Domenica 27 ottobre in Lituania si terrà il secondo turno delle elezioni parlamentari per il rinnovo del Seimas, l’Assemblea monocamerale della Repubblica Baltica. Il Partito Socialdemocratico di Vilija Blinkeviciute è uscito vincitore dal primo turno del 13 ottobre con il 19,74 per cento dei voti, battendo di misura l’Unione della Patria-Democratici Cristiani, il gruppo della prima ministra uscente, Ingrida Simonyte, che ha ottenuto il 18,32 per cento delle schede a favore. Diversi sondaggi danno il partito all’opposizione come favorito nel testa a testa. In caso di vittoria, Blinkeviciute, eurodeputata dell’Alleanza progressista Socialisti e Democratici, ha assicurato che porterà avanti il sostegno alla causa ucraina e la vocazione europeista del governo precedente.
Al ballottaggio di domenica Blinkeviciute e Simonyte si contenderanno le preferenze dei cittadini di sessantatré distretti nazionali ancora in bilico. La Lituania ha un sistema di voto ibrido: settanta membri del Parlamento sono eletti con il sistema di lista proporzionale e settantuno con il sistema maggioritario a due turni – che si riduce a un turno nel caso in cui il candidato più votato abbia ricevuto oltre il cinquanta per cento delle schede a favore, e l’affluenza alle urne nella circoscrizione sia stata almeno del quaranta per cento dei cittadini registrati. A queste elezioni, otto candidati sono già stati decisi al primo turno elettorale (due socialdemocratici, due membri dell’Azione elettorale polacca-Alleanza delle famiglie cristiane, un membro dell’Unione della Patria-Democratici Cristiani, un membro dell’Alba di Nemunas, un membro del Movimento liberale e un indipendente).
Dei settanta seggi assegnati con il metodo del sistema maggioritario, il Partito Socialdemocratico se n’è accaparrati ben diciotto. Sommando a questa quota i seggi ottenuti nei collegi uninominali del primo turno, si arriva a venti: un risultato decisamente buono per il gruppo di centrosinistra, che alle scorse elezioni era arrivato terzo, ottenendo solo quattordici posti in Parlamento. Appena due seggi in meno rispetto al rivale nel ballottaggio, invece, per l’Unione della Patria-Democratici Cristiani (diciassette con il maggioritario e uno con l’uninominale). Si tratta di un brusco passo indietro per il partito di Simonyte, che nel 2020 aveva chiuso il primo turno blindando ventiquattro seggi (ventitré con il maggioritario e uno con l’uninominale).
A far pendere l’ago della bilancia del gradimento popolare verso centrosinistra, come sottolineato da diversi giornali lituani, hanno concorso alcuni fattori di politica interna: da un lato, le criticate misure anti-Covid introdotte dal governo durante il periodo della pandemia, e la discussa gestione dell’afflusso di migranti in arrivo dalla vicina Bielorussia (effetto delle politiche anti-Ue del leader autocrate di Minsk Alexander Lukashenko, fedele alleato di Vladimir Putin); dall’altro, le proposte del gruppo all’opposizione di alzare l’imposta sul reddito dei più ricchi e aumentare la spesa per i servizi sociali, in particolare per la sanità.
Tra i due litiganti per il governo del Paese, c’è un terzo partito che gode. Con quindici seggi finora ottenuti (quattordici con il metodo del sistema maggioritario e uno con quello uninominale), Alba di Nemunas è stata una delle grandi sorprese del primo turno elettorale. Una sorpresa tutt’altro che positiva, però. Fondato nel novembre 2023 da Remigijus Zemaitaitis, un avvocato che recentemente si è fatto conoscere per delle uscite antisemite, il partito è contraddistinto da una forte vena populista e anti-establishment.
Nel corso di questa campagna elettorale, il leader del gruppo è riuscito a conquistare i voti degli elettori scontenti e disillusi dalla politica lituana, presentandosi come un uomo del popolo che combatte contro le élite. Secondo alcuni osservatori, la sua ascesa è stata facilitata – paradossalmente – dai partiti conservatori che avevano demonizzato la figura di Zemaitaitis durante il periodo della campagna elettorale. Il “cordone sanitario” che avrebbe dovuto tagliarlo fuori dalla corsa politica ha infatti sortito l’effetto opposto, enfatizzando ulteriormente il suo status di vittima del sistema agli occhi di una fetta relativamente larga di elettori.
Stando ad alcune previsioni fatte dal giornale lituano LRT, al secondo turno elettorale il Partito Socialdemocratico potrebbe ottenere fino a trentasette seggi, mentre l’Unione della Patria-Democratici Cristiani potrebbe arrivare a ventinove. Per il partito che riuscirà a vincere il ballottaggio sarà dunque necessario cercare degli alleati per assicurarsi la maggioranza in Parlamento. Negli ultimi giorni, Blinkeviciute ha aperto le porte all’Unione dei Democratici per la Lituania dell’ex primo ministro Saulius Skernelis (otto seggi) e al Partito degli Agricoltori e dei Verdi guidato da Ramunas Karbaukis (sei seggi). Tuttavia, numeri alla mano, con questa ipotetica coalizione il Partito Socialdemocratico non arriverebbe a settantuno seggi – a meno di un incredibile afflusso di voti a favore nel secondo turno. Pertanto, servirà una quarta forza politica per poter governare.
