È sempre antipatico autocitarsi, ma non ci voleva un genio a scrivere quello che avevamo scritto martedì, due giorni fa: «Se l’isteria si infila sotto le porte di Palazzo Chigi e appesta l’aria vuol dire che l’affare è serio. In Parlamento c’è la manovra, da sempre detonatore di tutte le tensioni, dunque occhio che cadere su un emendamento è un attimo».
E infatti ieri la maggioranza non ha retto, si è divisa. In Commissione Bilancio del Senato il governo è andato sotto sul canone Rai perché Forza Italia, attualizzando l’eterno conflitto d’interessi, ha votato insieme alle opposizioni contro la proposta di Lega e FdI anti-Mediaset di abbassare il canone (cosa che avrebbe imposto alla Rai di trovare altra pubblicità sottraendola al gruppo televisivo berlusconiano).
Successivamente la Lega ha affossato una proposta sulla sanità in Calabria, Regione guidata dal forzista Roberto Occhiuto, il più duro contro l’autonomia differenziata – tout se tient – presentata dal forzista Claudio Lotito: occhio per occhio.
Giorgia Meloni, che non è abituata a queste intemperanze, e che crede che una maggioranza si possa dirigere come fosse un’assemblea del Movimento sociale italiano, se n’è uscita con una battuta fuori luogo: «Siamo riusciti a fare il cessate il fuoco in Libano, possiamo farlo anche sul canone Rai» pur minimizzando («schermaglie»), ma la faccia era quella dei giorni peggiori. Perché l’inesperta premier, ancora abbagliata dal balcone di Buenos Aires e da altre amenità, non immaginava certo che a passare dalle stelle alle stalle bastasse un attimo. Né che quella che sembrava una corazzata imbattibile si rivelasse una squadretta di mezza classifica. O che i rapporti umani da formalmente cordiali diventassero avvelenati, stiamo parlando di Antonio Tajani e Matteo Salvini, ormai come i duellanti, anche se meno attraenti, del film di Ridley Scott.
La novità che forse Meloni non ha compreso per tempo è il nuovo protagonismo di Forza Italia, considerato dopo la scomparsa di Silvio un partito ineluttabilmente destinato sulla rampa di lancio verso l’oblio. È andata in un altro modo. È diventato il secondo partito della coalizione. Diretto dal sonnolento Tajani, ma in realtà dalla famiglia Berlusconi, che in questo Paese conta ancora tantissimo.
Sul canone Rai, com’era già stato sulla tassazione dei cosiddetti extraprofitti delle banche, se la famiglia B dice no è no. O sull’Europa: Forza Italia si schierò subito dalla parte di Ursula von der Leyen, Meloni ha ballato la quadriglia prima di arrivarci, mentre Salvini è all’opposizione con i nazisti. Insomma, non diremo che gli azzurri stiano meditando chissà quale ribaltone, tuttavia adesso la situazione si è mossa. La divisione della maggioranza in tre pezzi si sta cristallizzando.
Per il governo, e per chi lo guida, questa non è una buona notizia per il semplice fatto che quando si innescano queste dinamiche di azione e di reazione non si sa come va a finire. Anche perché la gente fa la spesa ogni giorno.
La notizia è che diversi milioni di italiani non comprano più i farmaci, con quello che costano. Domani c’è lo sciopero generale di Cgil e Uil che saranno messi come sono messi ma insomma è pur sempre uno sciopero generale: un tempo i governi cadevano. Non è questo il caso. E però è un fatto che si sente, si vede la gente in piazza.
La fortuna di Meloni, come al solito, è avere un’opposizione divisa e pure pasticciona. La figuraccia sul tentativo di aumentare alla chetichella il finanziamento pubblico dei partiti prontamente stoppato dal Quirinale coinvolge la maggioranza, ma anche il Partito democratico. Che, tanto per non farsi mancare niente, oggi a Strasburgo consumerà l’ennesimo psicodramma su una risoluzione in appoggio alla scelta di Joe Biden di consentire all’Ucraina l’uso delle armi a lunga gittata.
I partiti italiani dell’opposizione su questo punto diranno no. Anche il Partito democratico, come fa indicato Elly Schlein. A eccezione di Pina Picierno (anche Elisabetta Gualmini, che non potrà esserci, avrebbe votato sì) mentre ieri sera non era chiaro come voteranno gli altri riformisti. Infatti nuova riunione stamattina presto. I soliti pasticci, le solite divisioni nazareniche. Sul governo ha cominciato a piovere, ma sull’opposizione non spunta mai il sole.