Giorni bui La disinformazione climatica prolifera nel fango spagnolo dopo l’alluvione

Nel Sud-est del Paese, in particolare nella Comunità Valenciana, il ritorno alla normalità è lontano. La colpa è anche delle bufale dell’estrema destra e dei ritardi negli aiuti: due fattori che stanno alimentando la rabbia di una cittadinanza esausta

AP Photo/LaPresse (ph. Emilio Morenatti)

È passata più di una settimana da quando una forte perturbazione ha colpito il Sud-est della Spagna, provocando quella che è stata definita «l’alluvione del secolo» nel Paese. Nel frattempo, il caos politico alimentato dal rimpallo di responsabilità tra enti meteorologici, governo regionale e governo centrale, il ritardo e la disorganizzazione dei soccorsi e degli aiuti e la diffusione di notizie false o fuorvianti stanno alimentando la rabbia delle persone che vivono nei territori colpiti dalla Dana, dove il ritorno alla normalità sembra ancora lontano. 

La manifestazione più evidente della rabbia della popolazione è arrivata domenica, durante la visita organizzata dai reali spagnoli a Paiporta, il comune in provincia di Valencia dove l’alluvione ha causato più danni, alla quale hanno partecipato anche il primo ministro Pedro Sánchez e il presidente della Comunità Valenciana Carlos Mazón. La folla li ha chiamati «assassini», ha lanciato fango e altri oggetti: secondo fonti governative, Sánchez se ne sarebbe andato per primo, dopo aver ricevuto una bastonata sulla schiena. 

I reali e Mazón sono rimasti un po’ più a lungo e hanno cercato di dialogare con gli abitanti: dopo poco hanno desistito e hanno annullato anche la visita che era prevista in una città vicina, Chiva. Poche ore dopo, il giornale spagnolo elDiario.es ha pubblicato uno screenshot in cui uno dei membri del gruppo giovanile di estrema destra Revuelta ha rivendicato il fatto di aver colpito Sánchez e la sua auto. Anche nei video e nelle foto della visita appaiono persone che indossano magliette con simboli ultra. Al momento, le persone arrestate dalle forze dell’ordine sono però tre cittadini della Comunità Valenciana non affiliati all’estrema destra.

AP Photo/LaPresse (ph. Emilio Morenatti)

Ma i disordini a Paiporta sono solo la punta dell’iceberg: gran parte del lavoro che sta facendo l’estrema destra per trarre profitto dall’alluvione passa infatti dai social. Nei gruppi di WhatsApp e Telegram di queste formazioni si organizzano raccolte di alimenti e oggetti destinati “al popolo spagnolo” (escludendo quindi le persone migranti e romaní, che fanno parte del tessuto sociale delle zone più colpite dall’alluvione) e diffondono notizie false o fuorvianti sulle cause dell’alluvione. 

Tra queste, il video di una nave «piena di antenne come una centrale elettrica» che avrebbe portato a una «manipolazione climatica»: in realtà, come segnala il sito di fact-checking spagnolo Maldita.es, il video è stato girato a Istanbul nel 2017. Più nello specifico, l’alluvione sarebbe stata provocata da installazioni, come quella presente sulla nave, legate al progetto Haarp acronimo di High frequency active auroral research program, un programma che esiste davvero negli Stati Uniti e che studia la ionosfera, una delle zone superiori dell’atmosfera terrestre, attraverso l’uso di segnali radio. Questi segnali, tuttavia, non hanno la capacità di alterare il clima o il tempo atmosferico. La stessa teoria della cospirazione è stata anche utilizzata per accusare il Marocco di aver «manipolato il clima» per rovinare il raccolto delle arance nella Comunità Valenciana e favorire quindi i coltivatori marocchini.

Altre teorie si rifanno invece al franchismo, accusando il governo Sánchez di aver demolito quattro bacini costruiti dal dittatore Francisco Franco nel 1957 vicino al nuovo corso del fiume Turia, sviato dopo essere esondato lo stesso anno, provocando la morte di ottantuno persone e allagando la città di Valencia. Le infrastrutture demolite negli ultimi anni sono in realtà dighe obsolete o di piccole dimensioni che non sono costruite per contenere acqua. Inoltre, le demolizioni sono iniziate prima dell’arrivo al governo di Pedro Sánchez nel 2018. 