In questo momento l’elefante nella stanza è proprio Alba di Nemunas, il terzo più votato dai lituani. Blinkeviciute ha chiarito che il partito populista non potrà trovare posto nella sua maggioranza per via delle posizioni radicali del suo leader. Zemaitaitis, dal canto suo, ha fatto capire che senza di lui non ci potrà essere alcuna coalizione di centrosinistra per i prossimi quattro anni. Un vero e proprio ricatto politico, di fronte al quale l’eurodeputata non dovrà cedere, se vuole preservare la democrazia del Paese da insidie populiste.
Per quanto riguarda il centrodestra, invece, Simonyte è stata cauta nel commentare i risultati del primo turno, affermando che sia troppo presto per sapere se il suo partito finirà al governo o all’opposizione. Negli scorsi giorni è emersa la possibilità di una “coalizione arcobaleno” con i socialdemocratici – idea che è stata respinta con nettezza dal gruppo di Blinkeviciute. A rendere improbabile un bis all’esecutivo per l’Unione della Patria-Democratici Cristiani, in particolare, è l’assenza nelle liste parlamentari di uno dei suoi due junior partner nella legislatura 2020-24, il Partito della Libertà di Ausrine Armonaite, che con il 4,59 per cento dei voti accumulati non è riuscito a superare la soglia del cinque per cento richiesta. L’altro alleato di governo, il Movimento liberale guidato da Viktorija Cmilyte-Nielsen, ha ottenuto solo otto seggi al primo turno e non rappresenta affatto una solida spalla su cui poter contare.
Con tutta probabilità, dunque, Simonyte passerà il testimone a Blinkeviciute. E questa non è proprio una novità in Lituania: dalla sua indipendenza, ottenuta nel 1990, la Repubblica Baltica non è mai stata governata per due mandati di fila dallo stesso partito. Il pronosticato cambio al vertice sarà però condotto nel segno della continuità per quanto riguarda la politica estera. Al pari dell’attuale prima ministra, la leader socialdemocratica ha infatti assicurato strenua adesione alla Nato e alle politiche dell’Unione Europea a sostegno di Kyjiv. A tale proposito, risulta rilevante che nel prossimo Seimas non ci saranno elementi apertamente filorussi. Il Partito Laburista dell’imprenditore milionario di origine russa Viktor Uspaskich e altri gruppi minori con simpatie per Mosca non hanno infatti superato la soglia di sbarramento necessaria per essere rappresentati nell’Assemblea monocamerale.
Il sostegno all’Ucraina contro l’invasione di Putin è infatti uno dei principali cardini della politica estera del Paese. Lo dimostrano i circa duecento milioni di euro forniti all’esercito di Kyjiv quest’anno: una spesa che vale lo 0,25 per cento del Pil del Paese. «La Lituania ha sempre sostenuto l’invito dell’Ucraina a entrare nella Nato» ha detto in un’intervista a Euronews pochi giorni fa il ministro della Difesa, Laurynas Kasciunas. «Una nazione che combatte non solo per la propria indipendenza ma anche per la nostra sicurezza merita il diritto all’autodeterminazione: quale organizzazione e quale comunità scegliere per il futuro, per i propri figli, per le nuove generazioni».
In Lituania l’imperialismo del Cremlino è avvertito come una forte minaccia dalla maggior parte della popolazione. Secondo un sondaggio dell’istituto Baltijos Tyrimai condotto a maggio, tre quarti dei lituani ritengono che la Russia potrebbe attaccarli nel prossimo futuro. Una sensazione giustificata dal fatto che il Paese confina a ovest con l’exclave russa di Kaliningrad e a est con la Bielorussia, che all’inizio di settembre ha schierato truppe e sistemi d’arma nei pressi della frontiera lituana.
Negli ultimi mesi Vilnius, oltre ad aumentare gli arruolamenti nell’esercito, ha iniziato a realizzare delle strutture difensive per proteggere il proprio territorio da eventuali attacchi di Mosca. «Se vogliamo difenderci in modo efficiente, dobbiamo creare questo sistema. L’intero piano della linea di difesa lituana che abbiamo presentato si basa su un approccio sistemico in cui le barriere fisiche sono integrate con la copertura di fuoco dell’artiglieria», aveva dichiarato Kasciunas ad agosto.
Con investimenti per la difesa pari a circa un miliardo di euro, poco superiori al 2,7 per cento del Pil, la Lituania è il sesto Paese della Nato che ha speso di più in ambito militare nel 2024, e di fatto uno dei principali avamposti europei contro la Russia di Putin. Durante la campagna elettorale, Blinkeviciute ha dichiarato di voler garantire continuità con l’operato del governo uscente in politica estera per tutelare la sicurezza dei propri cittadini dalla minaccia del Cremlino.