Camillo di Christian RoccaIl flop di Baker

Milano. “Unrealistic”. A George W. Bush è bastata una parolina, pronunciata ieri nel corso della conferenza stampa di Amman col premier iracheno Nouri al Maliki, per togliere credibilità e autorevolezza alla commissione indipendente sull’Iraq presieduta da James Baker, quella che secondo la stampa liberal americana avrebbe dovuto fornire al presidente il suggerimento “realista” decisivo per l’uscita dal caos iracheno. “Questo affare di risolvere la questione andandosene via non ha semplicemente nulla di realistico”, ha detto Bush rispondendo a una domanda dei cronisti e avendo bene in mente le anticipazioni del rapporto Baker. I dieci saggi di destra e di sinistra della Commissione Baker – pochissimi dei quali esperti di cose mediorientali – mercoledì sera hanno raggiunto un accordo sul documento che nella sua versione finale sarà presentato alla Casa Bianca, al Congresso e all’opinione pubblica la settimana prossima. Il New York Times ne ha anticipato il contenuto, svelandone i punti fondamentali. Nessuna sorpresa e nessuna “idea nuova”, al contrario di quanto sperava, o faceva finta di sperare, Bush. Secondo il Times, il documento Baker suggerisce di ritirare dall’Iraq 15 brigate (ovvero tra i 45 e i 75 mila uomini sul totale dei 140 mila soldati del contingente). Non è prevista alcuna data precisa per il ritiro, circostanza che ha già cominciato a far mugugnare i democratici, i quali già sospettano che Baker non abbia voluto mettere in imbarazzo Bush. Il secondo suggerimento è quello di avviare colloqui con Iran e Siria, magari partendo da una conferenza regionale sulla situazione israelo-palestinese, fino ad arrivare a incontri diretti di alto livello con Teheran e Damasco. L’idea alla base del ritiro è quella di responsabilizzare gli iracheni, facendogli capire che l’impegno americano non continuerà all’infinito. Bush non è d’accordo, come ha confermato ieri al premier iracheno, il quale chiede un maggiore impegno americano nell’addestramento delle truppe  irachene. L’esercito americano ha già inviato in Iraq due o tre battaglioni di soldati e, a primavera, Bush invierà altre 20 o 30 mila truppe, come da suggerimento del Pentagono post rumsfeldiano. Quanto agli incontri con Iran e Siria, Bush continua a non averli in agenda e si limita a confermare l’impegno diplomatico multilaterale, ma a patto che Teheran sospenda l’arricchimento dell’uranio.

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