Visti con gli occhi di uno dei principali produttori di Cognac, i dazi cinesi fanno una certa paura e adesso al timore per la guerra commerciale con la Cina si somma quello per le conseguenze delle elezioni negli Stati Uniti. Nella seconda parte dell’intervista de Linkiesta Gastronomika (la prima si trova qui), Alexandre Gabriel parla di questo e anche del gin, un prodotto che, giunto probabilmente all’apice della propria espansione, oggi si trova a un punto di svolta, in cui si rende necessaria una normativa più precisa. «Dovrebbe essere fatto solo con ingredienti naturali, senza aromatizzazioni artificiose», afferma Gabriel, che come master distiller di Maison Ferrand, è anche stato uno dei primi ad abbracciare questa produzione. C’è poi un’anticipazione che riguarda un nuovo gin, fatto con ingredienti naturali e il ginepro coltivato in Francia, ma prodotto a Barbados in un alambicco con più di due secoli di storia.
I dazi cinesi visti da un produttore di Cognac
Lo scorso mese nel mondo del Cognac, a cui Maison Ferrand è storicamente legata, è arrivata la notizia della tassazione imposta all’import dalla Cina, uno dei principali Paesi target per il comparto. «I dazi hanno colpito per più del 35 per cento. Per la prima volta nella mia vita mi sono trovato in strada con i trattori, per provare a dire al Governo che rispettiamo l’agenda europea, e pensiamo sia importante, ma vogliamo fare parte della discussione, non soltanto subirne il danno collaterale». Come è stato raccontato in queste pagine, non si tratta di qualche semplice azienda, ma di un settore molto importante per l’export francese e per un intero territorio. «Cognac non è soltanto il nome di un distillato, ma significa 125.000 persone che vivono di questo. Famiglie, agricoltori, un ben bilanciato ecosistema che in questo modo viene ferito, impoverendo tutta questa gente che al settore dedica la propria vita da generazioni». Nel frattempo, non desta meno preoccupazioni l’esito delle elezioni negli Stati Uniti, altro mercato importante per tutta la produzione europea.
Cognac e giovani, binomio possibile?
Pensando ad altre strade possibili, anche per il Cognac potrebbe essere importante cercare di attrarre fasce di consumatori più giovani. «Per qualche ragione il Cognac viene spesso relegato in un ghetto di persone anziane, come uno di quei bicchieri importanti da bere accanto al camino. Per me non c’è cosa più triste, perché il Cognac è invece un distillato così vibrante e così complesso, è un tale vettore di emozioni. In America – indica Gabriel – c’è un mercato moderno del Cognac, legato alla musica rap e hip hop. Nel frattempo, in Europa come Maison Ferrand stiamo lavorando molto duramente alla realizzazione di un Cognac più tecnico, che incontri il gusto dei giovani». Una via che al momento in Francia sta funzionando. «Ora i giovani sembrano più interessati al Cognac, anche per il fatto che si tratta di un prodotto di tradizione. È anche un modo per riscoprire le proprie origini. E poi il Cognac è alla base di diversi cocktail tra i più classici».
Più difficile è rendere accessibile il distillato da un punto di vista del prezzo. «È molto difficile produrre un Cognac che resti sotto i 35 euro a scaffale. Si tratta di uno spirito che deriva dalla terra e dall’agricoltura, pertanto legato alle stagioni e alla vite, che è una delle piante più difficili da coltivare». Il costo minimo, in ogni caso, non si allontana troppo da quello di un whisky entry level o anche – negli ultimi anni ne abbiamo viste di tutte – da quello di un gin.
Gin a un punto di svolta
Proprio in tema di gin, Alexandre Gabriel è stato tra i primi a intraprenderne la produzione. «Quando ho creato Citadelle Gin, nel 1996, quasi nessuno beveva gin tranne forse la Regina Madre del Regno Unito, che lo sorseggiava in una tazza da tè» sorride. «Amo il gin perché secondo me è un vettore di aromi ed emozioni e, venendo da un background nel Cognac, ho cercato di riportarlo alle sue radici usando piccoli alambicchi e veri ingredienti senza aromi. Per questo coltiviamo dieci ettari di ginepro». Ed è proprio questa la via che il master distiller di Maison Ferrand auspica per questo prodotto. «Abbiamo parlato di regolamentazione con il rum (il riferimento è alla prima parte dell’intervista, ndr), ma penso che in questo momento il gin sia a un nuovo punto di svolta. Il primo è stato negli anni Duemila, quando si è presa la via della creatività ed è stata quella giusta, che ha portato a una grande crescita. Adesso però è necessaria una decisione. Penso che il gin dovrebbe essere fatto solo con ingredienti naturali, e per questo dovrebbero esserci delle regole più precise. Il gin è un prodotto della natura e quindi dell’agricoltura, come tutti i distillati – prosegue Gabriel – quindi se un gin rosa brillante è fatto con un colorante artificiale, non dovrebbe chiamarsi gin. Allo stesso modo, un gin deve avere predominanza di ginepro, altrimenti bisognerebbe avere il coraggio di chiamare il prodotto con un altro nome. Se non ci diamo tutti una disciplina da seguire, prima o poi i consumatori ne prenderanno coscienza e si allontaneranno dal prodotto». Lo stesso discorso vale per l’origine dell’alcol con cui sono fatti i gin. «L’origine dell’alcol è senz’altro molto importante, così come quella delle botaniche. L’autenticità, come è stato fatto, il fatto che sia biologico, sono aspetti altrettanto importanti».
Il nuovo Citadelle viene da Barbados
Ma c’è anche una novità in arrivo per Maison Ferrand, una piccola anteprima. «Quasi nessuno lo sa, ma sto lavorando a un gin che distilleremo a Barbados» annuncia Alexandre Gabriel. «Useremo le nostre bacche di ginepro coltivate in Cognac, ma per distillare impiegheremo un alambicco che produce rum dal 1780, per creare un gin che sarà l’edizione Barbados del nostro Citadelle». Al momento il prodotto è ancora in fase di realizzazione, ma pare che sull’isola non si tratti di una prima assoluta. «In realtà, la West Indies Rum Distillery – racconta Gabriel – distillava gin sessanta anni fa. Ne abbiamo prova nei nostri archivi, e il nostro team sogna di tornare a produrlo. Metteremo quindi assieme i due know-how, ma utilizzando botaniche locali, in particolare gli agrumi e una serie di piante autoctone. Oltre al ginepro, che, ovviamente, dovrà essere dominante. Il tutto naturale al cento per cento». Garantito.