L’indirizzo ce l’ho Cosa ci dice la guida alle osterie più venduta in Italia

Alla presentazione della guida alle osterie d’Italia di Slow Food Editore, che porta ben 460 novità, Carlo Petrini fa un appello a ostesse e osti: accogliete i migranti nelle vostre cucine

Foto di Alessio Cannata

Iniziamo dalla fine. A chiudere la presentazione della guida “Osterie d’Italia 2025” di Slow Food è stato Carlo Petrini – fondatore di Slow Food – che indirettamente, ha fatto capire come il valore di una guida può essere fatta di cose concrete più che di lustrini e stelline. Ma di lavoro, in un Paese che sta facendo i conti con una serie di contraddizioni che disorientato i ristoratori. «Vorrei portare un elemento di riflessione e di condivisione riguardo a un fatto che ha caratterizzato l’anno appena trascorso in maniera molto drammatica: la mancanza di camerieri e aiuto cuochi. La situazione in alcuni casi è talmente grave che molti locali sono costretti a rinunciare a turni di lavoro».

Proseguendo nel racconto di un progetto dell’Università di Pollenzo che vuole avviare una piccola scuola per lavoratori emigrati che vogliono lavorare nella ristorazione, Petrini fa un appello a ostesse e osti presenti: «Chiedo a tutti voi la disponibilità ad accogliere in questo processo formativo questi giovani e trasmettere i saperi e la capacità di accoglienza di cui siete capaci. Voi siete l’orgoglio del nostro Paese, e per continuare a esserlo abbiamo il dovere di trasmettere il nostro sapere a chi vuole e può essere un aiuto straordinario».

Racconta poi l’esempio di una trattoria storica piemontese che, pur continuando a portare avanti un lavoro attento all’insegna della tradizione autentica del territorio, vede nella propria cucina un capo cuoco e aiuti cuoco provenienti dall’Africa, a sottolineare che anche questo è un modo per portare nel futuro la nostra cucina.

In un contesto di guide e di festa, Petrini usa parole nette contro gli sfruttatori di lavoratori emigrati nelle vigne di Barolo o nei campi di pomodoro, invita all’accoglienza sotto tutti i punti di vista, non solo dei clienti, come forma di futuro solido per la ristorazione e la società intera. Un discorso non scontato che ci spinge a fare una riflessione più attenta quando scegliamo i buoni indirizzi dove rifocillarci, scelte capaci di andare al di là delle questioni di gusto.

Ma i protagonisti del lunedì – tipico giorno di chiusura delle osterie – al Teatro Strehler di Milano sono stati i tanti ristoratori e cuochi che si sono riuniti per sentire nominare la propria insegna in una sala gremita come i loro locali in un giorno di festa.

L’atmosfera non è quella patinata e piena di giacche da chef tipica di altre guide fiammanti. Prevalgono camicie a quadri, gilet e discorsi incentrati sul valore sociale per i territori in cui si trovano certi ristoranti, prima ancora che di ricerca di ingredienti e no-show (la pratica di non presentarsi al locale dopo aver effettuato la prenotazione).

La guida “Osterie d’Italia 2025” di Slow Food Editore, che dalla sua nascita (trentacinque anni fa) recensisce le attività di ristorazione che si distinguono per la cucina territoriale, la selezione degli ingredienti e l’accoglienza genuina, si fa trovare più grande, nonché più matura e ricca di nuovi indirizzi: 1917 locali segnalati, su 2400 visitati, di cui 324 chiocciole (il riconoscimento massimo) di cui 32 di nuovo ingresso.

Sono i numeri elencati dai fieri curatori della guida presenti sul palco, Francesca Mastrovito e Eugenio Signoroni, che, oltre a raccontare le novità in termini di nuovi ingressi di ristoranti, osterie, enoteche con cucina e agriturismo, presentano la nuova sezione chiamata “Locali Quotidiani”, una raccolta di formule di ristorazione alternative come pub, gastronomie, pastifici «le cui caratteristiche, in primis l’attenzione e l’aderenza al territorio, la selezione di materie prime e un particolare stile di accoglienza attento alla convivialità, rientrano a tutti gli effetti nell’idea di osteria così come raccontata da Osterie d’Italia». Un totale di 134 nuove segnalazioni sparse per l’Italia da sfogliare nelle ultime pagine del sussidiario.

Nel lungo elenco delle chiocciole regione per regione, tra storici e novità 2025, spazio anche a dieci premi e una menzione speciale sostenuti dagli sponsor della guida. Ecco l’elenco dei premi e le motivazioni che li hanno accompagnati.

Premio Novità dell’anno: Babeuf, Cagliari
Una perfetta espressione di locale quotidiano, che non si limita a essere di quartiere – ma il quartiere lo fa, lo vive e lo costruisce accogliendo in modo genuino, con piatti versatili, sempre buoni e attuali, e con un approccio al servizio contemporaneo, fresco e coinvolgente.

