Questo è il secondo di tre articoli di Massimiliano Coccia sulla rete della propaganda russa in Italia. Qui si può leggere il primo.
La guerra ibrida e non lineare della Federazione Russa contro l’Italia e l’Unione europea ha avuto nel corso del tempo un piano di azione suddiviso per fascia d’età ed elettorato e specificità geografica. «A partire dal 2000 – racconta l’ex funzionario dell’ambasciata russa, oggi attivo nella protezione internazionale dei dissidenti – la Federazione ha messo in campo un piano di soft e hard power in Europa che mirava a destabilizzare, consolidare e inondare di denaro sporco tutto il Paese. L’Italia è stata ed è la lavatrice del denaro sporco e quando si parla di mafia russa si parla di Stato russo, lo sosteneva anche Giovanni Falcone».
È da ricercare proprio negli anni della guerra fredda la creazione di una struttura alternativa nel Paese, una struttura che col crollo del Muro di Berlino si converte totalmente nei traffici illeciti e nel sodalizio con Cosa Nostra. I rapporti tra mafia russa e italiana sono ricordati anche da Claudio Martelli che in un’intervista a Maria Antonietta Calabrò dice: «Stepankov (procuratore generale russo, ndr) parlò a Falcone anche di accadimenti nuovi, della trasformazione della mafia russa che – gli disse e Falcone me lo raccontò – aveva ormai preso in mano lo Stato russo. Non c’era più bisogno di corrompere o di infiltrare: i mafiosi russi erano diventati lo Stato, avevano una completa mano libera perché lì era caduto giù tutto».
Questo inquadramento storico non appare superfluo se notiamo che la rete economica e di sodalizi criminali è rodata. Il percorso di denaro sporco che finanzia associazioni, finti enti caritatevoli, piccoli partiti, movimenti e imprenditori si muove sulle rotte già battute ed è stata incrementata dal versante delle criptovalute, le monete migliori per pagare i propagandisti. Il proliferare di canali Telegram, di sedicenti corrispondenti dai fronti del Donbas, della Crimea e di altri teatri attenzionati dal Cremlino. Canali con centinaia di migliaia di bot, che servono come copertura per le transazioni fantasma, con finte raccolte fondi che servono a coprire agli occhi dell’opinione pubblica il movimento di denaro e per creare quella coperta di omertà che accompagna i propagandisti occidentali. «Tutti tutti questi personaggi, sono mantenuti tramite pagamenti in criptovalute, non tracciate e che possono essere movimentate da paesi non sottoposti a sanzioni – rivela la nostra fonte – vi siete mai chiesti chi paga gente che vive sui social network a propagandare le fesserie di Zakharova?».
E infatti il sistema di interscambio economico coi soldi sporchi in valuta digitale ha funzionato così bene che lo scorso 30 luglio la Duma ha approvato una legge, che è entrata in vigore in questi giorni, che permette il pagamento in criptovalute per le transazioni commerciali internazionali. Un metodo per aggirare le sanzioni che ha funzionato per tutto l’asset della propaganda, insieme al cash liquido, come riportato dal report 2024 dell’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia.
Tra le pagine del rapporto, non divulgato a sufficienza, si legge che nel corso degli scorsi mesi sono state effettuate ingenti operazioni di prelievo con carte di credito emessi da intermediari russi; l’Unità ha rilevato che sono stati prelevati soldi da bancomat italiani attraverso un circuito cinese. Inoltre sono state individuate pesanti movimentazioni di denaro che dall’Italia sono passate a Paesi terzi e poi sono finiti in Russia. E come dimenticare il prelievo di milioni di euro in contanti effettuato dall’ambasciata russa di Roma all’indomani dell’invasione dell’Ucraina?
«Quando vedete Andrea Lucidi che viaggia e lavora per il Cremlino come agente della disinformazione, secondo voi come viene pagato? Come vive? È pagato da questo sistema, i suoi datori di lavoro si avvolgono di questa rete. E ora la scaltra Zakharova sta elaborando un piano per la GenZ sui social, cercando di unire le rivendicazioni più pop come quella palestinese a quella russa», aggiunge la nostra fonte.
La stessa filiera, secondo la nostra fonte, è alle spalle del propagandista Amedeo Avondet, segretario di Italia Unita e informatore dei servizi segreti russi, protagonista di recente di una campagna contro il Dipartimento di Stato americano. «Quello del sito de “Il corrispondente” di Avondet – dichiara – è un vecchio metodo di disinformazione. Il Kgb ti dà una notizia, tu la metti in giro su un falso giornale ed ecco che viene presa come scoop».
Tuttavia la rete di coperture che queste personalità hanno è molto vasto anche perché in Italia, nonostante la grande capacità investigativa dei servizi di intelligence e di investigazione economica, tutti sembrano avere la possibilità di eludere le sanzioni e di partecipare al dibatto pubblico come se niente fosse.
Oltre ai propagandisti ospitati da Rai, Mediaset e La7, i giornalisti delle testate russe sanzionate dall’Unione Europea continuano a svolgere il loro lavoro senza nessun impedimento di sorta, veicolando in Russia i risultati della propaganda del Cremlino. È il caso ad esempio di Asya Emelyanova, corrispondente della Tv Russia-1, che sul suo canale Telegram e sui social controlla, traccia e scheda i giornalisti italiani, offende giornaliste coraggiose come Stefania Battistini e sembra veicolare ad agenzie stampa storie provenienti dai territori ucraini occupati. I corrispondenti delle testate russe, inoltre, continuano ad essere iscritti all’Associazione Stampa Estera di Roma.
È possibile, insomma, che l’Italia sia impunemente un territorio senza regole e senza restrizioni per chi viola costantemente leggi, aggira sanzioni e attacca ogni giorno chi lavora con rispetto e lealtà verso le istituzioni democratiche?
(2. continua)