I primi studi scientifici, tra cui quello di World weather attribution (Wwa), segnalano che le elevate temperature dell’aria e dell’acqua, legate all’aumento medio della temperatura globale di 1,3 gradi centigradi, hanno contribuito ad aumentare l’intensità della Dana della settimana scorsa di circa il dodici per cento rispetto a perturbazioni simili che sarebbero potute avvenire in epoca pre-industriale. 

Il principale motivo della rabbia della popolazione resta però l’inefficienza delle istituzioni prima nella gestione dell’alluvione e poi in quella dei soccorsi. Domenica, alcuni volontari a cui era stato chiesto dal governo regionale di riunirsi a Valencia per distribuire al meglio gli aiuti tra i comuni colpiti hanno atteso per ore istruzioni: alcuni sono stati poi portati in bus in comuni dove la polizia non aveva l’autorizzazione di farli entrare. Ad altri è stato chiesto di ripulire un centro commerciale. 

AP Photo/LaPresse (ph. Alberto Saiz)

A inizio settimana, Mazón ha incolpato la Confederación hidrográfica del júcar, che dipende dal ministero della Transizione ecologica, di aver disattivato l’allerta idrologica per tre volte martedì scorso e di non aver inviato prima un avviso ai cellulari dei cittadini. Il ministero ha smentito Mazón e ha affermato che le confederazioni idrografiche sono responsabili solo della fornitura di dati sulle precipitazioni e sui livelli dei fiumi.  Inoltre, Mazón ha insistito sul fatto di aver chiesto martedì scorso alle 15:21 al governo l’intervento dell’Unidad militar de emergencias (Ume, un’unità di tremilacinquecento militari destinata alle emergenze), ma in solo due delle città colpite dall’alluvione. Il capo generale dell’Ume ha dichiarato che le sue truppe sono arrivate «in pochi minuti» nell’area di emergenza, ma che i soldati possono accedere alle zone colpite solo se autorizzati dalla regione. 

Sempre a inizio settimana, il consiglio dei Ministri spagnolo ha approvato un decreto legge di emergenza con aiuti economici, occupazionali e fiscali per le persone colpite che prevede un investimento di 10,6 miliardi di euro, un terzo dell’importo richiesto dal governo regionale. Nell’annunciare la misura, Sánchez ha anche giustificato il fatto che il governo centrale non si è assunto la responsabilità della gestione dell’alluvione e delle sue conseguenze perché i funzionari statali conoscono meno il territorio rispetto a quelli regionali e quindi sarebbero meno efficienti. Il primo ministro ha anche chiesto il sostegno dei gruppi parlamentari per approvare la legge di bilancio, che conterrà ulteriori aiuti alle persone colpite dalla Dana: l’opposizione l’ha accusato di star sfruttando la tragedia per rimanere al governo. 

A oggi, la cifra totale delle vittime dell’alluvione è di duecentodiciannove morti (di cui duecentoundici nella Comunità Valenciana) e novantatré persone scomparse. Gli sforzi delle forze dell’ordine si stanno concentrando nelle zone che circondano gli estuari e gli argini rotti di alcuni fiumi, oltre che in mare. L’ipotesi principale resta però che la corrente che si è generata sia stata talmente forte da trascinare le persone in mare: per questo motivo è stato limitato il traffico marittimo ed è stata richiesta la presenza di una nave di esplorazione dei fondali marini per supportare le ricerche.

Nel frattempo, le scuole e gli istituti pubblici di Valencia e della sua area metropolitana che non sono stati colpiti dal Dana accoglieranno i ventiquattromila studenti che devono essere trasferiti a causa dei danni subiti nei comuni dove vivono. In alcuni di questi, la situazione resta molto complicata, soprattutto a causa dell’ostruzione del sistema fognario causata dal fango, che ha portato le acque contaminate a riversarsi per strada, mettendo in pericolo la salute degli abitanti. 

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