Premio Giovane dell’anno Vittorio Fusari Franciacorta: La ciottolona, Boccheggiano (Grosseto)
Una cucina di carattere e identitaria, ma fortemente radicata: quella di Duccio Frullani è una scelta coraggiosa che parte dalla terra e dalla realtà di un piccolo borgo minerario. Con generosità e ingegno, Duccio ha messo a servizio del territorio il suo bagaglio di competenze, accumulate nelle varie esperienze professionali internazionali, per valorizzarne le materie prime e le storie dei suoi piccoli produttori.

Premio Coraggio: Osteria del Castello, Arquata del Tronto (Ascoli Piceno)
Una vocazione di oste talmente forte, chiara e radicata da fronteggiare anche le avversità più impattanti, come quelle causate da un terremoto ma anche, se non soprattutto, dalle sue conseguenze: l’Osteria del Castello, con coraggio e ostinazione, continua a fare accoglienza di grande qualità anche in un contesto che accogliente non lo è stato, per tanto tempo, neanche per i suoi stessi abitanti.

Premio Interpretazione della cucina regionale: Entrà, Finale Emilia (Modena)
Accanto a contaminazioni con altre cucine o accenti creativi, di carattere, vi sono interpretazioni fedeli e autentiche che si affermano come archetipo della cultura gastronomica di territorio. Una cucina emiliana precisa, eseguita magistralmente, che più esprime e rappresenta il territorio in cui è immersa.

Premio Dispensa in osteria: La Stella, Meduno (Pordenone)
Definire se la tradizione influenza la dispensa o la dispensa influenza la tradizione è un dilemma pari a quello dell’uovo e della gallina: alla Stella di Meduno lo si risolve in una scelta molto precisa, ovvero l’impiego di carni provenienti da soli animali da cortile. I ricchi ragù, i condimenti e i secondi in tecia sono un racconto fedele e autentico del territorio e del ricettario locale.

Premio Piatto dell’anno: la zuppa di legumi, raccontata dalle sue migliori espressioni al Nord, Centro e Sud Italia
Pasta e fasoi dell’Antica trattoria Bellinazzo, Villa Bartolomea (Verona)
Zuppa di Slow Beans di Nonno Cianco, Cutigliano (Pistoia)
Zuppa tradizionale di fagioli e scarole con fagiolo dente di morto di Acerra di Taverna a Santa Chiara, Napoli

La zuppa di legumi riporta al centro del dibattito la biodiversità e le fonti proteiche vegetali, ma anche la valenza di una cucina di recupero ragionata e delle cotture lente e non invasive. Per raccontare la zuppa di legumi, Osterie d’Italia premia le sue migliori espressioni al Nord, Centro e Sud Italia.

Premio Vino in osteria: Menabò vino e cucina, Roma
Una selezione di vini non si distingue solo per l’ampiezza o per le perle che nasconde: da Menabò ogni bottiglia ha una sua storia, e portarle in tavola con consigli sapienti e gentili è senza dubbio una capacità unica per creare un ponte tra il ristorante e la vigna, ma anche tra cucina e cantina.

Premio Birra in osteria: Arrogant Pub, Reggio Emilia
In pochi hanno costruito intorno alla birra artigianale, alla sua promozione e al suo racconto il senso stesso della propria esistenza. E se all’inizio poteva sembrare naturale, trattandosi di un locale che nasce come pub, con il passare del tempo il rapporto tra cibo e birra si è fatto sempre più nitido, portando l’Arrogant a diventare non solo un’osteria a tutti gli effetti, ma anche un luogo che più di chiunque altro dimostra che la birra può essere l’accompagnamento perfetto per i grandi prodotti dei nostri territori e i piatti della nostra tradizione. Un esempio di sperimentazione informale, di piacere e di scoperta.

Premio Bere Bene: Il Michelaccio, Genova
In continuità con l’ampia selezione di vini naturali, la proposta delle bevande del Michelaccio si articola in maniera originale e ragionata, includendo sapienti interpretazioni di cocktail con spiriti naturali e un interessante assortimento di amari, liquori e distillati a fine pasto, ma anche succhi analcolici, in grado di offrire un’esperienza a tutto pasto variegata e inclusiva.

Premio Oste dell’anno: Boivin, Levico Terme (Trento)
Quello di Boivin è un ritmo scandito dalla gentilezza, dalla guida delicata e rassicurante di un oste che accoglie con discrezione, che si fa narratore della tavola e del territorio con voce autorevole ma mai protagonista, e invita a una lentezza comunque vivace, briosa e diffusa in tutta la sala.

Menzione speciale per l’Osteria Boccondivino di Bra, che compirà quarnat’anni e che è nata insieme a Slow Food.

La Guida Osteria d’Italia 2025 è disponibile in libreria e online dal 16 ottobre 2024.

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