RimozioniLa sinistra dovrà dire la verità sul Superbonus, prima o poi

Fare finta di niente rende poco credibili gli attacchi al governo sui tagli alla Sanità, scrive Francesco Cundari nella newsletter “La Linea”. Arriva tutte le mattine dal lunedì al venerdì più o meno alle sette

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Elly Schlein continua a ripetere in ogni intervista che la destra è stata sconfitta per i tagli alla sanità pubblica. Un tema concreto, allo stesso popolare e di sinistra, concreto e identitario, che la segretaria del Partito democratico ha identificato da subito come la bandiera con cui chiamare a raccolta i propri elettori e andare all’attacco dell’avversario. Una scelta sensata e condivisibile, che si scontra però con due problemi.

Il primo è che le critiche sullo stato attuale della sanità pubblica provengono pur sempre dal partito in cui militano tutti i ministri della Salute dal 2013 al 2022, con la sola eccezione del 2018, quando al vertice del ministero c’era comunque un’esponente del Movimento 5 stelle. Ma questo è un problema che il semplice passare del tempo risolve da sé, perché dopo due anni di governo nessun presidente del Consiglio può continuare credibilmente a prendersela con l’eredità ricevuta dai predecessori. E comunque la polemica sui tagli effettuati dal governo attuale consente di superarlo di slancio, spostando l’attenzione sulle responsabilità del centrodestra. Il secondo problema, invece, è un po’ più complicato.

Quando infatti Giorgia Meloni risponde che ci vuole una bella faccia tosta a rimproverarle di tagliare la spesa dopo avere buttato oltre duecento miliardi di euro per rifare case, seconde case e villette degli italiani – degli italiani proprietari di casa, cioè di quelli che stanno meglio – dice la verità. Al riguardo consiglio a tutti, ma soprattutto ai dirigenti del Pd, la lettura del libro di Luciano Capone e Carlo Stagnaro, «Superbonus, come fallisce una nazione» (Rubbettino), dove è ricostruita con pazienza l’incredibile voragine aperta nei conti pubblici, con la complicità di un’intera classe dirigente.

A Meloni e a tutta la sua coalizione andrebbe infatti rimproverato semmai di avere contribuito con convinzione ad allargare quella voragine, impedendo a Mario Draghi di chiuderla prima e continuando anzi a chiedere sempre nuove proroghe ed estensioni. Ma ovviamente un simile rimprovero non può venire da chi per primo ha voluto quella misura e ha continuato a difenderla fino all’ultimo, senza esitare a raccontare una gran quantità di balle sui suoi effetti reali.

Forse sono troppo ottimista, stato d’animo con cui peraltro ho scarsissima familiarità, ma la condizione di estrema debolezza del Movimento 5 stelle e al tempo stesso la sua manifesta inaffidabilità, che è già costata al centrosinistra la Liguria, mi pare aprano lo spazio per un ripensamento, almeno parziale, per una presa di coscienza e un minimo cenno di riconoscimento, se non altro, dell’esistenza del problema. Temo invece che continuare a far finta di niente non consentirà di costruire solide alternative.

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