That’s lievitato Il panettone torna alla conquista di New York

Dopo i sold out del 2023, i distributori e gli artigiani che operano in loco si preparano per una nuova ondata di richieste, orchestrandosi tra le forniture di farine dall’Italia e l’acquisto di ingredienti di qualità di origine locale, in attesa di vedere l’evoluzione dell’incognita dazi

Panettoni di Massimo Laveglia
Panettoni di Massimo Laveglia

Qualcuno ha già detto “Tutti pazzi per il panettone”? Quella che era solo una sensazione è ora validata dai dati economici che vedono in un anno un consistente balzo in avanti delle importazioni sia del prodotto confezionato che delle farine dedicate. Parliamo naturalmente di qualità, di panettone artigianale: sia che arrivi dall’Italia sia che venga prodotto da un pasticciere o panettiere locale. Ci riferiamo soprattutto a New York e all’area Tri-State.

Beatrice Ughi, titolare di Gustiamo, importa il panettone di Biasetto. Da venticinque anni, quando Gustiamo ha iniziato la sua missione per far conoscere agli americani la qualità made in Italy. Gustiamo ha uno store online dove tutti possono fare acquisti (spediscono in ogni Stato), ma è anche un apprezzato fornitore di quei ristoranti italiani che in anni recenti hanno superato la tradizione italian-american proponendo una cucina moderna più vicina a quello che si può mangiare in una buona trattoria di casa nostra.

«Quest’anno è il primo in cui abbiamo istituito il preordine, perché l’anno scorso siamo finiti sold out all’inizio di dicembre» racconta Beatrice Ughi a Gastronomika.

«La seconda spedizione è arrivata all’inizio di novembre e quindi abbiamo aperto le danze anche sul sito. Prima notificandolo alla lunghissima waiting list, poi a tutti i nostri clienti, con la newsletter che è partita con l’annuncio che i panettoni erano finalmente arrivati e disponibili per l’acquisto. Sì, i panettoni, quelli buoni, sono sempre più apprezzati dagli americani. Quest’anno abbiamo comprato il venti per cento in più rispetto all’anno scorso».

L’anno passato Bilena Settepani, la figlia del fondatore Nino Settepani dell’omonima pasticceria a Williamsburg, si era fatta notare per aver fornito i panettoni con la glassa dedicata alle squadre italiane (Inter, Milano, Juventus e Napoli) che facevano bella mostra nello studio di Paramount+, il canale che trasmette il campionato di serie A negli Stati Uniti.

Settepani propone il panettone tutto l’anno dal 1988: lo presenta nella versione classica, ma anche in alternative come cioccolato, pistacchio e quello incredibilmente scenografico coperto con i rainbow biscuit. Ma per la moglie di Nino e mamma di Bilena, Leah, che per inciso è etiope eritrea cresciuta ad Harlem, il migliore resta nella versione classica, milanese.

Nino Settepani e la figlia Bilena sono anche ambassador del Molino Dallagiovanna che come molti molini realizza una farina studiata apposta per il classico dolce natalizio italiano. L’anno scorso aveva fatto un’esibizione, potremmo chiamalo show cooking, per mostrare a un gruppo di pasticcieri e panettieri americani come si lavora il panettone; quest’ anno hanno replicato con una vera e propria masterclass alla quale hanno partecipato solo quindici operatori – su quaranta richieste – che hanno prodotto un loro panettone: insomma hanno messo veramente le mani in pasta.

Il regno del panettone che arriva dall’Italia è naturalmente Eataly, dove ci sono in vendita decine di tipologie di panettone importati.

Il prodotto è costoso, senza arrivare ai quasi cento dollari di quello fatto dal re americano del made in Usa Roy Shvartzapel, un panettone artigianale viaggia tranquillamente oltre i sessanta.

