Il quarantunenne di Bruges si era infatti già fatto notare da Diesel – sempre all’interno del gruppo OTB di Renzo Rosso, come Margiela – dove era stato nominato direttore creativo nel 2020, a seguito di un periodo di assenza dalle scene dovuto alla mancanza formale di un direttore creativo (il precedente, Nicola Formichetti aveva lasciato nel 2017 dopo quattro anni). Il suo revamp del brand di jeanseria è stato reso possibile da un lavoro quasi ossessivo sul denim, rimesso giustamente al centro del discorso. Plastificato, riciclato, trasformato in outfit dal sapore couture, con effetto bagnato, intarsiato. Ha aiutato anche una strategia di comunicazione social e un’immagine graffiante, amata dalla Gen Z, che però ha avuto il merito di essere comunque autentica e mai forzata, come nell’occasione della colab con Durex, annunciata durante la sfilata della Fall/winter 2023, il cui set vedeva i modelli muoversi all’interno di uno spazio industriale al cui centro troneggiavano duecentomila preservativi del brand (altri trecentomila sono stati poi distribuiti gratuitamente negli store Diesel).
Certo, un gesto che poteva risultare provocatorio, ma che voleva consapevolizzare sulla necessità di una nuova attitudine al sesso – quella che gli anglofoni chiamano “sex positivity” – non priva della precauzione. Le sue sfilate sono così divenute velocemente uno tra gli eventi più attesi della fashion week milanese: occasioni alle quali hanno partecipato in front row alcuni tra i rappresentanti più rilevanti della scena pop, intesa come popolare. Da Kanye West a Julia Fox, passando per drag queen e cantanti come Orville Peck, ma anche artisti dalle suggestioni dadaiste come Tommy Cash, rapper estone che si poteva incrociare alle sfilate del brand mentre, vestito da addetto alle pulizie, ramazzava la location prima dell’evento.
Tra i suoi prodotti divenuti virali su TikTok c’è stata una gonna talmente corta da assomigliare più ad una maxi-cintura: si sono così moltiplicati sul social di proprietà di ByteDance i contenuti di influencer o aspiranti vari che dimostravano con gradi variabili di ironia e successo, la difficoltà di utilizzo del pezzo (declinato sia in pelle che in denim, e andato in scena durante la sfilata della Fall/Winter 2022/2023). Tra furbe provocazioni che hanno capitalizzato sulle dinamiche social ed esperimenti tessili ben più complessi che erano testimonianza della sua cifra creativa, la sua nomina è accolta oggi come un giusto riconoscimento.
Nel comunicato ufficiale è lo stesso patron del gruppo Renzo Rosso a commentare: «Ho lavorato con Glenn per anni, ho visto il suo talento, e so di cosa è capace. Dopo Martin, che ha dato vita alla maison e alla sua linea “Artisanal”, e John che ha reso il brand la maison di couture più all’avanguardia al mondo, sono onorato di avere un terzo couturier a capo. Glenn, che ha studiato alla Royal Academy of Fine Arts di Antwerp come Martin, ha già mostrato la sua abilità e la sua visione nella couture».
Una visione che in questi anni Martens ha effettivamente reso pubblica anche al di fuori del brand italiano: la collezione haute couture di Jean Paul Gaultier della S/S 2022, affidata a lui – è stato il secondo designer a impegnarsi nel progetto, dopo Chitose Abe di Sacai – è stata acclamata dai critici per le lavorazioni e i volumi degli abiti prodotti. La nomina di Martens segue l’addio, dopo dieci anni, di John Galliano – i cui piani per il futuro non sono ancora stati svelati. Il merito di Galliano, al di là della sfilata della linea “Artisanal Haute Couture”, andata in scena esattamente un anno fa, è stato quello di aver riportato il brand al centro del discorso culturale, con sfilate che erano più simili a performance di video arte o a short movie, come quelli prodotti negli anni della pandemia. Tutto questo, rimanendo sempre dietro il palco, con il suo camice bianco, lo stesso del fondatore e che oggi è simbolo indiscusso della Maison.
E in effetti che il brand sia in un momento di grazia della sua storia, lo ha confermato nello stesso comunicato anche Stefano Rosso, presidente di Maison Margiela: «Il brand è in un momento chiave e si muove su basi solide. La nomina di Glenn proseguirà nello stesso solco, promuovendo l’heritage della maison che siamo oltremodo orgogliosi di avere nel nostro gruppo». La nomina mette così fine alle speculazioni in merito alla direzione creativa di Margiela – tra le quali quelle che davano come nuovo stilista Kanye West – e conferma invece i dubbi di chi aveva individuato in Martens il principale contendente al trono, quando aveva annunciato a settembre il suo addio a Y/Project, brand fondato da Yohan Serfaty nel 2011, e di cui era divenuto direttore creativo solo un paio di anni dopo, alla scomparsa dello stilista.
Con la morte dell’altro fondatore del brand, il Ceo Gilles Elalouf (scomparso a giugno 2024) sembrava in effetti ragionato l’addio di Martens al progetto. Privo della cifra identitaria dello stilista belga, il brand ha annunciato a gennaio che dopo alcuni mesi passati a cercare un nuovo investitore l’unica opzione rimasta è quella della chiusura. Non ci sono ancora novità, invece, in merito a Diesel: il comunicato non ne fa menzione, ed è di conseguenza lecito dedurre che Martens è ancora il direttore creativo del brand (almeno fino a nuova comunicazione). «Sono estremamente onorato di unirmi a Margiela, una maison veramente unica che ha ispirato per decenni il mondo intero» ha commentato Martens. E ringrazio Renzo per la fiducia che mi ha dato». Una fiducia che a Martens non è stata concessa, ma è stata guadagnata sul campo. Lo stesso sul quale si aspetta di vederlo evolversi, portando Maison Margiela in una nuova era.