Educazione sauditaNicolai Lilin, le segnalazioni dell’antiriciclaggio, e la vita in Arabia

Da mesi il propagandista putiniano vive nella monarchia del Golfo e guadagna principalmente da fonti non tracciate, attraverso canali di criptovalute russe che vengono versate sul suo account PayPal

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Nicolai Lilin, al secolo Nikolaj Jur’evič Veržbickij, è conosciuto per il suo bestseller “Educazione siberiana” (Einaudi), un finto memoir in cui l’autore inventa di sana pianta radici familiari, l’esistenza di intere popolazioni che avrebbero popolato la Transinistria, e tentante rivoluzioni mai avvenute. Invenzioni che però gli sono valse molti riconoscimenti, presentazioni e contratti.

Una volta svelata la falsità dell’operazione biografica, Lilin si è riciclato come propagandista del Cremlino, con un canale YouTube seguitissimo e uno spazio Telegram molto animato; una specie di Manuel Fantoni moldavo che tra una panzana e l’altra trova il tempo di minacciare di morte i giornalisti Rai Stefania Battistini e Simone Traini, colpevoli di aver raccontato l’invasione tattica dell’Ucraina nella regione di Kursk.

Lilin fa il propagandista a pagamento, non gratis. Oltre agli abbonamenti del suo canale abbiamo avuto modo di visionare che la maggior parte degli introiti sono garantiti da un canale di criptovalute russe che vengono riversate sul suo account PayPal, e poi trasferiti su una carta prepagata. Attività che hanno destato i sospetti delle unità antiriciclaggio italiane, che hanno inviato nel corso degli scorsi mesi numerosi alert e richieste di verifica sia a PayPal sia agli istituti di credito utilizzati.

Secondo quanto abbiamo appreso le banche avrebbero registrato numerosi versamenti in contanti da sportelli bancomat nel corso degli ultimi due anni, e Veržbickij in arte Lilin non avrebbe mai fornito documentazione in merito alla provenienza del cash. C’è anche uno squilibrio importante tra quanto guadagnato e quanto versato: secondo i documenti in nostro possesso, il settanta per cento delle entrate di Lilin non proviene da fonti tracciate, ma da movimentazioni interne (conti PayPal) ed esterne (versamento di contante).

Secondo una nostra fonte confidenziale: «l’enorme tasso di provviste di denaro contante, tra versamenti e prelievi, è molto sospetta poiché la quantità di denaro movimentata non è compatibile con gli incassi certificati di Veržbickij, che sappiamo vivere in modo prevalente in Arabia Saudita».

È proprio nel Paese arabo che Lilin avrebbe riparato negli ultimi mesi, dopo aver dichiarato di essere oggetto di un’inchiesta. A Riad infatti il propagandista è registrato presso l’Aire (Anagrafe Residenti Italiani all’estero), e da quanto si apprende da fonti investigative vivrebbe con la sua compagna, un’architetta romana che lavora per il colosso Rea Sea Global, di proprietà del Fondo Sovrano del Regno Saudita, che sta portando avanti il progetto di costruzione sulla costa saudita di cinquanta hotel con ottomila camere e più di mille proprietà residenziali in ventidue isole. Un progetto che sarà pronto nel 2030 e che fu annunciato nel 2017 da Mohammed bin Salman.

Un bonifico di quasi centomila euro diretto proprio alla compagna avrebbe fatto suonare gli alert europei, che non hanno ricevuto risposta dalla controparte saudita.

Insomma, tra una minaccia e l’altra ai giornalisti italiani, una teoria antisemita e cospirazionista enunciata su YouTube, le fake news sull’Ucraina (l’ultima legata alla Coca Cola, che avrebbe, secondo Lilin, un business nello smaltimento dei cadaveri degli ucraini), passando per la candidatura con Michele Santoro, il buon vecchio Lilin è andato a svernare nella monarchia saudita, chissà se anche lì troverà qualche popolazione russofona inventata come gli Urca, e se continuerà a farlo sotto contratto con il gruppo Mondadori e con il placet di Google e YouTube che non hanno mosso un dito contro di lui.

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