Né vergogna né colpo di spugna. Quella del professore biancoceleste Piero Sandulli è una sentenza quasi perfetta, soltanto eccessiva nelle sanzioni comminate al Milan, alla Lazio, alla Fiorentina e, soprattutto, alla Juventus (con la coda ridicola dello scudetto dello scorso anno – quello non oggetto di alcuna indagine e con Bergamo e Pairetto già in pensione – che l’ex consigliere d’amministrazione dell’Inter Guido Rossi ieri ha assegnato proprio all’Inter, classificatasi al terzo posto a una distanza da Juve e Milan calcolabile soltanto da un supercomputer della Nasa. Ora manca soltanto che Rossi nomini senatore Recoba e che Massimo Moratti paghi il premio scudetto ai suoi, poi per questa estate dovremmo aver finito).
Ci sarà comunque occasione, tra Tar e nuova recentissima giurisprudenza europea sulla concorrenza, per mettere a posto le cose della sentenza che non vanno e quindi non falsare la prossima serie A. Nel frattempo i nuovi padroni – si spera temporanei – del calcio italiano hanno combinato un bel pasticcio riabilitando il Milan, come meritava, per la Champions League: la Uefa ha fatto sapere che potrebbe non accettare la squadra del Cav. per motivi etici, visto che la giustizia sportiva ha comunque condannato il Milan a una penalizzazione. Ma, in caso di esclusione Uefa, in Champions non subentrerebbe nessuna squadra italiana, con il risultato di avere una formazione in meno rispetto alle quattro che ci spettano. Un bel risultato per questa brillante gestione, che già aveva pensato di cacciare Marcello Lippi dalla Nazionale.
Ma dopo la sentenza Sandulli, ciò che conta è che l’intera impalcatura giuridico-mediatico-baristica di Calciopoli o di Moggiopoli, insomma del campionato più truccato del mondo, è crollata in modo definitivo, dopo essere stata già ridicolizzata allo stadio Olimpico di Berlino una sera d’inizio luglio. Sentite come ha commentato il presidente della Corte federale la sua stessa sentenza: “Abbiamo debellato un sistema, anche se fatto solo di contatti atipici e anche goliardici, quasi da caserma, che sarebbe stato opportuno non ci fossero”. Avete letto bene: contatti atipici, goliardici, quasi da caserma. Ma, allora, dov’è finito il più grande scandalo sportivo di tutti i tempi, che ex post fa vibrare d’indignazione un militante civile come Candido Cannavò? Semplicemente non c’era, era una bufala inadatta perfino a una puntata del Processo del lunedì.
Ci avevano spiegato che “era tutto vero”, che quelle intercettazioni dimostravano i peggiori sospetti dell’Italia pallonara, questo paese fondato su 58 milioni di commissari tecnici e su 45 milioni di antijuventini. Ebbene, questa teoria della cospirazione moggiana elaborata nei centri studi della Gazzetta dello Sport e messa in atto da menti raffinate come Guido Rossi, Francesco Saverio Borrelli ed Elio Corno non ha retto la prova dello stesso processo, chiamiamolo così, organizzato per operare più da plotone d’esecuzione che da amministratore di giustizia.
La sentenza di martedì, ma anche quella della Caf, dice infatti che era tutto falso, che non c’era nessuna cupola, che non c’era nessuna associazione a delinquere, che non c’era nessuna corruzione, che non c’erano partite taroccate, che non c’erano arbitri coinvolti, che la Federcalcio non aveva fatto nulla di male, che i sorteggi arbitrali erano regolari, che non c’erano ammonizioni preventive, che le tre squadre rimaste in serie A non hanno commesso illeciti sportivi e che quello contestato alla Juventus era talmente inesistente che se lo sono dovuti inventare nuovo di zecca, mutando geneticamente tre comportamenti “di per sé” non configuranti l’illecito, appunto, in un illecito. E siccome non stava in piedi nemmeno questo 3×1 dei poveri, è arrivata una formidabile interpretazione del codice sportivo soltanto “concettualmente ammissibile”. La Juve del diabolico Luciano Moggi – incupolato con il solo Giraudo e senza l’ausilio di arbitri e federazione – avrebbe ottenuto “vantaggi in classifica” diversi dagli unici conosciuti in natura, cioè quelli ottenibili attraverso tentativi di alterare lo svolgimento di partite.
Il fallimento di Rossi, Borrelli (e di Cobolli G.)
Oltre, questa sentenza non poteva andare. La condanna era stata già comminata in piazza da una cinquantina di anni. Ci fosse un terzo grado di giudizio – quello che Rossi ha opportunamente provveduto a saltare – finirebbe con la Juve in A più qualche punto di vantaggio a mo’ di risarcimento. Dicono che Rossi, deluso, se ne andrà sbattendo la porta. Borrelli idem. Sarebbe il caso di raccogliere firme per la riabilitazione di Franco Carraro, destituito dalla presidenza della Federcalcio che ha vinto la Coppa del mondo. E’ rimasto soltanto Paolo Liguori a gridare “l’è tutto vero, l’è tutto vero”, neanche fosse Chicchi Pacini Battaglia o l’ultimo giapponese della barzelletta. Il Tar potrebbe ordinare di rifare il processo e, quindi, di sospendere le sentenze, con possibili richieste di risarcimento che potrebbero mandare la Federcalcio in bancarotta. C’è anche la nuova opportunità offerta da una sentenza della Corte di giustizia europea che il 18 luglio ha imposto alle federazioni sportive di sanzionare gli illeciti in modo proporzionato agli obiettivi sportivi e di non intaccare i patrimoni delle società, viceversa i tribunali ordinari dovranno invalidarle perché in violazione delle norme sulla concorrenza.
Oppure potrebbe restare tutto com’è, con la Juventus a fare da capro espiatorio. In questo caso, però, i bianconeri non giocheranno in B a causa di Moggi e Giraudo, ma della comica operazione simpatia lanciata dal nuovo presidente Cobolli Gigli e da tutti i vecchi e nuovi dirigenti dotati di doppio cognome.
27 Luglio 2006