Camillo di Christian RoccaBel colpo, Marco

Bel colpo Marco, complimenti. In un solo mese sei riuscito a consegnare un milione di voti radicali e socialisti, quindi il paese, ai tuoi avversari politici di una vita, a regalare una maggioranza dello zero-virgola-zero-zero a un professore dell’industria pubblica di stato appoggiato dalle grandi banche e dai poteri neutri, intermedi e forti e poi a sostenere ed eleggere due leader sindacali, uno dei quali comunista, alla seconda e alla terza carica della Repubblica, immemore di quando ai capi della Triplice gridavi di autobullonarsi per comunicargli quanto fossero conservatori e di regime. Il Pannella che io conosco, un tempo avrebbe detto che l’Italia di oggi è gestita da un fascio di poteri oligarchici eccetera eccetera.
Invece niente: voti, aiutini e pacche sulle spalle al fascio di cui sopra. Non bastasse, caro Marco, in cambio dell’inchino non ti invitano nemmeno ai vertici politici, ti dettano le scelte, ti cacciano dal Senato politicamente e fisicamente, complice quello Scalfaro che era lì – ahinoi – soltanto grazie a te. A Emma Bonino pare preferiscano Clemente Mastella, vi prospettano ruoli di governo genere Pecoraro Scanio e ora siamo ai comunicati comuni Pannella-Di Pietro per implorare “ehi, ci siamo anche noi”.
I vostri primi passi in Parlamento, del resto, non vi differenziano dai verdi o dai repubblicani di Luciana Sbarbati: avete eseguito senza battere ciglio l’indicazione per Bertinotti, cosa che quando non eravate ancora pecorariscanizzati non avreste mai accettato, come dimostra il no a Irene Pivetti dei sei deputati radicali eletti col Polo della libertà nel 1994. E se allora la Pivetti era poco più che una sconosciuta, Bertinotti oggi è il leader politico contro cui si sono concentrati gli strali radicali di quest’ultima campagna elettorale. I rosapugnisti si sono accodati sugli uffici di presidenza della Camera e ora non oso immaginare il loro voto a favore di Leoluca Orlando come presidente, così si dice, della commissione Antimafia (povero Leonardo Sciascia!).
Ma il capolavoro è dell’altro ieri. Carissimo Marco, ti sei vantato – addirittura “insieme con l’Udc” – di aver tentato un vasto accordo per eleggere Giorgio Napolitano, il presidente della Camera che non difese dall’attacco delle procure il Parlamento degli inquisiti di cui tu eri lo speaker, ed è finita che stavi per confermare alla presidenza della Repubblica Gaetano Gifuni, l’uomo di cui – scegliendo la frase più cortese e non querelabile – dicevi essere il vero “presidente in esercizio di potere presidenziale e soprattutto, se si può, di quello anticostituzionale”. Un risultato eccezionale, con il povero Capezzone che per giorni ha abbozzato inaudite spiegazioni su quanto fosse antioligarchico Napolitano, imitando Marco Travaglio per aver sventato fantasmagorici inciuci, mentre un minuto dopo la conferma a Gifuni era già lì a dettare comunicati sul “mandato monarchico” del vero “presidente in esercizio di potere presidenziale”. Gifuni ha rinunciato, ma ora è Segretario ad honorem.
L’altro giorno ho sentito il mio amico Capezzone minacciare l’Unione di ritirare i 18 deputati rosapugnoni dalla maggioranza se il centrosinistra continuasse a ignorare la Rosa, a prendere decisioni oligarchiche e poi a comunicarle alla medesima Rosa. Non risulta che si sia spaventato nessuno, quota-socialista-della-Rosa a parte. Un giovane dirigente radicale, Federico Punzi, al momento è l’unico a dire chiaramente che non capisce in cosa consista l’euforia rosapugnista per Napolitano: “Non fu quel Ministro degli Interni contro cui Pannella scatenò nel ’97 una violentissima e giustificata polemica per aver fissato al 15 giugno, a scuole chiuse, i referendum radicali, decretandone il fallimento? Non fu quello stesso Ministro degli Interni contro cui i radicali solo alcune settimane dopo digiunarono per una circolare che di fatto impediva la sottoscrizione dei nuovi referendum nei Comuni?”. Sì, è lui.
Mi sarei aspettato altro dai radicali in Parlamento, malgrado ci siano entrati col bus di Prodi. Intanto non avrei mai pensato che si potessero chinare di fronte ai voleri dei poteri forti e delle consorterie tecnocratiche né ai disegni neocentristi e addirittura all’ingerenza vaticana. Mi sarei aspettato una battaglia per la lettera della Costituzione che prevede un ruolo politico del capo dello stato, non di misterioso taglianastri che applica una Costituzione materiale non scritta. Mi sarei aspettato che fossero i radicali a guidare la riscossa della politica, magari sulla linea spiegata sul Foglio dal loro candidato Fabrizio Rondolino. Non è successo e la domanda ora è: che cosa ci stanno a fare i radicali in Parlamento?

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