New York. “Hard Power”. Si chiama così, senza tanti giri di parole, un formidabile libro appena uscito negli Stati Uniti a firma di Kurt Campbell e Michael O’Hanlon, due autorevoli analisti liberal di Washington. Il titolo del libro “Hard Power – The New Politcs of National Security” dice già tutto. La foto di copertina ancora di più, visto che propone 13 proiettili calibro 20 su cui è stampato dieci volte il simbolo del Partito democratico e tre volte l’elefante del Partito repubblicano. C’è un esplicito richiamo a un famoso libro del 2002 di Joseph Nye jr. che si intitolava, invece, “Soft Power”. Secondo i due autori di “Hard Power”, usare il “potere soffice” dei valori, della cultura e della democrazia americana di cui scriveva Nye è certamente utile, anzi molto utile, oltre che necessario, ma non è né sufficiente né adatto a proteggere gli Stati Uniti dalla minaccia terrorista. Serve piuttosto l’hard power, ovvero l’uso intelligente della forza e del potere militare. Il testo, edito da Basic Books, è un manuale di politiche sulla sicurezza nazionale indirizzato al centrosinistra democratico e, in minima parte, anche all’ala realista dei repubblicani. I due studiosi si rivolgono al salotto buono della politica estera americana per spiegare che, malgrado tutti gli errori commessi in Iraq e altrove, non si possono liquidare strategia democratica e politica di sicurezza di George W. Bush come una follia che non sta in piedi. Anzi suggeriscono ai democratici di riconoscere che molte delle misure prese da Bush sono giuste e, in più, anche di “emulare una parte delle idee dei neoconservatori, ma senza quelle tendenze all’unilateralismo”. Ma, aggiungono i due analisti liberal, “il multilateralismo è un mezzo che tende a un fine, non un sacrosanto principio in se stesso”. La sinistra, insomma, deve ammettere senza ambiguità che la forza militare è un elemento cruciale per il mantenimento della pace e che un forte esercito e la possibilità di usarlo sono lo strumento più efficace per il successo delle iniziative diplomatiche.
I due autori hanno un curriculum perfetto per far partire questa riflessione. Campbell ha lavorato al Pentagono ed è stato consulente della Casa Bianca di Bill Clinton, oggi è vicepresidente del centro studi Csis. O’Hanlon è un esperto di politica estera alla Brookings Institution, il serbatoio di cervelli del mondo democratico. Entrambi collaborano col New York Times, il quale si affida a O’Hanlon e al suo Iraqi Index per monitorare la situazione irachena attraverso la valutazione dei dati economici, di sicurezza e di opinione pubblica.
Se la sinistra americana vuole tornare a vincere, scrivono Campbell e O’Hanlon, deve far diventare le questioni di sicurezza nazionale di nuovo la sua priorità, come nei suoi tempi migliori (Wilson, Roosevelt, Truman, Kennedy e l’ultimo Clinton). Ma attenzione, spiegano i due autori di “Hard Power”, “non soltanto perché la maggioranza degli elettori sente viva questa preoccupazione, ma anche perché questi elettori hanno ragione”. A quei liberal che dicono che “war is not the answer”, la guerra non è la risposta, Campbell e O’Hanlon fanno notare che in realtà dipende da qual è la domanda, perché a volte, invece, la guerra è la risposta.
12 Ottobre 2006