Ursula von der Leyen, tutti i premier europei e dell’orbe terracqueo dovranno mettersi in fila per telefonare a Giorgia Meloni, l’interprete autentica delle parole di Donald Trump. Ormai si è intestata quello che lei stessa ieri, nella conferenza di inizio anno, ha definito «rapporto privilegiato, solido» con la nuova amministrazione statunitense.
A Mar-a-Lago («mi è stata riservata un’accoglienza al di là delle aspettative», ha sottolineato la presidente del Consiglio) il nuovo imperatore americano le ha appoggiato sulla spalla lo spadone, nominandola cavaliere con il compito di portare dentro il fragile castello europeo il suo cavallo di Troia. Meloni assicura che questo privilegio sarà «un valore aggiunto» per il Vecchio Continente. Aggiungendo, sibillina, che userà la sua «influenza pro attiva per evitare che l’Europa, in un tempo non lontano, sprofondi nell’irrilevanza». Solo seguendo Trump e i messaggi decretati dalla privilegiata potremmo evitare di fare una brutta fine e rimanere uniti.
In sostanza noi poveri europei spaventati guerrieri dovremmo convertirci tutti all’internazionale della tecnodestra, aprire i tetti delle nostre case, ma anche quelli militari, istituzionali e quirinalizi, ai satelliti di ketamina Musk. Che non è, per Meloni, un pericolo per la democrazia quando afferma che «la guerra civile è inevitabile» nel Paese guidato dal laburista Keir Starmer, reo a suo dire di avere coperto stupri di minorenni quando era a capo del Crown Prosecution Services.
È un sincero democratico, l’amico Elon, quando dice ai tedeschi che la Germania si può salvare solo con i nazisti di Alternative für Deutschland, a poche settimane dal voto. Ma la presidente del Consiglio italiana interprete autentica e simultanea suggerisce di non prendere alla lettera quello che dice il buontempone Elon, neanche quando sul suo X ha elogiato dittatori come Putin e Kim Jong Un. Ne parlava tranquillamente con Donald Trump che descriveva quei leader autoritari in grande forma: duri, intelligenti, cattivi e protettivi nei confronti del loro Paese.
Elon è un po’ sopra le righe, del resto è un genio che non interferisce sulle vicende politiche europee, come invece fa l’altro miliardario George Soros che finanzia i partiti e le campagne progressiste. Non è lui che dà soldi a noi, ma noi a lui. L’americano vuole solo contratti miliardari per la sua SpaceX che possiede le tecnologie più moderne, mentre quelle satellitari europee per dati sensibili arriveranno alle calende greche.
Ma su, anime candide, bisogna capire il vero senso delle affermazioni dell’imperatore Trump. Manda messaggi muscolari ai grandi player mondiali. Alla Cina innanzitutto. Non vuole usare la forza per impossessarsi della Groenlandia, ma fare pressione su XI Jinping. È un avvertimento all’altro imperatore (celeste) che non si rischi ad avvicinarsi all’isola più grande del mondo dove i ghiacci si sciolgono e sarà più facile scavare le terre rare e attraversare il passaggio a nord-est. Poi la Danimarca se ne farà una ragione se, dopo Trump junior in avanscoperta, ci andrà il padre a prendersi tutto, tanto l’Europa seguirà come l’intendenza. Chez Giorgia.
Vedremo come reagiranno le pallide Cancellerie europee, cosa sarà in grado di esprimere Ursula von der Leyen di fronte al ciclone Trump. Chi sarà in grado di tutelare l’interesse dell’Unione europea dal tentativo trumpiano di tirare all’amo le singole capitali. Alle viste nessuno. Non certo Meloni che, assumendo assolutamente il punto di vista di Trump, sarà un elemento di ulteriore di divisione.
Una buona notizia però l’ha data, e sarà di conforto a Volodymir Zelensky che ieri ha incontrato la presidenze del Consiglio. Non è vero che Trump vuole disimpegnarsi dall’Ucraina: vuole la pace ma con la forza. Allora continui come ha fatto Joe Biden finora. Fino a che punto l’imprevedibile Trump lo farà? Telefonare a Palazzo Chigi nei prossimi mesi.