Camillo di Christian RoccaI SECONDI 4 ANNI DI BUSH

Milano. Oggi comincia il secondo mandato di George W. Bush, 43esimo presidente degli Stati Uniti. A Washington, tra le 18 e le 19 ora italiana, Bush giurerà sulla Costituzione nelle mani del presidente della Corte suprema, poi terrà un discorso d’indirizzo sui suoi secondi quattro anni. E’ la sedicesima volta che un presidente americano torna a giurare quattro anni dopo la prima elezione. Il vero discorso programmatico, con l’elenco dettagliato delle cose da realizzare, sarà rimandato di qualche giorno, presumibilmente al 2 febbraio, quando Bush farà agli americani il consueto rapporto sullo Stato dell’Unione. Il progetto, però, c’è già, ed è stato anticipato dallo stesso Bush il 3 novembre scorso, 24 ore dopo la vittoria su John Kerry: "Con queste elezioni ­ ha detto ­ ho guadagnato un capitale politico che intendo spendere nel modo promesso. Voi conoscete già il programma: previdenza sociale, riforma fiscale, migliorare la nostra economia, istruzione, combattere e vincere la guerra al terrorismo". Un progetto ambizioso facilitato dalla saldissima maggioranza al Congresso ma che rischia di scontrarsi con l’ormai lunga tradizione semi fallimentare dei secondi mandati presidenziali. Gli ultimi tre presidenti rieletti, per esempio, nei loro secondi quattro anni sono stati frenati da fattori esterni. Richard Nixon fu costretto a dimettersi a causa del Watergate. Ronald Reagan rimase incagliato nello scandalo Iran-Contras (vendita di armi a Teheran per finanziare gli antisandinisti). Bill Clinton subì il procedimento di impeachment dopo aver mentito sulla relazione con Monica Lewinsky. Bush sembra non curarsi dei precedenti, ma sa che ha poco tempo a disposizione: il 2006 sarà un anno elettorale, con il voto parlamentare di metà mandato. Subito dopo il presidente diventerà "un’anatra zoppa", sarà cioè indebolito dal fatto che non potrà più ricandidarsi e che l’attenzione di Washington si concentrerà sul processo di nomina del suo successore. L’anno in cui potrà spendere in pieno il capitale guadagnato, dunque, è proprio questo: il 2005, con una coda nel 2006. Ecco perché Bush ha scelto come ministri e collaboratori gente che non sprecherà tempo in polemiche interne, come è successo fin qui, e che farà parlare l’Amministrazione con una voce sola.
Il primo mandato di Bush è stato clamoroso, impensabile per un presidente che sembrava destinato a non passare alla storia: un gigantesco taglio delle tasse; la riforma della scuola con il No Child Left Behind Act; il più costoso programma sociale da 40 anni per i farmaci gratuiti agli anziani; una spesa pubblica che ha fatto schizzare il deficit; la trasformazione dell’esercito; la riforma della Cia; due guerre e una rivoluzione in politica estera.

La riforma delle pensioni
Bush vuole passare alla storia, sconfiggendo il terrorismo e riformando il sistema pensionistico. Sul fronte della politica estera, il primo appuntamento è quello delle elezioni irachene, ma non è stato ancora esplicitato il piano per il dopo elezioni. Bush dovrà riallacciare i rapporti con gli alleati, per questo a febbraio verrà nella vecchia Europa. L’elezione di Abu Mazen in Palestina riapre lo spiraglio di pace in medio oriente, ma la coperta si accorcia sul fronte iraniano e nordcoreano, cioè dei due paesi che si vogliono dotare di un arsenale nucleare militare. I rapporti con la Russia sono un po’ più freddi e sullo sfondo c’è il ruolo di competitor strategico della Cina. Poi c’è la questione della riforma delle Nazioni Unite. In un discorso ad Halifax, in Canada, Bush ha parlato di un nuovo modello di organizzazione internazionale, peraltro inaugurato nei giorni successivi alla tragedia dello tsunami. Condi Rice, l’altro ieri, ha insistito sul concetto di unire la comunità delle democrazie, quel gruppo di paesi che condivide gli stessi valori e si batte per gli stessi ideali. Secondo l’Economist, c’è il rischio che Bush possa cedere alla tentazione di abbandonare la promozione della democrazia in medio oriente: "Il pericolo potrebbe essere quello di tentare poco, non troppo", perché "un radicale che scappa dalla sua stessa rivoluzione è soltanto un vandalo".
Ma è sul fronte interno la sfida più difficile. Non tanto sulla semplificazione delle leggi fiscali, tantomeno sulle nomine dei giudici conservatori alla Corte suprema. Bush vuole riformare il sistema della responsabilità civile (le class action) che costa ai consumatori cifre non più sostenibili. Contro il suo stesso partito, vuole trovare una soluzione legale agli immigrati clandestini. Sarà difficile che gli riesca tutto. Ma la sua legacy, l’eredità, si misurerà sul più radicale dei suoi progetti: il "New Deal conservatore", sintetizzato nella formula "società di proprietari". Bush vuole rivoluzionare il sistema previdenziale, introducendo conti pensione gestiti dagli stessi cittadini. Sarà durissima. E i democratici sperano che la proposta Bush faccia perdere ai repubblicani ciò che persero loro con il tentativo clintoniano di riformare la sanità: la Casa Bianca.

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