Camillo di Christian RoccaLa prima batosta per Nancy Pelosi

New York. La batosta politica subita da Nancy Pelosi è arrivata prima ancora di entrare nella sala di comando di speaker della Camera di Washington, cosa che avverrà soltanto a gennaio. La prima sconfitta è arrivata giovedì mattina, novanta minuti dopo essere stata designata dal suo partito alla terza carica dello stato federale americano. Pelosi è il deputato superliberal di San Francisco, la leader che ha condotto il Partito democratico alla vittoria di metà mandato più per le sue straordinarie capacità di raccolta fondi – inferiori soltanto a quelle di Hillary Clinton – che per la guida politica del partito o la scelta dei candidati che poi hanno concretamente strappato 28 collegi ai repubblicani. Figlia di un leggendario sindaco di Baltimora e sorella di un deputato a Washington, Nancy si è fatta le ossa nel mondo della politica fin da ragazzina, quando ha cominciato a curare i rapporti clientelari di suo padre con i petulanti elettori. Pelosi, dunque, è tutto tranne che una politica sprovveduta, anche se sembra spesso motivata da rivalità personali. In ogni caso il clamore della sconfitta di giovedì ha convinto i giornali americani a dedicare editoriali, opinioni e analisi al “disastro” (New York Times), al “flop” (New York Post), al “tonfo” (New Republic), e al “primo dramma” (New York Sun) dell’era Pelosi. La battaglia era per il posto di leader di maggioranza alla Camera, cioè del numero due del partito. Madame Speaker ha sostenuto il deputato John Murtha, noto nell’ultimo anno per aver chiesto il ritiro immediato dall’Iraq ed essere diventato la bandiera del movimento pacifista. Il discorso di Nancy ai colleghi deputati è stato chiaro: abbiamo vinto grazie all’Iraq, quindi Murtha merita di essere eletto leader del partito. Il 63 per cento dei deputati del caucus democratico però le si è rivoltato contro, preferendo eleggere con 149 voti a 86 il moderato Steny Hoyer, il deputato che di fronte alle ipotesi di ritiro in sei mesi avanzate l’anno scorso da Murtha e da Pelosi aveva detto che “un rientro precipitoso delle forze americane dall’Iraq potrebbe condurre il paese al disastro”. Secondo la rivista liberal New Republic, “l’autodistruttivo sostegno di Pelosi a Murtha suggerisce una sproporzionata enfasi sull’Iraq”. La migliore analisi è di Pelosi medesima, la quale ha ricordato di aver promesso “di fare tutto il possibile” per porre fine alla guerra in Iraq, ma – ha aggiunto – “il gruppo ha pensato in modo diverso”.
(segue dallla prima pagina) La sconfitta politica di Nancy Pelosi non è soltanto un segnale dei problemi del Congresso democratico, ma anche la sintesi della confusione intorno all’interpretazione del risultato elettorale. Una buona parte del Partito democratico, i grandi giornali e alcuni settori repubblicani credono che il voto di metà mandato abbia dato un’indicazione precisa a favore del ritiro dall’Iraq. Ma, alla prima occasione utile, sono stati gli stessi deputati democratici a spiegare il contrario, a votare un leader accusato da Murtha di sostenere la linea bushiana in Iraq e a ribadire che la via d’uscita deve essere la vittoria, non la resa.
Allo stesso modo, il passo falso di Pelosi conferma gli exit poll, secondo cui è stata la “corruzione” ad aver motivato gli elettori a votare contro i repubblicani. Murtha, infatti, non è il testimonial migliore della “Camera più onesta, più trasparente e più etica della storia americana” promessa da Pelosi, visto il suo coinvolgimento in un megascandalo di corruzione degli anni Ottanta. “Nancy Pelosi ha fatto un grande lavoro per riconquistare la maggioranza, ma ora prende posizioni che sembrano indebolire proprio i deputati che sono stati eletti grazie alla campagna contro la corruzione”, ha spiegato Thomas Mann, analista del centro studi democratico Brookings Institution.
A breve esploderà una seconda grana e riguarda anch’essa sia l’Iraq sia la nuova etica anticorruzione. A Pelosi spetta la nomina dei presidenti di Commissione sulla base dell’anzianità di servizio, ma ha già fatto sapere di non voler nominare Jane Harman all’Intelligence Committee. Nancy preferisce Alcee Hastings, afroamericano e molto più liberal di Harman. Costei è deputata della California proprio come Pelosi, ma al contrario di “madame speaker” è stata favorevole alla guerra ed è conosciuta per essere tosta sulle questioni di sicurezza nazionale. Hastings, invece, negli anni Ottanta è stato rimosso da giudice federale per una caso di corruzione, anche se poi è stato assolto nel processo penale.

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