Camillo di Christian RoccaBush parli con Hezbollah, Hamas e Iran. Lo dice Prodi, che si porta avanti

New York. La lunga giornata di Romano Prodi ieri è cominciata di buon’ora, alle 7 e 40, con la notizia dell’esclusione dell’Italia dal tavolo dei negoziati dell’Iran (5+1) e con un rincuorante incontro al Council on Foreign Relations, il salotto buono della politica estera d’America. Nella sala dell’Upper East Side di Manhattan il premier è stato ricevuto con tutti gli onori, folto pubblico – nonostante l’ora – e una presentazione affettuosa di Richard Gardner, ex ambasciatore in Italia alla fine degli anni Settanta. Dopo qualche battuta e un paio di frecciate antiberlusconiane sulla politica interna, Prodi ha parlato del ruolo dell’Italia sulla scena internazionale, dando un assaggio di quello che poi avrebbe detto anche nel suo intervento all’Assemblea generale dell’Onu.
La parola chiave è “dialogo”, e non poteva che essere così nel giorno del grande incontro – avvenuto nel pomeriggio – con il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad. Secondo Prodi, altre strade non ci sono e, a una domanda di Gardner, ha risposto che anche il presidente americano, George W. Bush, dovrebbe parlare con Iran, Hamas e Hezbollah: “Qual è l’alternativa?”, ha chiesto il premier italiano. Prodi ha ribadito la sua amicizia con gli Stati Uniti, ma “gli errori sono errori” e la strategia antiterrorismo di Washington non ha fatto diminuire la minaccia del jihad, non ha reso il mondo più sicuro, e allora non resta che dialogare.
Fermo restando che tra Europa e America non ci devono essere giochi di contrappeso ma tanta collaborazione, Prodi ha ribadito che la politica estera italiana è legata a Bruxelles, “le mie iniziative sono concordate con Solana o magari con Chirac”. Sulla questione del nucleare iraniano in particolare, ha ripetuto anche dopo, in conferenza stampa all’Hotel Millenium: non si vuole certo indebolire Javier Solana, ministro degli Esteri dell’Ue nominato dai Venticinque interlocutore unico di Teheran per evitare divisioni nella compagine europea, “tutte le opzioni sono aperte, in questa fase dobbiamo fare ogni sforzo perché si possa riaprire il negoziato”. Proprio ieri, però, per la terza volta in poco più di due settimane, Solana è stato snobbato dal caponegoziatore dell’Iran, quell’Ali Larijani atteso all’Assemblea generale e mai arrivato. Avrebbe dovuto esserci un incontro tra i due – voluto come sempre dal diplomatico dell’Ue – ma da Teheran è arrivata notizia che Larijani vedrà Solana la settimana prossima, in Europa. Il tempo stringe, l’ultimatum del Consiglio di sicurezza è scaduto da quasi un mese – dal 31 agosto – gli Stati Uniti fanno pressioni perché si agisca, è pure una “questione di credibilità”, come ha detto il segretario di stato, Condoleezza Rice.
Dopo la calorosa accoglienza all’alba del Council on Foreign Relations, Prodi è andato al Palazzo di vetro. L’atmosfera era stata scaldata dal presidente venezuelano, Hugo Chávez, il quale non ha certo perso l’occasione per dire la sua: “Ieri il demonio è venuto qui e questo posto odora ancora di zolfo”, ha dichiarato, riferendosi certo non all’amico Ahmadinejad, ma al “tiranno” e “bugiardo” Bush. Prodi ha puntato il suo intervento sul ruolo dell’Onu e sulla necessità di una via multilaterale che apra “una fase negoziale nuova”, basata “su un vero e proprio confronto” e “sul più alto consenso”. Lo scontro di civiltà non esiste, le civiltà si arricchiscono reciprocamente. Il dialogo è come sempre la parola chiave, con il ruolo centrale proprio dell’Assemblea generale, i cui membri “devono voltare pagina”.
“Dialogo e soluzione negoziata”
Sulla questione del nucleare di Teheran il premier ha ribadito la sua linea filoiraniana, fondata sulla “soluzione negoziata”. Per questo il premier ha deciso di incontrare Ahmadinejad, pur se nessun leader europeo è arrivato a tanto, pur se due giorni fa, di fronte all’Assemblea generale, il leader iraniano ha ribadito il suo disprezzo per l’Onu, per i suoi strumenti e per Israele (oltre naturalmente a negare l’Olocausto).
Prodi vuole contare nella partita internazionale con l’Iran perché Roma ha grandi interessi commerciali e perché lui stesso, in tutta la sua carriera, dall’Iri alla Commissione europea, ha favorito un atteggiamento conciliante con la Repubblica islamica. Ma l’ingresso dell’Italia al tavolo dei negoziati – con i membri del Consiglio di sicurezza e la Germania – è stato escluso dai leader degli altri paesi, che tentano con difficoltà di parlare con una voce unica al regime dei mullah. Per questo, in un’eccezione alla via multilaterale, Prodi ha parlato direttamente con Ahmadinejad, ma “senza ingenuità”.

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