Si chiama cipolla egiziana, ma è italiana, anzi ligure, e arriva dalla riviera di Ponente, e precisamente da Ventimiglia e dalla Valle della Nervia. Zone da cui è partita da qualche anno la riscoperta di questa antica e pregiata varietà, diventata un simbolo di tutela del territorio e di biodiversità.
Detta anche cipolla albero per via della sua altezza, che supera il metro, o cipolla che cammina, è un ortaggio raro e poco noto, curioso nel nome e nella forma. Le cipolle, infatti, nascono sui rami, che sono più alti rispetto ad altre varietà, e si sviluppano a grappolo, raccolte in una insolita forma a mazzetto. Se non vengono raccolte subito, si ingrossano e diventano più pesanti, facendo scendere la cima del ramo verso il suolo. Da questi bulbi nasceranno altre piante, distanti dalla pianta madre circa trenta centimetri: ed ecco il motivo del nome “cipolla che cammina”.
Queste particolarità sono il risultato di un incrocio tra una cipolla classica (Allium cepa) e la cipolla invernale (Allium fistulosum), apparso casualmente in natura, che ha dato origine a una specie ibrida, che non è in grado di produrre semi veri, ma solo i bulbilli. Questo fenomeno si chiama viviparità, ed è una forma di riproduzione asessuata, che non richiede il coinvolgimento di gameti.
Lo svantaggio è che è una pianta priva di variabilità genetica, quindi, non si mescola con altre piante, non crea nuove combinazioni di caratteri ed è molto vulnerabile a una malattia o a un parassita specifico. Da qui la sua peculiarità e la necessità di salvaguardarla.
Non si sa, invece, perché sia chiamata “egiziana”. È vero che moltissime varietà di cipolle oggi largamente diffuse sono originarie dei territori dell’Asia centrale e occidentale, dove erano coltivate già cinquemila anni fa, e che le cipolle, nell’antico Egitto, erano, letteralmente, adorate come simbolo di vita eterna per via della forma sferica e degli anelli concentrici del bulbo, al punto di diventare un oggetto di culto e di far parte del corredo funebre dei faraoni. Tuttavia, non c’è un preciso legame con questo particolare tipo di cipolla.
Che invece si è sicuramente adattato molto bene al clima ligure, tanto da diventare di fatto un prodotto locale di nicchia, apprezzato per la facilità di coltivazione su diversi tipi di terreno, per la resistenza al freddo e al caldo e per la prolificità data dal sistema di propagazione: interrando i bulbi raccolti dalla pianta madre in primavera, la pianta cresce senza troppe attenzioni e resistendo bene alle malattie. La semina può avvenire anche in autunno, perché sopporta senza difficoltà l’inverno. Se non viene raccolta, rivegeta nuovamente da sola.
In cucina, la cipolla egiziana, pezzatura medio grande e buccia coriacea, ha la versatilità di ogni altra cipolla: cruda, come ingrediente di insalate, nei classici soffritti o al forno. Raccolte prima di aver raggiunto la piena maturazione, le cipolle liguri sono perfette per conserve sottolio o sottaceto – le classiche cipolline – ma la particolarità interessante è che, grazie al suo gusto delicato, tutta la pianta, foglie comprese, è commestibile e si presa a preparare insolite varianti della panzanella.
Alle sue caratteristiche, e al suo impiego, Marco Damele, “contadino, scrittore, custode della cipolla egiziana ligure”, ha dedicato un intero libro, che ne racconta tutte le curiosità.