La decisione della ConsultaIl referendum sull’autonomia differenziata non si farà, quelli su cittadinanza e Jobs Act sì

La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile il quesito proposto dalle opposizioni, dopo una sentenza in cui di fatto aveva già smontato la legge di Calderoli. Le motivazioni saranno depositate entro il 10 febbraio

(Photo by Mauro Scrobogna / LaPresse)

La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile il quesito del referendum per abolire la legge sull’autonomia differenziata. Secondo il comunicato pubblicato dalla Corte «l’oggetto e la finalità del quesito non risultano chiari». La sentenza con le motivazioni sarà depositata entro il 10 febbraio.

Il referendum era stato chiesto dalle opposizioni contro la legge voluta dal ministro leghista degli Affari regionali Roberto Calderoli, ma che è osteggiata da molti presidenti di Regione, compresi quelli di Forza Italia. Si tratta di una legge quadro che fissa regole per arrivare alla stipula di Intese Stato-Regione su alcune o tutte le ventitrè materie sulle quali le Regioni hanno possibilità di chiedere «maggiori e ulteriori forme di Autonomia» rispetto allo Stato.

Lo scheletro della legge, in realtà, era già stato modificato da una sentenza dello scorso novembre della Corte Costituzionale, che aveva dichiarato in parte illegittima la norma. Motivo per cui ci si chiedeva se avesse senso fare un referendum su una legge che dovrà essere modificata per poter essere applicata.

In attesa delle motivazioni della sentenza, la sentenza della Consulta ha un peso notevole perché contrasta il parere della Corte di Cassazione che aveva riconosciuto la validità del referendum dopo il pronunciamento della Corte costituzionale di novembre. In un’intervista al Corriere della sera, Roberto Calderoli si dice soddisfatto della decisione della Corte Costituzionale e annuncia una legge delega scritta sui Lep, i livelli essenziali delle prestazioni, secondo i dettami della Consulta.

A dicembre i giudici della Corte costituzionale hanno pubblicato la sentenza sui ricorsi di Puglia, Campania, Sardegna e Toscana, segnalando sette rilievi che ora dovranno essere colmati dal parlamento. Tra questi, si stabilisce che il trasferimento deve essere di «funzioni di materia» e non di «materie» in toto. In più, la delega legislativa per la determinazione dei Lep non può essere appannaggio dell’esecutivo, ma deve coinvolgere il Parlamento.

Veneto, Liguria, Piemonte, Lombardia avevano già chiesto maggiore autonomia su nove materie non Lep e ora i negoziati possono riprendere.

I quesiti ammessi
Entro il 20 gennaio, la Consulta doveva anche esprimersi su altri cinque quesiti referendari, che sono stati dichiarati ammissibili. Riguardano la cittadinanza per gli extracomunitari e alcune norme sul lavoro, tra cui l’annullamento di alcune parti del Jobs Act.

Via libera, quindi, al quesito proposto da Più Europa per ridurre da dieci a cinque anni i tempi di residenza legale in Italia dei maggiorenni extracomunitari per la presentazione della domanda di concessione della cittadinanza.

La Corte ha dato via libera anche ai quattro quesiti sul lavoro, proposti dalla Cgil. Nel primo si chiede l’abrogazione della disciplina sui licenziamenti del contratto a tutele crescenti del Jobs Act. Si punta a cancellare la norma sui licenziamenti che consente alle imprese di non reintegrare una lavoratrice o un lavoratore, licenziato in modo illegittimo, nel caso in cui sia stato assunto dopo il 2015. Il secondo quesito riguarda la cancellazione del tetto all’indennità nei licenziamenti nelle piccole imprese, eliminando il limite massimo di sei mensilità all’indennizzo in caso di licenziamento ingiustificato. Il terzo punta all’eliminazione di alcune norme sull’utilizzo dei contratti a termine, mentre l’ultimo riguarda l’esclusione della responsabilità solidale di committente, appaltante e subappaltante negli infortuni sul lavoro.

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