Camillo di Christian RoccaRE: NO SUBJECT di Christian Rocca & Luca Sofri

Caro Christian,
dice un mio amico musicista che le canzoni di Ligabue sono diseducative quanto quelle di Eminem. Che convincono i ragazzi che sia giusto passare la vita a buttarsi via nei bar di provincia essendo indulgenti con se stessi, piuttosto che fare qualcosa che renda migliori e più felici: "Dice, i ragazzi ci si riconoscono. Come se ci fosse da esserne belli fieri, a riconoscersi in gente che si vede da Mario prima o poi". Mi ha convinto abbastanza, senza che poi trovi la cosa particolarmente drammatica. Ci sono diverse abitudini autocompiacenti e prive di senso, che circolano. Una che io ho sempre trovato particolarmente idiota è "sii te stesso". Che se uno è un grosso stronzo, dovrebbe comportarsi sempre da grosso stronzo, per "sincerità". Sii te stesso è da pigri, secondo me. Sii te stesso un par di balle: cerca di essere qualcun altro, da Gesù Cristo in giù. ("Tu ti credi Dio", dicevano a Woody Allen, e lui: "Un modello dovrò pure averlo).

Caro Luca, chi ti credi di essere? Te stesso?
Non sono d’accordo però. Gi stronzi che fanno gli stronzi sono meglio degli stronzi che per fare l’Arcangelo Gabriele fanno stronzate grandi così. Prendi Donald Rumsfeld o, che ne so, Pippo Inzaghi. A me, credo unico al mondo, sono simpaticissimi. Ma al resto of the world stanno sul gozzo, e allora? Ci difenda bene l’uno e si prenda il calcio di rigore l’altro, ché chi se ne frega del resto. Prendi, invece, gli stronzi che si spacciano per combattenti di cause buone. Che ne so: Bin Laden oppure Pippo Inzaghi che si ostina a giocare per il Milan

Caro Christian, intuisco che a te non sia concepibile l’ipotesi di essere migliori, ma solo quella di spacciarsi per migliori. Lasciamo perdere, e sii te stesso. All’estero poi viene più facile, là sono tolleranti. Uno dei posti che conosco dove sono tutti più se stessi e chissenefrega è la Germania, e Berlino in particolare. Giudica tu i risultati. C’è un libro molto divertente che è stato appena pubblicato in Italia, che racconta delle vicissitudini quotidiane di un quasi trentenne berlinese, e delle sue comiche contraddizioni ra l’essere il se stesso di sempre e il cominciare a essere qualcos’altro. Si chiama "Il signor Lehmann". Lui fa il cameriere nei locali della città, che ti consiglio caldamente: fammi sapere se ti servono degli indirizzi.

Caro Luca, so che fine ha fatto Tom Bosley. Chi è Tom Bosley? Dài smettila, ché se Fabio Fazio viene a sapere che sei così impreparato monta un casino. Allora, te la racconto dall’inizio. L’altro giorno sono andato a teatro. A Broadway. Un musical. Se stai a New York pare che sia obbligatorio. Ero già andato, finalmente, a vedere la Boheme diretta da quel genio di Baz Luhrmann, e mi era piaciuta. E’ uguale a Moulin Rouge, però senza Nicole Kidman e con la "gelida manina" al posto di "don’t leave me this way". Sto divagando, ma ci arrivo a Tom Bosley. La Boheme mi è piaciuta, così ho deciso vedere un altro musical. Ho scelto Cabaret, lo spettacolo che Liza Minnelli ha portato al cinema e che io credevo di aver visto chissà quante volte, e invece mai. Cabaret è diretto da Sam Mendes, il regista di American Beauty e di Era mio padre. Lo spettacolo non era in un teatro normale ma al mitico Studio 54, la discoteca più figa del mondo una trentina di anni fa. Posto fantastico, velluti e anni Settanta. Mi sentivo Tony Manero, specie per l’accento con cui ho chiesto un Apple Martini (E’ il cocktail dell’anno, ma mi ha steso). Vabbè. Comincia lo spettacolo, i balli, le canzoni, le coreografie e a un certo punto compare lui, Tom, cioè Howard. Ho urlato di gioia, Tom Bosley è Howard Cunningham. Il padre di Ritchie e di Sottiletta. Oh, happy days.

Caro Christian, certo che so chi è Tom Bosley. Ma non ho mai capito come si scriva Ralph Malph (Potsie Weber è più facile). E guarda che anche qui succedono delle cose che potranno trovarti impreparato, quando torni. Scenderai dall’aereo, a Linate, e verrai in taxi verso casa. E dal finestrino vedrai una cosa strana, e ti chiederai: "Ma adesso tengono i ragazzotti al giunzaglio, per evitar loro di nuocere?". Beh, ti spiego: pare che non sia un guinzaglio. Pare che ora faccia grosso figo aggirarsi con un mazzo di chiavi appeso al collo, tramite una specie di guinzaglio per cani. Non so se valga anche che più chiavi hai più sei figo (o più sei gobbo), mi sto informando. Credo che nei movimenti bruschi sia pericolosissimo, comunque: ma si sa, i ragazzi amano le emozioni forti. Io anche, peraltro: e oggi ho riguardato il dvd di Italia-Germania dell’11 luglio 1982 (quel giorno a Torino c’erano i Rolling Stones, di pomeriggio, così poi si andava a vedere la finale). Quest’estate, in mancanza di eventi calcistici rilevanti ­ passata la finale di champions di cui credo tu sia stato informato ­ la passo con i dvd e con il libro di Italo Cucci, che sintetizza con prosa tecnica il significato di quell’11 luglio: "Mettemmo a tacere tutti i coglioni".

Caro Luca, qui va fortissimo la risposta italoamericana a Carla Bruni. Hai presente Junior, lo zio di Tony Soprano? L’attore si chiama Dominic Chianese e ha fatto un disco acustico di canzoni italiane tipo "Mala Femmena", "Dicitenciello Vuie" e la struggente "Song a napoletano". Suona tutti i lunedì da Sofia’s, un club vicino Times Square. Andrà mai a San Remo? Ah, stavo dimenticando, il mese prossimo in America esce il libro che fa per te. Come direbbe Italo Cucci, "metterai a tacere tutti i coglioni". Si chiama "In Praise of Nepotism", un elogio del nepotismo in un paese che ha il figlio di un presidente come presidente che ha sconfitto un vice presidente che prima o poi sarà vendicato dalla moglie del presidente di cui era vice. Il nepotismo non è una cosa negativa, è l’inevitabile risultato della natura umana, sostiene questo saggio. C’è solo da portarlo allo scoperto, senza infingimenti, e poi gettare le basi di un "nuovo nepotismo". E’ questa la tesi, che io condivido, del libro di Adam Bellow. Figlio di Saul Bellow.

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