Bye bye demCome Trump è riuscito a intestarsi la lotta di classe in America

Negli Stati Uniti la fascia di popolazione con un alto grado di istruzione è diventata autoreferenziale e lontana dalla massa. Così il neopresidente è riuscito, in modo grottesco ma efficace, a intercettare gli interessi di un elettorato storicamente legato alla sinistra

AP/Lapresse

Questo è un articolo del nuovo numero di Linkiesta Magazine, con gli articoli di World Review del New York Times. Si può comprare già adesso, qui sullo store, con spese di spedizione incluse. E dal 25 novembre anche in edicola a Milano e Roma e negli aeroporti e nelle stazioni di tutta Italia.

Siamo entrati in una nuova era politica. Negli ultimi quarant’anni circa abbiamo vissuto nell’era dell’informazione. Noi, che apparteniamo alla fascia istruita della popolazione, abbiamo deciso, con qualche giustificazione, che l’economia postindustriale sarebbe stata costruita da persone come noi, e abbiamo quindi adattato le politiche sociali affinché potessero soddisfare le nostre esigenze.

Le nostre politiche sull’istruzione hanno spinto le persone a percorrere lo stesso itinerario che eravamo abituati a seguire noi, ovvero i quattro anni di college che possono abilitare chi li frequenta a svolgere “le professioni del futuro”. Nel frattempo, la formazione professionale è andata indebolendosi. Abbiamo abbracciato una politica di libero scambio che ha spostato in altri Paesi con un costo del lavoro più basso l’occupazione nel settore industriale, in modo che potessimo concentrare le nostre energie sulle imprese della knowledge economy gestite da persone provviste di titoli di studio più alti. Il settore finanziario e quello delle consulenze sono cresciuti a dismisura, mentre l’occupazione nel settore manifatturiero è diminuita.

La geografia è stata ritenuta poco importante. E se il capitale e la manodopera altamente qualificata volevano concentrarsi ad Austin (in Texas) oppure a San Francisco o a Washington, a noi poco importava di che cosa sarebbe successo a tutte le altre comunità che rimanevano indietro. Le politiche sull’immigrazione hanno permesso a persone altamente istruite di avere a disposizione della manodopera che si accontentava di un basso salario, mentre i lavoratori meno qualificati dovevano affrontare quella nuova concorrenza. Ci siamo spostati verso le tecnologie verdi, che stanno a cuore alle persone che lavorano sedute davanti al computer, e abbiamo sfavorito le persone che lavorano nel settore manifatturiero e dei trasporti, il cui sostentamento dipende dai combustibili fossili.

Quel grande rumore di risucchio che avete sentito è stato provocato da una ridistribuzione del rispetto. Chi saliva lungo la scala accademica veniva premiato con dei riconoscimenti, mentre chi non lo faceva veniva reso invisibile. La situazione è stata particolarmente dura per i ragazzi maschi. Alle superiori, il dieci per cento degli studenti migliori è composto per i due terzi da ragazze, mentre il dieci per cento degli studenti peggiori è composto per circa i due terzi da ragazzi. Le scuole non sono predisposte per il successo maschile e questo ha avuto delle conseguenze individuali che possono protrarsi per tutta la vita – conseguenze che ora riguardano però l’intero Paese.

La società ha funzionato come un enorme sistema di segregazione che ha elevato le persone più dotate dal punto di vista accademico al di sopra di tutte le altre. In breve tempo, il titolo di studio è diventato il principale elemento spartiacque nell’ambito dell’american life. Gli americani che hanno solo un diploma di scuola superiore muoiono in media nove anni prima di quelli che hanno un’istruzione universitaria. Muoiono per overdose di oppioidi con un tasso sei volte superiore. Si sposano meno, divorziano di più e hanno più probabilità di avere un figlio fuori dal matrimonio. E hanno maggiori probabilità di essere obesi. Un recente studio dell’American Enterprise Institute ha rilevato che il ventiquattro per cento degli statunitensi che non sono andati oltre il diploma di scuola superiore non ha amici stretti. Rispetto ai laureati, i diplomati hanno meno probabilità di frequentare spazi pubblici, di iscriversi a una qualche associazione o di far parte di una squadra sportiva. Non si esprimono correttamente con il gergo dei paladini della giustizia sociale e non coltivano quelle belle opinioni che sono diffuse tra chi appartiene alle classi privilegiate e che sono considerate come dei segnali di pubblica virtù.

L’allargarsi di questo divario nella società ha portato a una perdita di fiducia e alla sensazione di aver subito un tradimento. Nove giorni prima delle elezioni, sono stato in una chiesa di nazionalisti cristiani nel Tennessee. La funzione era illuminata da una fede genuina, è vero, ma era anche pervasa di un’atmosfera corrosiva fatta di amarezza, di aggressività e della sensazione di essere stati traditi. Mentre il pastore andava avanti a parlare dei Giuda che cercano di distruggerci, mi è venuta in mente l’espressione “mondo oscuro” – l’immagine di un popolo che è immerso in una cultura di estrema sfiducia e si percepisce come sotto costante minaccia. Quei fedeli, come molti altri americani, non erano interessati alla politica della gioia che Kamala Harris e gli altri laureati in Giurisprudenza stavano offrendo loro.

