Trump alla Casa Bianca Può un ottantenne mangiare tutti i giorni hamburger?

Il presidente eletto degli Stati Uniti si è fatto immagine e somiglianza di una dieta ricca di grassi saturi. Che sia realtà o l’ennesima provocazione del mago delle polemiche è tutto da capire

Donald Trump
Donald Trump at Iowa State University, AP Photo/Charlie Neibergall

Il 20 gennaio scatta l’ora X: Trump inizierà il suo secondo mandato non consecutivo, con una cerimonia di insediamento che ha raccolto cifre record da più o meno tutti i grandi donatori e miliardari degli Stati Uniti, ansiosi di entrare nelle grazie del quarantacinquesimo presidente. Della vita, anche non politica, di Trump si parla sotto tanti (forse troppi) aspetti… Sappiamo qual è il suo rapporto con la moglie, con i figli, con i miliardari delle big tech, con le escort altolocate, ma cosa sappiamo della sua relazione con un ambito fondamentale come il cibo?

Non sempre l’alimentazione dei presidenti americani accende le luci (politiche) dei riflettori, relegata (nel caso) alle pagine di gossip e colore: la storia ha iniziato a cambiare con gli Obama, e in particolare con l’orto di Michelle. Le First Lady possono scegliere di abbracciare una o più cause durante i mandati del marito e Michelle ha scelto proprio quella dell’alimentazione sana, iniziando programmi nelle scuole, campagne di comunicazione e coltivando direttamente un orto nell’edificio più importante di Washington.

Con Biden siamo tornati a rivolgere l’attenzione altrove: tra ripresa dopo il Covid, inflazione, cambiamento climatico e guerre varie scoppiate in giro per il mondo, il dibattito pubblico ha avuto pochi spazi per altri temi. Con una sola, notevole, eccezione: un’uscita a cena di Joe Biden e della moglie Jill nel loro ristorante (italiano, ça va sans dire) preferito di Washington, in cui hanno ordinato entrambi lo stesso piatto. Il fatto che moglie e marito, insieme da quasi cinquant’anni, abbiano sviluppato gusti simili, ha inquietato l’opinione pubblica – in primis il Washington Post – quasi più della sua disastrosa prestazione al primo dibattito presidenziale.

Il junk Trump
Oggi però la palla torna nel campo di Trump, che in realtà ha sempre parlato molto di cibo, fin dal suo primo mandato. Tutti sanno bene cosa mangia, o almeno cosa lui dice di mangiare: niente colazione e, se proprio deve, che sia innaffiata di bacon, bistecche e junk food su base (quasi) quotidiana. Dopotutto, il suo stunt in uno dei ristoranti Mc Donald’s, che ci piaccia o no, è stata una delle migliori trovate della campagna elettorale, sia per la sfida all’allora avversaria Kamala Harris – che aveva dichiarato di aver lavorato per la catena di hamburger, ma senza prove a supporto – che per il significato in sé e per sé del gesto, in grado di avvicinare l’uomo politico miliardario al “popolo”. Vi ricorda qualcuno?

Donald Trump McDonald's
Doug Mills/The New York Times via AP, Pool

Una dieta di questo tipo può portare problemi (di sovrappeso, cardiaci e quant’altro) a un trenta-quarantenne, per un settanta-ottantenne sembra una bomba a orologeria. »Mi auguro che Donald Trump possa finalmente mangiare nella maniera più salutare possibile, perché il suo organismo è cambiato radicalmente e non può continuare a mangiare quotidianamente le solite cose sempre di corsa: hamburger, polpettoni, tacos. È fondamentale, invece, che mangi meglio per assicurarsi di essere il più sano possibile per la sua età e per le esigenze del lavoro», ha dichiarato dopo le elezioni Andre Rush, che sarà il suo chef alla Casa Bianca.

Verità o provocazione?
Quel che è certo è che un’alimentazione quotidiana fatta di Diet Coke (si dice anche dodici al giorno), manzo e patatine fritte non è esattamente consigliata per un quasi ottantenne, con una vita particolarmente stressante (per usare un eufemismo), il cui sport prediletto è il golf. Oltre all’obesità, i rischi variano dal diabete alle malattie cardiache e degenerative, non proprio un quadro positivo per nessuno, e tantomeno per chi riceverà i codici nucleari.

Spiega la dottoressa Giulia Mostini, biologa nutrizionista: «La tipologia di dieta che sta seguendo Trump ha un nome ben preciso: si chiama western diet, quindi dieta occidentale, un tipo di regime alimentare che va a opporsi proprio alla dieta mediterranea, un protocollo che conosciamo bene e che sappiamo essere benefico per la salute. Nella western diet solitamente si mangiano hamburger, prodotti fritti e processati e via dicendo, che hanno in comune un eccesso di sale, di grassi – tra cui il colesterolo – e di zuccheri semplici: queste tre cose insieme possono, come sappiamo, portare rischi, anche seri, legati alla salute».

Donald Trump McDonald's
AP Photo/Evan Vucci

Ovviamente non è possibile sapere che cosa succede dietro le quinte (e dentro al piatto) di Donald Trump. Se la sua fantomatica dieta è effettivamente quotidiana, se è un desiderata che però per ovvi motivi può essere attuato solo saltuariamente oppure se è… un espediente comunicativo per creare dibattito e ammirazione. «Quello che sappiamo è che l’insorgere di malattie – cardiovascolari, cancerose, diabetiche – è legato a doppio filo con la genetica. Adottare una dieta mediterranea permette, anche se si è geneticamente predisposti, di allontanare o ritardare la comparsa della malattia, mentre succede l’opposto per la western diet. Nel caso specifico di Trump, ci mancano degli elementi: potrebbe essere molto fortunato e non avere predisposizione genetica, e quindi effettivamente mangiare tutto quello che dice e desidera senza ripercussioni, anche se è difficile credere che sia arrivato in forma alla soglia degli ottant’anni con questo stile di vita. Oppure potremmo semplicemente non essere al corrente degli effetti collaterali della sua alimentazione», spiega Mostini.

La terza opzione vede invece come protagonista un copione che per Trump sembra ormai consolidato: la sparo grossa, prendo critiche e complimenti per il mio carattere e faccio notizia, intanto il pubblico si assuefà alle “sparate” e le archivia come “provocazioni”. In un Paese in cui un americano su tre è obeso, quando la provocazione diventa danno non solo politico ma anche sociale? Abbiamo quattro anni per scoprirlo.

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