L’inflazione non è più quella di due anni fa, ma i prezzi continuano a volare: «Non credo che riuscirò a mantenere i trenta dollari per la pezzatura da mezzo chilo», racconta a Linkiesta Gastronomika Massimo Laveglia che con la pizzeria L’Industrie ha conquistato i newyorkesi tanto da duplicare i suoi indirizzi. Nato a Williamsburg, quest’anno ha raddoppiato con uno spazio più grande nel Greenwich Village. «Il nostro core business è la pizza e se avessi più spazio potrei arrivare tranquillamente a mille panettoni, invece mi fermerò a cinquecento, che comunque rispetto ai trecento dell’anno scorso sono un bel progresso. Il nostro è fatto con lievito madre, farine dei migliori produttori italiani; ci vogliono spazio e tempo».

Panettone di Massimo Laveglia
Panettone di Massimo Laveglia

Tra gli ultimi arrivati c’è Realmuto che ha aperto la pasticceria sulla settima Avenue nel West Village solo lo scorso settembre affidandola a Giuseppe Zito, siciliano di Mezzojuso, dove c’è da più di settant’anni la pasticceria di famiglia: «Ho conosciuto Francesco Realmuto sette anni fa e tre anni fa mi ha coinvolto in questo progetto made in Usa. Un sogno diventato realtà».

Da poco Realmuto ha aperto anche nella rimodernata Penn Station, ma il futuro guarda a Chicago, Los Angeles e anche Washington.

«Il nostro panettone sarà rigorosamente secondo la ricetta milanese» racconta Riccardo Orfino dal ponte di comando del suo Travelers Poets and Friends, l’ultima apertura, dove la parte panetteria, affidata a Luca Cascella, ha conquistato uno spazio importante, tra i molteplici aspetti dello spazio nel Village. Le farine sono italiane dei principali mulini, anche i canditi arrivano dall’ Italia, «ma l’uva passa è californiana, straordinaria», chiosa Orfino che è un fanatico del prodotto ricercato e di qualità.

Travelers poets and friends
Travelers poets and friends
Luca Cascella di Travellers Poets and Friends
Luca Cascella di Travellers Poets and Friends

Chi vuole fare un panettone artigianale non può che rivolgersi a produttori di farina di casa nostra che hanno messo a punto prodotti speciali. Molino Dallagiovanna rispetto a un anno fa, anche grazie alla scelta della masterclass, ha incrementato l’esportazione del cinquanta per cento, Molino Pasini segna un ottimo più quaranta.

Petra Molino Quaglia in questi anni ha puntato molto sulla sua Università della Farina in italiano, ma il prossimo passo sarà sperimentare una sessione internazionale in inglese per poi l’anno prossimo esportarla oltreoceano. «Senza particolare impegno da parte nostra – racconta Piero Gabrieli, direttore marketing di Petra Molino Quaglia – abbiamo portato a casa un più quindici per cento per la nostra Petra 6384, la farina per il panettone, ma il vero interesse si è verificato nella richiesta di formazione su un metodo di produzione per la gestione degli impasti e dei lieviti che abbiamo messo a punto proprio nella nostra Università. Un metodo più sostenibile in termini di qualità del lavoro degli addetti alla produzione e conseguentemente di costi di processo».

Su questa esplosione di interesse nei confronti del panettone artigianale, importato o prodotto con ingredienti italiani, pesa ora l’incognita dazi minacciata del nuovo/vecchio presidente degli Stati Uniti: Donald Trump. «Certamente i nuovi dazi ci danneggeranno molto» dice Beatrice Ughi di Gustiamo. «I nostri prezzi sono già elevati, importiamo prodotti che già costano molto in Italia. Sono tutti fatti a mano da contadini e piccoli produttori che usano gli ingredienti più freschi, puliti e giusti. Dazi ancora più alti di quelli che già paghiamo (considerate che la pasta paga già un dazio del venti per cento) è pura follia. Se ne avvantaggeranno gli speculatori, quelli che vendono prodotti finti italiani o prodotti industriali italiani che costano poco all’origine. Nuovi dazi sui prodotti italiani saranno gravissimi per i bravi contadini e produttori italiani. Sarà sempre più difficile vendere i loro prodotti in America». Un grido d’allarme da non sottovalutare.

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