Forse per la prima volta da due anni il centrodestra è nevrastenico. Se lo dicono pure tra di loro. Come ai bei tempi del pentapartito Dc-Psi-Psdi-Pri-Pli ognuno vuole qualcosa, una banca, la pubblicità in tv, il Museo Egizio, il Centro sperimentale di cinematografia, le competenze sul Pnrr (magari nel contrasto tra i vari appetiti finiranno a Roberto Cingolani), ovviamente la Rai, qualcosina all’Eni, la Regione Veneto, e chi più ne ha più ne metta. Nel risiko del potere non è facile nemmeno per una premier così predominante dirigere il traffico.
Siamo già ai vertici al Torrino, nella villa di Giorgia, un’Arcore dei poveri in zona periferica, brutta, appendice dell’Eur senza l’Eur, «ci vediamo Sinner e parliamo un po’». Siamo già a ministri di un partito, Forza Italia, che disertano il Consiglio dei ministri. Siamo già agli urli tra ministri, nella fattispecie Guido Crosetto e Alessandro Giuli, su chi deve dirigere il Museo Egizio di Torino (lo ha scritto il Foglio).
Se l’isteria si infila sotto le porte di Palazzo Chigi e appesta l’aria vuol dire che l’affare è serio. In Parlamento c’è la manovra, da sempre detonatore di tutte le tensioni, dunque occhio che cadere su un emendamento è un attimo. Ora, se non fosse per quel poveretto di Beppe Grillo – non c’è niente di più brutto di un attore che non sa uscire di scena – la situazione da quest’altra parte del campo invece si potrebbe giudicare relativamente più tranquilla: teoricamente la scelta del Movimento 5 stelle di stare con il centrosinistra dovrebbe correggere l’immagine di una coalizione sbrindellata.
Ma, Grillo a parte, chi può essere sicuro che adesso i partiti dell’opposizione pedaleranno tutti nella stessa direzione? Ecco dunque gli orfanelli di Conte agitare subito un nuovo spaventapasseri, le primarie per far nominare dal popolo il candidato anti-Meloni alla sfida per Palazzo Chigi, nella convinzione che l’avvocato di Volturara Appula, già due volte presidente del Consiglio, una volta con la destra e un’altra con la sinistra sempre senza battere ciglio, abbia più appeal di Elly Schlein. Che a sua volta si considera già l’antagonista di Giorgia. E non a torto, avendo il doppio, forse il triplo, dei voti di Giuseppi.
Se primarie saranno, la carta che la leader del Partito democratico giocherà sarà quella della “forza tranquilla” di mitterrandiana memoria, certo più affidabile dei manovrieri del Movimento guidato da un professionista del trasformismo il cui tasso di riformismo è sotto il minimo. Oddio, un bel po’ di riformismo, nel senso più classico del termine, quello di avanzare proposte credibili, andrebbe iniettato anche nelle vene di questo gruppo dirigente del Partito democratico, abbastanza abile nella protesta ma evanescente nella proposta. Un gruppo dirigente che malgrado l’età abbastanza giovane non appare esattamente dinamico e effervescente. La “forza tranquilla” del Nazareno così rischia di apparire come quelle medicine che danno sollievo ma non curano la malattia, sempre con questo terrore di scontentare qualcuno, e per questo evitando di affondare il bisturi dove andrebbe affondato per risolvere il problema.
Ma intanto la musica leggera di Schlein ha un buon successo di pubblico – meno di critica – e in ogni caso, nell’isteria generale, la barca di Elly naviga bordeggiando piano, e questo dovrebbe bastare. Almeno secondo lei. Mentre quell’altra, Giorgia del Torrino, rischia di finire l’anno con i nervi a pezzi.