C’era una volta la Juventus, ora non c’è più. E’ morta. E’ stato bello, ma è finita. Thank you very much, John Elkann. Inutile illudersi. Insensato sperare in una rinascita targata famiglia Agnelli. Folcloristico pensare che in cotante mani l’orizzonte sportivo di questa entità che si ostinano a chiamare Juventus F. C. possa essere diverso da quello di una tonica Sampdoria o di una frizzante Udinese. Niente di male, per carità. C’è di peggio nella vita, a cominciare dagli islamo-fascisti che ci vogliono tagliare la testa. Ma se parliamo di Juventus, be’ la Juventus è un’altra cosa. Un’altra cosa che ora non c’è più, scomparsa con la morte di Gianni e Umberto Agnelli. Addio Giuve. Non ti hanno nemmeno dato l’onore delle armi, magari cedendo tutti i calciatori a una sola squadra in modo da far continuare altrove il mito di questi anni. A scanso di equivoci hanno preferito rinforzare gli avversari di una vita, compresi i miserabili indossatori di scudetti altrui.
Il caravanserraglio di amministratori francesi col nome da difensori scarsi dell’Inter, di esperti di tennis, di allenatori di pallavolo, di campioni bolliti e di dirigenti col doppio cognome ha scelto consapevolmente di liquidare la più formidabile squadra di calcio degli ultimi vent’anni, riducendola a un distributore automatico di campioni pronto a colmare le lacune tecniche delle migliori squadre del continente, più l’Inter che dell’aggettivo “migliore” non sa nemmeno come si faccia lo spelling.
Non resta che mostrare voglia di dimettersi da tifosi bianconeri, finché sorte non ci separi da questi inenarrabili Moratti-senza-soldi che ci sono capitati tra i piedi. Non resta che seguire l’esempio di Capello, Cannavaro, Zambrotta, Thuram, Emerson, Mutu, Viera, Ibrahimovic e, spero, anche di Buffon, Trezeguet e Camoranesi. Fossi in Deschamps, me ne andrei di corsa prima del disastro. Questi campioni che sono scappati, o che presto se ne andranno, non sono affatto traditori, né mercenari, tantomeno professionisti senza cuore. Sono persone sane di mente che hanno capito per tempo il progetto funerario di Camogli Gigli o come si chiama il simpatico signore addetto alla liquidazione che tanto piace a quel giornale della City che da anni non ne azzecca una nei settori di sua competenza, figuriamoci quando affronta la scienza calcistica. Il rammarico è che questa liquidazione non sia avvenuta per causa di calciopulitopoli, cioè di quella bufala gettata in pasto ai babbei che leggono la Gazzetta sui banconi dei bar dello sport e si ritrovano con un’erezione ogni volta che compare Pistocchi alla moviola. E’ davvero un gran peccato che non abbia prevalso la linea forcaiola di Borrelli-Palazzi, quella che avrebbe voluto sbattere i campioni d’Italia in serie C per manifesta superiorità, ovvero i nove campioni del mondo delle ultime tre edizioni mundial più Ibra e il pallone d’oro Nedved a fare undici. Ci avesse chiuso bottega Guido Rossi sarebbe stato molto più dignitoso, quasi motivo d’orgoglio. Avremmo potuto denunciare il colpo di stato, far valere l’inconsistenza delle accuse e avremmo potuto indicare uno per uno i reali poteri forti del calcio, quelli che non sono entrati in calciopulitopoli malgrado il passaporto per accedervi fosse stranamente in regola, e anche quelli che ne sono usciti più o meno immacolati. Fosse stato un complotto esterno contro la Juventus, a Torino si sarebbero difesi invece di dire prego-accomodatevi-eccovi-gli-scudetti-eccovi-i-campioni-grazie-mille-se-ci-date-la-B-purché-con-forte-penalizzazione. Non fossero stati loro stessi a perseguire scientemente la liquidazione e la retrocessione e l’umiliazione, sarebbero stati i primi a rimboccarsi le maniche, magari avrebbero restituito un po’ di quei quattrini sottratti dalla quotazione in Borsa e si sarebbero attrezzati per fare un mazzo così a tutti quanti, senza perdere un calciatore e senza rafforzare gli avversari diretti. Invece è successo il contrario. E tutti a credere alla favoletta che la penalizzazione comporta dolorosi e necessari ridimensionamenti, che guarda caso non ci sono stati né al Milan né alla Fiorentina e nemmeno alla Lazio. E nessuno a ricordare che la Juventus odierna non ha perso nemmeno un euro tra sponsor e diritti tv. Nemmeno uno, visto che il popolo juventino è sempre qui. L’unica grave perdita è la Champions League per due anni, ma sarebbe bastato difendersi – come ha fatto il Milan – per riottenerla. L’altra balla è che una società di calcio non possa fare nulla per trattenere un giocatore che vuole andare via. Ah, sì? A Della Valle sono bastati cinque minuti netti per far capire a Luca Toni chi paga e chi comanda.
Dimissioni pro tempore da juventino, dunque, per non rendersi complici del misfatto. Non un uomo, non un soldo, nessun alibi per i liquidatori della Juventus, pronto perfino ad accollarmi la pena accessoria di avere molti weekend liberi nei prossimi anni. E’ fin troppo umiliante dover ricordare la sequela di scelte bizzarre, di comportamenti comici e di decisioni folli del nuovo corso torinese. L’unica spiegazione alternativa al trattamento sanitario obbligatorio, cioè al manicomio, è la precisa volontà di far cassa e di rendere i bilanci meno pesanti per un eventuale acquirente. Speriamo che arrivi davvero un nuovo proprietario e che arrivi presto. Faster, please.
15 Agosto 2006