Il Partito democratico ha un compito: combattere le disuguaglianze. Ma molti democratici, a quanto pare, non hanno visto questa gigantesca disuguaglianza, anche se era proprio sotto il loro naso. A sinistra, in molti si sono concentrati sulle disuguaglianze razziali sulle disuguaglianze di genere, sulle disuguaglianze patite dalle persone lgbtq+. Immagino sia difficile concentrarsi sulle disuguaglianze di classe quando si è frequentato un college che può contare su enormi risorse economiche e si conducono seminari sul greenwashing e sul rispetto delle diversità in una grande azienda. Donald Trump è un narcisista mostruoso, ma c’è qualcosa di strano in una classe istruita che, quando guarda nello specchio della società, vede solo se stessa.

Mentre la sinistra si è orientata verso una sorta di performance artistica identitaria, Trump si è buttato a capofitto nella guerra di classe. Il risentimento che lui, nato nel Queens, nutre verso l’élite di Manhattan, si è magicamente accordato con l’astio di classe nutrito dalla popolazione rurale di tutto il Paese. Il suo messaggio era semplice: costoro vi hanno tradito e, per di più, sono degli idioti.

Nel 2024 Trump ha creato proprio quella maggioranza multirazziale e operaia la cui costruzione era stata un tempo l’obiettivo del Partito democratico. Ha aumentato il consenso tra i lavoratori neri e ispanici, registrando una crescita sorprendente in luoghi come il New Jersey, il Bronx, Chicago, Dallas e Houston. Secondo le rilevazioni a caldo della NBC, ha conquistato un terzo degli elettori di colore. Ed è stato il primo candidato repubblicano a conquistare la maggioranza dei voti in vent’anni.

Naturalmente, i Democratici devono fare una profonda analisi della situazione. L’Amministrazione Biden ha cercato di corteggiare la classe operaia con sussidi e stimoli, ma non si può sanare con una soluzione economica una crisi che si è innescata quando i lavoratori hanno percepito che era venuto a mancare il rispetto nei loro confronti. Ci saranno alcuni, a sinistra, che diranno che Trump ha vinto a causa di quel razzismo, di quel sessismo e di quell’autoritarismo che sono intrinseci al popolo americano. A quanto pare, queste persone amano perdere e vogliono farlo ancora e ancora e ancora.

Ma noi dobbiamo osservare questo risultato con umiltà. Gli elettori americani non sono sempre saggi – ma in genere sono ragionevoli e hanno qualcosa da insegnarci. Il mio primo pensiero è stato che devo riesaminare le mie convinzioni. Io sono un moderato. E mi piace quando i candidati dei Democratici si collocano al centro. Ma devo riconoscere che, per quanto Harris lo abbia fatto con un certo impegno, la cosa non ha comunque funzionato. Forse i Democratici devono assumere un atteggiamento di rottura à la Bernie Sanders – e cioè un atteggiamento che faccia sentire a disagio le persone come me.

Ma il Partito democratico è capace di fare una cosa del genere? È capace di fare qualcosa del genere il partito delle università, dei sobborghi ricchi e dei centri urbani hipster? Ebbene, Trump ha “dirottato” un partito che rappresentava il grande capitale e non sembrava certo adatto come veicolo di una rivolta proletaria, ed è riuscito nel suo intento. Quelli fra noi che hanno un atteggiamento di superiorità rispetto a Trump dovrebbero sentirsi umiliati: lui ha fatto qualcosa che nessuno di noi sarebbe riuscito a fare.

Stiamo comunque entrando in acque mosse. Trump è un seminatore di caos, non di fascismo. Nei prossimi anni, il disordine si abbatterà come una piaga sull’America, e forse sul mondo intero, scuotendo ogni cosa. Se odiate la polarizzazione, aspettate di sperimentare che cos’è il disordine globale. Ma nel caos c’è l’opportunità di una società nuova e di una risposta nuova all’assalto (politico, economico e psicologico) trumpiano. Questi sono tempi che mettono alla prova l’anima delle persone. Vedremo di che pasta siamo fatti.

© 2024 THE NEW YORK TIMES COMPANY

David Brooks è nato in Canada, è un importante opinionista americano. È editorialista del New York Times e partecipa spesso a programmi come NewsHour e Meet the Press. Tra i suoi libri è stato tradotto in italiano “La seconda montagna. La conquista di una vita felice” (Solferino, 2020).

Questo è un articolo del nuovo numero di Linkiesta Magazine, con gli articoli di World Review del New York Times. Si può comprare già adesso, qui sullo store, con spese di spedizione incluse. E dal 25 novembre anche in edicola a Milano e Roma e negli aeroporti e nelle stazioni di tutta Italia.

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