Miscele su pellicolaLa fotografia è un modo per resistere all’oscurità del mondo

Il calendario Lavazza 2025 è stato scattato dal fotografo senegalese Omar Victor Diop, simbolo di un continente lontano dagli stereotipi e dalle paure europee. L’abbiamo intervistato per approfondire il suo lavoro

Big Mama. Photo by Omar Victor Diop

Ci sono parole che portano fortuna, che si adattano ai tempi con incredibile velocità, che sono capaci di diventare messaggio metapubblicitario, entrando nei contesti più diversi. Una di queste è «miscela» e di fortuna ne ha portata molta a chi, centotrenta anni fa ha chiamato il proprio caffè Miscela Lavazza. Ma la fortuna, nel caso dell’azienda torinese è stata molto aiutata da un’impeccabile gestione dei passaggi generazionali, quello che ha portato oggi Francesca Lavazza, classe 1969, Board Member del gruppo, ad avere – come il papà Emilio e prima di lui altri avi che hanno fatto la storia del caffè –, una visione chiara, nitida, evolutiva della azienda e della comunicazione che la riguarda. E un credo basato su tre pilastri inscalfibili: «creatività, empatia, dedizione».

Whoopi Glodberg, backstage. Courtesy of Lavazza

Il progetto che testimonia la sua dedizione, il calendario Lavazza, ha sempre cercato i migliori talenti della fotografia, puntando su nomi al top, come Steve Mc Curry o David LaChapelle, ma spesso anche su talenti emergenti, talvolta anticipandone il successo. Per il 2025 il nome uscito è Omar Victor Diop, un fotografo senegalese, simbolo vivente di un paese sempre più dinamico e di un continente, l’Africa che tra alti e bassi ha visto la nascita di un’esuberante classe media, lontana anni luce dagli stereotipi e dalle paure europee.

Diop – di cui Linkiesta Etc nell’ultimo numero del cartaceo dedicato al tema della nostalgia ha pubblicato un divertente portfolio in cui, usando se stesso, dissacra l’intero immaginario della piccola borghesia bianca americana degli anni Sessanta –, ha interpretato la parola blend, miscela, in senso umano. Quattro tableaux vivant che celebrano l’idea dell’incontro e della commistione, declinandola attraverso altrettanti concetti chiave. C’è tutto il cromatismo dell’arte senegalese, in questo party i cui invitati non hanno niente in comune, tranne la convivialità e la passione per il caffè, ma la composizione fotografica li tiene insieme in modo spettacolare e sorridente. C’è lo chef, il campione, la trapper, l’attrice di Hollywood e tanti altri rappresentanti della contemporaneità che guardano al futuro con ottimismo.

Jannik Sinner. Photo by Omar Victor Diop

Quanto ha inciso in questo lavoro la sua origine senegalese?
Essere senegalese significa portare con sé una ricca eredità culturale. Quando nasci in Senegal, cresci con la consapevolezza di essere importante. Siamo un piccolo paese, ma la nostra posizione geografica e la nostra storia ci hanno resi un crocevia di culture. Siamo stati i primi a incontrare gli europei e a interagire con il mondo arabo-musulmano, mantenendo sempre vive le nostre radici africane.

Questo le ha garantito fiducia in se stesso?
Assolutamente. A scuola, fin da piccoli, impariamo a parlare tre lingue. Questo ci fa sentire rilevanti e orgogliosi della nostra identità. Siamo curiosi e aperti alle influenze esterne, ma rimaniamo genuinamente senegalesi.

Il suo sorriso irresistibile e irriverente comunica qualcosa di molto diverso dalla rabbia che invece pervade le comunità nere che in America lottano per i diritti che ritengono di non avere ancora conquistato…
Penso sempre che il tema sia ancora caldo e fa strani percorsi, è un equilibrio tra approcci diversi. A volte, per far sentire la voce di chi è autorevole e ragionevole è necessario che qualcuno si faccia sentire in modo più forte. Io ho un approccio che punta sulla leggerezza e l’irrisione e non approvo la violenza, ma riconosco che ci sono diverse strade per raggiungere l’obiettivo.

Omar Victor Diop, backstage. Courtesy of Lavazza

Dove vive oggi?
A Parigi, ma ho anche uno studio a Dakar, dove vado a lavorare spesso.

È il suo primo calendario, che idea si è fatto?
Ho sempre visto il tempo in un certo modo, e mi fa piacere che ci sia ancora una cultura del calendario in Italia. In Francia, purtroppo, questa tradizione si sta perdendo.

Qual è il filo che unisce in un unico messaggio il suo lavoro?
Voglio produrre immagini leggere e ottimistiche. Viviamo in un’epoca in cui siamo costantemente bombardati da notizie “depressogene”. È importante alzare lo sguardo e vedere sorrisi e felicità. Anche se si tratta solo di una foto, è un modo per resistere all’oscurità del mondo.

Omar Victor Diop, backstage. Courtesy of Lavazza

Pensa che il suo perenne sorriso abbia un ruolo?
Come artista, creare bellezza con un sorriso è un atto di resistenza. Se lasci che la vita quotidiana ti cambi, il tuo lavoro diventerà cupo.

Chi l’ha affascinata di più tra i protagonisti del calendario?
Whoopi Goldberg è una delle persone che mi hanno ispirato di più nella vita, quindi sono stato onorato di ritrarla. Ma il blend scelto per il calendario ha creato un’alchimia magica di personalità.

Che rapporto ha intrattenuto con loro mentre scattava?
Un ritratto è il risultato di un incontro, non un semplice scambio superficiale. Devi usare l’empatia per trovare qualcosa di speciale in una persona che desideri mettere in risalto.

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