L’età è un fattore impossibile da omettere quando si traccia il profilo di Matteo Hallissey, segretario dei Radicali italiani e capolista di “Emilia-Romagna Futura – Riformisti per De Pascale presidente” a Bologna e provincia per le elezioni regionali del 17-18 novembre. Classe 2003 e studente al secondo anno di Scienze politiche all’università di Bologna, porta avanti «battaglie» nuove con una certa verve pannelliana, sfruttando in modo originale le piazze digitali della Gen Z.
Attraverso le app di dating, per fare un esempio, promuove l’importanza dell’educazione sessuale e affettiva nelle scuole, ma il suo campo da gioco preferito rimane il mondo reale, nello specifico le stazioni dei taxi o i lidi, dove negli ultimi mesi si è più volte scontrato – faccia a faccia – con tassisti e balneari. Queste scene vengono sapientemente riprese, montate e caricate sui social, dove fa post in collaborazione con streamer di Twitch e parla il linguaggio di una generazione che si sente abbandonata da chi occupa posizioni di potere. Perché, parole sue, «se sei giovane e fai politica non puoi far finta di avere sessant’anni».
Per rompere il ghiaccio: quali sono le tue tre priorità?
Innanzitutto, la lotta al sistema corporativo italiano e, in generale, a un’economia bloccata da un sistema di partecipate e clientelismo che limita molto la libertà di impresa e la possibilità di sviluppare i propri talenti. Gli altri due macro-argomenti che mi stanno a cuore sono le libertà personali – dal diritto all’aborto alla legalizzazione – e le battaglie che riguardano la mia generazione. Una generazione che, rispetto alle altre, si troverà con un sistema pensionistico al collasso, un debito pubblico gigantesco, produttività e salari fermi. Spesso i giovani vedono il loro futuro solo all’estero, ma dobbiamo rivendicare quello che io chiamo “diritto a restare”, scuotendo alcune strutture bloccate.
Molti ti conoscono per le tue iniziative contro le lobby dei tassisti e dei balneari. Come hai intenzione di portare questi temi all’interno del “palazzo”?
Sono battaglie che abbiamo condotto anche attraverso i social, cercando il contatto con il mondo del web. Vogliamo utilizzare questi mezzi per raggiungere più persone, senza limitarci a denunciare queste corporazioni attraverso comunicati stampa o dalla sede dei Radicali a Roma. Voglio dimostrare che a livello regionale ci sono le competenze per cambiare certe situazioni. Non è vero che la Regione non può fare nulla, soprattutto se parliamo di Ncc e balneari. Un po’ tutti i partiti, temendo effetti elettorali, tendono a sostenere i balneari. Ormai, però, i cittadini stanno capendo che questi gruppi non possono padroneggiare. Voglio portare questi temi alla Regione anche in autonomia rispetto alle altre formazioni di centrosinistra, visto che anche nel centrosinistra c’è chi difende queste realtà.
Secondo te, cosa significa essere radicali nel 2024?
Io ho sempre fatto politica all’interno di realtà radicali. Qui a Bologna sono partito raccogliendo le firme per il referendum sull’eutanasia legale. Subito dopo ho iniziato a lavorare con Più Europa, fino a diventare segretario dei Radicali italiani a gennaio. Oggi la parola “radicale” non è desueta e può diventare attuale in tanti modi, ad esempio come battaglia di merito. Penso ai diritti della persona, alle libertà, al conflitto in Ucraina. In tanti non riescono a stare dalla parte dello stato di diritto e della libertà dei popoli. Bisogna prendere spunto dai metodi storici dei Radicali (disobbedienza, utilizzo del corpo, azioni forti), attualizzandoli parecchio. Sono metodi che vanno declinati al 2024 anche attraverso i nuovi media e i nuovi linguaggi.
A proposito di nuovi media, la tua collaborazione con lo streamer romano Ivan Grieco è sotto certi versi inusuale. Come è nata? Non è da tutti i giorni vedere volti politici e volti del web che organizzano proteste contro tassisti o balneari.
È una collaborazione nata abbastanza per caso. Da un po’ di tempo partecipavo ai suoi eventi, ma puntavamo a spingerci più in là. Volevamo andare oltre alle dirette e ai confronti online, facendo azioni più concrete. Siamo partiti con questo free-taxi, una macchina noleggiata con cui abbiamo dato passaggi gratis alle persone. È un’idea che secondo me ha funzionato perché tentava di unire l’aspetto politico con l’universo social, composto da persone che di solito hanno paura di avvicinarsi alla politica.
Sui social riesci a coinvolgere gli utenti più giovani, compresi quelli che non condividono tutte le battaglie dei Radicali (o che non hanno mai sentito parlare dei Radicali). Ma ora, in vista delle elezioni regionali in Emilia-Romagna, devi parlare a un pubblico esteso, più maturo, con idee e interessi più difficili da scalfire: la tua strategia cambierà?
Il modo migliore per tentare di essere eletto e fare una buona campagna elettorale è non scendere a compromessi al ribasso. Qui in Emilia-Romagna abbiamo una candidata del centrodestra abbastanza moderata e dei partiti progressisti a volte poco coraggiosi nel raccontare le loro idee. Secondo me bisogna essere netti e presentare certe proposte con ancora più forza. Dobbiamo distinguerci.
Cosa invidi ai politici italiani più grandi di te?
