Trump vs Kennedy Il futuro del cibo negli Stati Uniti è in buone mani?

La nomina voluta da Trump a capo del Dipartimento della Salute promette di combattere i cibi processati e di «make America healthy again» (far tornare l’America in salute, ndr), con idee anche molto lontane da quelle del presidente

Robert F. Kennedy Jr., AP Photo/Ben Curtis

Provocazione o programma politico serio? È forse la domanda che più spesso verrà posta nei prossimi quattro anni di presidenza Trump. Tra le tante (forse troppe?) nomine controverse per il nuovo esecutivo, di certo non è passata inosservata quella di Robert F. Kennedy Jr. a capo del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani (Hhs). Un po’ per il cognome che porta, di certo non un fardello leggero, un po’ perché lui stesso si era candidato alla presidenza per poi ritirarsi e appoggiare pubblicamente Trump, un po’ (tanto) per le sue posizioni bizzarre anti-vax e pro-ufo. Non proprio il profilo che ci si immagina alla guida del dipartimento che controlla i quasi 20.000 dipendenti della Food and Drug Administration (Fda) e della Centers for Disease Control and Prevention (Cdc).

Buone intenzioni e giusti mezzi?
Ma siamo qui per parlare di cibo, argomento che Kennedy non ha mai lasciato trascurato, anzi. Fin dalla sua stessa candidatura alla presidenza, non ha mai fatto mistero delle sue idee in merito. In primis la riforma dei programmi alimentari scolastici, per eliminare gli alimenti ultra-processati e ricchi di zuccheri dalle mense scolastiche, promuovendo l’introduzione di cibi più sani e nutrienti per migliorare la salute dei bambini. Sulla stessa lunghezza d’onda, la spinta per la riduzione degli additivi alimentari e delle sostanze chimiche, con particolare attenzione ai coloranti artificiali e agli oli vegetali altamente processati, sempre con l’obiettivo di ridurre l’esposizione dei consumatori a potenziali rischi per la salute.

Uno sforzo che sfocerebbe in una vera e propria revisione delle linee guida dietetiche nazionali: con l’aggiornamento delle “Linee guida dietetiche per gli americani” previsto per il 2025, Kennedy potrebbe influenzare le raccomandazioni nutrizionali ufficiali, includendo limiti più stringenti sul consumo di zuccheri e promuovendo alimenti integrali. Iniziative, legislative o meno, che sulla carta non sembrano affatto negative, anzi: gli Stati Uniti sono tra i Paesi più colpiti dall’obesità infantile, e una stretta in termini di esposizione a elementi dannosi per l’alimentazione, soprattutto in un periodo molto delicato come quello della crescita, non può che essere positiva.

Certo, non mancano le criticità a riguardo, in primis l’apparente contrapposizione con la linea di Trump, famoso per essere un forte sostenitore sia dell’industria dei fast food che di una dieta non propriamente salutare. Inoltre, gli esperti avvertono sulla pericolosità di iniziare una battaglia intransigente sul tema: certo, un eccesso di grassi saturi è negativo, ma alcuni alimenti possono essere inclusi in una dieta bilanciata, senza inoltre compromettere i budget degli Stati americani, che si ritroverebbero, in alcuni casi, a dover cambiare quasi integralmente catena di approvvigionamento. Come ogni guerra, anche quella per l’alimentazione, va combattuta una battaglia alla volta o si rischia una sconfitta che riporta indietro i progressi di anni, se non decenni.

Agricoltura e industrie farmaceutiche
Tra le ulteriori idee messe in campo da Kennedy, anche la promozione di pratiche agricole rigenerative, con l’adozione di misure sostenibili che migliorino la salute del suolo e riducano l’uso di pesticidi, mirando a creare un sistema alimentare più ecologico e circolare. A questo sforzo, ha associato una crociata contro l’influenza delle grandi corporation farmaceutiche nelle agenzie regolatorie, per eliminare i conflitti di interesse all’interno di enti come la Fda e garantire che le decisioni riguardanti la sicurezza alimentare siano basate su evidenze scientifiche indipendenti.

Una battaglia quanto mai necessaria, ma al momento vista con scetticismo dai più. Kennedy, se confermato dal Senato, diventerebbe a tutti gli effetti il capo dell’Fda, rischiando di compromettere il funzionamento dell’agenzia nel breve-medio periodo in caso di adozione incondizionata di linee politiche intransigenti, che non tengono conto dei funzionamenti interni dell’agenzia.

Confermato o meno
Insomma, in fatto di politica alimentare Kennedy parrebbe avvicinarsi più a Michelle Obama che a Donald Trump, ma tutto dipende da come affronterà le sfide che si prospettano per cambiare il sistema alimentare americano: se con il fanatismo che ha dimostrato anche per altri topic o con un approccio realistico nei confronti della situazione in cui si trova ad operare.

Al momento, si può solo aspettare la conferma (o meno) al Senato per capire se effettivamente il problema si pone. Di certo, la scelta di Kennedy ci fa molto capire l’importanza che il quarantasettesimo presidente degli Stati Uniti attribuisce alla riforma del sistema alimentare, messa in mano a un noto fanatico, poco preso sul serio dai gruppi di interesse: bassa, se non quasi inesistente.

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