dato che in questo momento della politica britannica tutto è possibile.

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