Innanzitutto, la possibilità di candidarsi (ride, ndr). Io sono del 2003, non posso farlo né al Parlamento italiano, né a quello europeo. E reputo questo vincolo molto anacronistico. Tornando alla tua domanda, penso alla loro esperienza istituzionale e ad alcune competenze maturate nel tempo. Il problema, però, è che tanti giovani che fanno politica tendono a non prendere le caratteristiche migliori della classe dirigente attuale, scimmiottando chi è al potere. Al contrario, per emergere dobbiamo raccontare le nostre idee e la nostra generazione senza far finta di avere sessant’anni.
C’è un politico italiano a cui ti ispiri?
Sicuramente Riccardo Magi, segretario di Più Europa. Mi ispiro a lui e alla “capacità parlamentare” che gli permette di incidere pur essendo all’opposizione. Sono cresciuto assieme a lui, ero capolista della sua lista all’ultimo congresso di Più Europa.
E uno straniero?
Posso essere provocatorio?
Assolutamente.
Allora dico Javier Milei, il presidente argentino. Però devo spiegarla bene.
Vai.
Ha delle idee molto diverse dalle mie, soprattutto sui diritti civili e le libertà. Dal punto di vista del metodo, però, ha fatto delle cose interessanti. È riuscito a raccontare alcune battaglie economiche impopolari, che noi definiremmo di austerity, in modo molto diretto e forte. È quello che serve quando c’è una politica bloccata e decadente. Non voglio dire che siamo ai livelli dell’Argentina, ma di fronte a un contesto socio-politico molto ingessato credo che serva un po’ di quella rabbia, di quell’entusiasmo.
Quindi i liberali italiani dovrebbero essere più grintosi?
In Italia i liberali non dovrebbero perseguire il centralismo. Non dovrebbero essere quelli che cercano il compromesso. Al contrario, dovrebbero essere estremisti per la libertà e raccontare le cose in maniera più diretta e chiara, senza nascondersi. È questo, secondo me, uno degli errori che hanno fatto.
Facile promettere diritti, difficile scardinare privilegi: è qui che sbaglia la sinistra italiana?
La sinistra italiana fa fatica a raccontare una visione del mondo alternativa. Se ci pensi, è facile individuare le idee principali della destra. Sono idee che io non condivido, ma qui c’è un tema di racconto. La sinistra fa più fatica a presentare i suoi pilastri politici. Sicuramente ha promesso diritti, ma quando è stata in maggioranza ha fatto pochi passi avanti. Lo stesso vale per i privilegi da scardinare.
Il nucleare è diventato un tuo cavallo di battaglia. Ma perché, anche a livello di comunicazione, non premi sulla necessità di sburocratizzare le rinnovabili?
Credo sia una questione di punti di partenza. Oggi in Italia molte formazioni politiche parlano già di energie rinnovabili, è un tema più diffuso e quindi vedo meno l’esigenza di intervenire, anche se bisogna continuare a insistere. Per me la vera urgenza è chiedere l’energia nucleare, fondamentale per due aspetti: la transizione ecologica e l’allontanamento da economie illiberali o governate da regimi. Il fatto che i Radicali siano stati in prima linea per rivendicare e promuovere questa tecnologia è un passo avanti gigantesco: in passato non era così. In tre giorni abbiamo raccolto cinquantamila firme per la proposta di legge per il ritorno al nucleare nel mix della produzione elettrica nazionale, e a breve inizieremo anche con i banchetti fisici e gli eventi.
A livello anagrafico, fai parte della generazione dei Fridays for future di Greta Thunberg. Però parli poco di ambiente e clima. Come mai?
I movimenti politici piccoli devono scegliere priorità impellenti e non possono occuparsi di tutto. Parlare di ambiente è importante, ma bisogna farlo senza chiedere la decrescita. Non bisogna chiedere passi indietro, ma coniugare la crescita economica con la transizione ecologica. Molti cittadini hanno un atteggiamento Nimby (Not in my backyard, ndr) perché temono le grandi opere, e anche per questo è necessario un lungo lavoro di informazione e consapevolezza. Spesso mi sono confrontato con i Fridays for future, manifestando la necessità di un approccio diverso.
Un passo indietro è però necessario se parliamo di edificazione e consumo di suolo. Sei candidato nella prima Regione d’Italia per cementificazione nelle aree a rischio alluvione. Quali sono le tue posizioni in merito?
In Italia sottovalutiamo la prevenzione e tendiamo a intervenire quando i danni sono fatti. L’aspetto del consumo di suolo è importante, spesso con i Radicali l’abbiamo sottolineato a livello nazionale. Bisogna senza dubbio dare più spazio alla natura: non lo vedo come un passo indietro, ma come un nuovo equilibrio. Ci sono varie modalità per consumare meno suolo e, al tempo stesso, ridurre le perdite dal punto di vista economico. Non è facile, ma possiamo farcela attraverso i fondi del Pnrr e, si spera, i fondi stanziati dal governo per le alluvioni in Emilia-Romagna.
Quali sono i tuoi piani nel caso in cui non venissi eletto?
Continuerò a fare ciò che ho sempre fatto: lavorare per portare avanti istanze e proposte di legge popolari, nella speranza di avvicinare i cittadini alla politica. Senza cambiare metodo. Ci sono tante strategie per cercare di fare da pungolo alla politica. Chiaramente, avere una rappresentanza all’interno delle istituzioni è utile per declinare meglio le proposte e far vedere che si possono ottenere i risultati.