Ci sono ancora, in fondo alla laguna, lontano dal turismo pervasivo che è la benedizione e la maledizione di Venezia, piccoli angoli che conservano il respiro e gli spazi di un tempo antico. Paesaggi che, tra paludi e canali, trattengono l’impronta del passato, quando la luce, l’acqua e la terra erano in un equilibrio perfetto e pesca e agricoltura erano le principali fonti di sostentamento.
Per arrivare a Mazzorbo si deve passare da Murano, prima, e da Burano, dopo, e rendere omaggio alle loro eccellenze, il vetro e i merletti, amatissimi e visitatissimi. Ma una volta lì – in alternativa, scendendo dal vaporetto alla fermata prima di Burano, o arrivando sull’isola e cercando, verso nord-ovest, l’unico ponte che le collega, il Ponte Longo, in legno e pedonale – ci si trova davvero in un altro mondo.
Campi, frutteti, vigneti, niente negozi, zero botteghe, piccole casette colorate tra le quali spicca un campanile, quello della chiesa di Santa Caterina, fondata nel 783 e in origine annessa a un monastero di monache benedettine, unica rimasta delle ben dieci che nei secoli sono sorte sull’isola. Rifatta e rimaneggiata più volte, è comunque affascinante e vanta la campana più antica della laguna, datata 1318.
Perché se Mazzorbo oggi è un delizioso angolo di pace, ha un passato da protagonista. Centro di commerci fin dall’epoca romana, nel Medioevo era Maiurbium – dal latino magna urbs, cioè città maggiore, di cui il nome attuale è una storpiatura – ed era seconda per importanza solo a Torcello, il centro politico, commerciale e religioso della laguna. Aveva ricchi palazzi, ben cinque parrocchie e diversi monasteri, che provvedevano all’educazione dei figli di nobili e patrizi veneziani. Così fu, almeno, fino al decimo secolo; dopo il Mille, esattamente come Torcello, fu eclissata da Rialto, e derubricata a isola “campestre”, al più luogo di gite e di svago, anche se dall’undicesimo al quattordicesimo secolo fu al centro di un’importante attività di lavorazione del sale ed era ricca di mulini ormai scomparsi.
Di tanta gloria rimangono poche case in stile gotico affacciate sul canale principale e tracce archeologiche sparse: oggi la ricchezza dell’isola è l’agricoltura. Qui cresce la Dorona, un vitigno autoctono a bacca bianca, della famiglia della Garganega, apprezzatissimo dai Dogi sin dal quindicesimo secolo, per il gusto e colore delle sue uve, appunto dorate
Coltivato per secoli e quasi estinto in seguito alla grande acqua alta del 1966, quando il mare ricoprì per giorni i terreni più bassi, distruggendo la quasi totalità dei vigneti veneziani, è stato recuperato dalla famiglia Bisol con un attento lavoro filologico e di ricerca, ed è un esempio di perfetto adattamento al luogo, grazie all’alta resistenza all’acqua salmastra che, peraltro, la rende dolcissima e perfetta anche per essere consumata come uva da tavola. Ne nasce un bianco particolare, ricco di note fruttate e minerali, un orangeche viene vinificato come se fosse un rosso e lasciato affinare in bottiglia per qualche anno.
La tenuta dove cresce, ex Scarpa Volo e ora Venissa, è aperta al pubblico, e alle attività scolastiche, ed è stata realizzata mantenendo il più possibile l’atmosfera della vigna murada – un terreno di un ettaro coltivato a vigneto, alberi da frutta e ortaggi cinto da un muro – dell’antico monastero annesso alla chiesa di Sant’Angelo, di cui sopravvive soltanto il campanile, spunto paesaggistico per molti pittori della Scuola di Burano che lo hanno ritratto nei loro quadri.
Una simpatica passeggiata si affaccia anche sugli orti coltivati dagli abitanti dell’isola dove crescono le “castraure di Mazzorbo”, il primo frutto della pianta dei carciofi, il cui sapore amarognolo viene esaltato dalla salsedine di cui è impregnato il terreno. È il carciofo violetto di Sant’Erasmo, un presidio Slow Food tipico delle isole del Nord della laguna che a maggio di ogni anno è protagonista, alla Torre Massimiliana di Sant’Erasmo, di una sagra dove si può degustarlo crudo, fritto in pastella, alla greca, rosolato e servito freddo con limone, maritato con le schie e in tutti i modi tipici della tradizione veneziana.
Tutte le attività di Mazzorbo, Venissa che è un wine resort, ma anche un ristorante premiato con una stella dalla guida Michelin e un bed & breakfast, l’Osteria Contemporanea e la Trattoria alla Maddalena, ruotano attorno a questi prodotti tipici e alle attività tradizionali, come la caccia in palude e la pesca.
Un progetto complesso, cha alla base ha la convinzione che un nuovo sviluppo delle isole della Laguna Nord sia possibile a partire da un recupero all’agricoltura dei terreni disponibili, in equilibrio e coerenza con la valorizzazione delle risorse culturali-turistiche dell’area.
Ma, in tanta riscoperta del passato, c’è anche, ed è interessante da visitare, un esperimento di architettura contemporanea, il complesso residenziale realizzato fra il 1980 e il 1997 dall’architetto Giancarlo De Carlo per ripopolare l’isola e proporre una versione aggiornata di un insediamento lagunare.
Davanti a Mazzorbo, su un’isoletta ignorata dai vaporetti e priva di ponti, Mazzorbetto ospita solo ville private, tra cui quella appartenuta un tempo a Giacomo Casanova, e un circolo velico a lui intitolato.