Camillo di Christian RoccaUna questione d'onore

Volete capire che cosa passa per la testa dei fanatici di Hezbollah mentre colpiscono deliberatamente i civili? Volete sapere perché il mondo occidentale trova sempre maggiori ostacoli nell’organizzare una difesa condivisa del proprio sistema di vita? E’ una questione, scusate la parola, d’onore. L’editorialista libertario John Tierney, sulle colonne del New York Times di ieri, ha consigliato ai suoi lettori uno sfizioso e colto libro che indaga sulla storia, sulla cultura e sulla diversa percezione che occidente e mondo islamico hanno di questo concetto apparentemente desueto che è l’onore. “Honor: A History” è costato cinque anni di studi al critico letterario James Bowman, collaboratore di diverse e autorevoli testate americane e britanniche. Il libro spiega meglio di ogni analisi geopolitica le reali e tragiche difficoltà che oggi l’occidente incontra in medio oriente e i problemi del multiculturalismo al proprio interno.

Il punto è che noi consideriamo i terroristi come gente immorale, mentre loro si considerano uomini d’onore. Secondo la loro stessa definizione d’onore, però, hanno tutte le ragioni di considerarsi tali. Nell’occidente moderno e illuminato, questa ossessione araba e islamica in difesa del proprio onore appare come una cosa indecifrabile, non perché questo concetto sia assente nella nostra cultura, ma perché ci siamo dimenticati della sua forza esplosiva. L’onore è, essenzialmente, la buona opinione delle persone a cui teniamo. Bowman definisce “gruppi di onore” le persone che consideriamo nostri pari e a cui implicitamente riconosciamo il diritto di giudicarci. Siamo tutti parte di un gruppo d’onore, sia esso la nostra famiglia, i nostri compagni di scuola, i nostri colleghi. Ci sono dei giudizi costanti, però: gli uomini, per esempio, perdono spesso la stima dei rispettivi gruppi d’onore se si comportano da codardi o da deboli, mentre le donne se si mostrano immorali o promiscue. Ma negli anni il mondo occidentale è riuscito a cambiare le cose, riconoscendo agli uomini il diritto e talvolta anche il dovere di piangere e addirittura di confessare le proprie debolezze, garantendo alle donne la stessa disinvoltura sessuale degli uomini. Il nostro concetto di onore è cambiato fino a diventare sinonimo di comportamento virtuoso, giusto, veritiero e sincero. Bowman ci ricorda, però, che questo non è il tradizionale significato di onore. Il significato originario è quello di lealtà alla propria tribù, alla propria setta.
Il ruolo decisivo del cristianesimo

E’ stata l’influenza del cristianesimo ad aver reso obsoleta in occidente l’antica e brutale cultura dell’onore, purtroppo ancora in vigore nel mondo arabo e islamico. Porgere l’altra guancia, amare il proprio nemico, fare il bene a chi ti odia sono precetti cristiani che hanno ribaltato l’idea di onore basata sull’occhio per occhio, dente per dente. Ci sono voluti duemila anni, scrive Bowman, ma alla fine siamo riusciti a trasformare l’onore in una specie di fair play. Il nuovo sistema d’onore dell’odierno mondo occidentale nasce dunque da questa inconsueta combinazione di virtù cristiane e di violenza cavalleresca. Con il declino dell’aristocrazia e l’avvento della borghesia e della democrazia, il sistema è diventato quell’ideale vittoriano del gentiluomo che conosciamo, quello in cui l’uomo d’onore deve la sua reputazione al proprio lavoro, ai comportamenti giusti, in difesa dei deboli e del proprio paese. Nel mondo islamico la cultura dell’onore è rimasta invece invariata per millenni, ancorata al suo significato tradizionale, oggi paragonabile al codice violento di una gang di strada. Bowman sostiene che quella cultura avrebbe bisogno di un sistema globale che consideri onorevole proteggere i più deboli e magari a questo serve il tentativo di diffondere il seme della democrazia e del rispetto dei diritti umani. Oppure rischia anche il mondo occidentale, spiega Bowman, per aver colpevolmente svalutato il concetto di onore fino ad averlo ridotto a un arcaico, infantile e vanitoso atteggiamento machista e antifemminista. La conclusione che ne trae Tierney è questa: se non recuperiamo la nobiltà della cultura dell’onore, rischiamo di ritrovarci a dover affrontare la sua varietà primitiva.

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