Barack Obama è l’unico senatore afroamericano di Washington, la stella nascente del Partito Democratico, una specie di Kennedy nero che scalda i cuori di chiunque lo stia ad ascoltare. Obama, 45 anni ad agosto, è troppo giovane e inesperto per candidarsi alla Casa Bianca nel 2008, ma già adesso comincia a muovere i primi passi in vista delle elezioni presidenziali successive, quelle del 2012. Un po’ come il segretario dei Ds Piero Fassino, a questo giro Obama ha scelto di impegnarsi principalmente nella costruzione di un nuovo Partito Democratico che riesca a vincere le elezioni e sconfiggere l’egemonia dei conservatori nel saper determinare l’agenda politica americana. Fassino può partire dal governo, ma deve anche riuscire a lasciare alle spalle le vecchie carcasse ideologiche della sinistra comunista e del centro democristiano. Obama ha il compito facilitato da una tradizione bicentenaria di organizzazione del consenso e da un’idea di società basata senza incertezze sulla democrazia, sui diritti e sulla libertà. Il Partito Democratico americano, infatti, è proprio l’esempio esplicito intorno a cui sta lavorando la sinistra italiana per rinnovarsi, rendersi più appetibile all’elettorato moderato e governare senza la pesante zavorra delle scorie comuniste e antagoniste.
Il problema dei Democratici americani è diverso, oggi loro hanno un “security gap” e un “religion gap” con gli avversari. La maggioranza degli americani crede infatti che i Democratici siano meno credibili dei Repubblicani sulle questioni di sicurezza nazionale e meno affidabili dei conservatori sui temi religiosi. Eppure tradizionalmente sono stati proprio i liberal il partito della sicurezza nazionale e degli interventi militari all’estero per salvaguardare gli interessi americani e diffondere la democrazia. La rottura è avvenuta in seguito alle proteste per la guerra in Vietnam, un intervento peraltro deciso e condotto da due diverse amministrazioni democratiche e poi terminato dal repubblicano Richard Nixon.
Sui cosiddetti “valori”, la stessa cosa. Erano i Democratici il partito più attento alle questioni etiche e religiose, tanto che lo statuto del partito dice esplicitamente di essere stato scritto e adottato “under God”, cioè sotto l’ispirazione di Dio. Non solo: un tempo i cristiani evangelici erano in netta prevalenza Democratici, mentre ora regalano vittorie a valanga ai conservatori. La più grande differenza nell’affiliazione a un partito – ha detto a fine giugno Obama – è “tra chi va regolarmente in chiesa e chi no”. La sfida del senatore è volta a ridurre questa differenza e quindi a riscoprire l’antica anima del Partito Democratico. Un esempio che potrebbe tornare utile a Piero Fassino.
1 Settembre 2006