New York. Ci sono due candidati alla presidenza degli Stati Uniti che parlano e agiscono come due marziani a Washington. Uno è il deputato democratico di sinistra Dennis Kucinich, noto per aver mandato in bancarotta la città di Cleveland quando era sindaco e ora per aver visto gli Ufo a casa di Shirley McLaine. L’altro è il suo collega repubblicano Ron Paul, settantaduenne deputato libertario eletto dieci volte in un collegio del Texas. Soltanto uno dei due, Ron Paul, può però vantare la propria effigie su una moneta da un dollaro d’argento, il liberty dollar, in libera circolazione negli Stati Uniti.
Ron Paul è il fenomeno sotterraneo di questa campagna elettorale, il candidato americano per eccellenza, quello che ha raccolto più soldi in un solo giorno, 4 milioni e trecentomila dollari (veri). Ex candidato presidenziale nel 1988 per il Partito libertario (alle primarie aveva sconfitto il musicista Frank Zappa), Ron Paul è un medico ostetrico innamorato delle dottrine economico-filosofiche dei giganti del pensiero liberale classico, da Hayek a Mises, fino ai loro seguaci anarco-capitalisti. Paul crede di essere l’unico vero interprete dello spirito costituente dei padri della patria americana e anche fisicamente somiglia al contadino col forcone da fieno di “American Gothic”, il celebre dipinto di Grant Wood sui tradizionali valori americani, da tempo diventato uno dei simboli dell’arte pop statunitense.
Lo chiamano dottor No, perché Paul si oppone a qualsiasi ingerenza dello stato nella vita privata degli americani. Abrogherebbe entro la prima settimana di presidenza il Dipartimento dell’Istruzione, la Federal Reserve, il sistema di riscossione delle tasse, i programmi federali che forniscono l’assistenza sanitaria ad anziani e poveri, le leggi antidroga e qualsiasi tipo di regolamentazione proveniente da Washington e che non sia espressamente prevista nella Costituzione scritta oltre duecento anni fa.
Paul non fa eccezioni, tanto da non ritirare lo stipendio da parlamentare per non appesantire i costi dello stato. Vota sempre contro ogni legge di spesa e contro ogni tassa. Si è opposto, per esempio, alle medaglie d’oro che il Congresso assegna ai grandi personaggi dell’attualità. Anzi è stato l’unico a dire di no al premio a Giovanni Paolo II, a Madre Teresa e a Rosa Parks, “perché è facile essere generosi con i soldi degli altri”. In alternativa ha proposto ai suoi colleghi un’autotassazione da cento dollari per pagare le spese. E’ contrario all’aborto e alla pena di morte, ma si oppone a una legge federale che li vieti. E’ favorevole, invece, alla ricerca embrionale, in nome della libertà.
Sulla politica estera, Ron Paul è altrettanto radicale, ma in un bizzarro capovolgimento ideologico dei fronti ora le sue tradizionali politiche di destra trovano eco nelle posizioni del Partito democratico e della sua più influente base elettorale. Paul, infatti, è orgogliosamente isolazionista e protezionista, ultima moda anche dell’ala progressista dei democratici. La Casa Bianca di Paul disporrebbe l’uscita immediata non solo dall’Iraq e da qualsiasi paese straniero dove ci sono basi americane, ma anche dalle Nazioni Unite, dalla Nato, dal Wto, dal Fondo monetario internazionale, dalla Banca Mondiale e dai trattati di libero scambio, istituzioni che lui giudica inutili e dannose. L’obiettivo è simile a quello della sinistra no global, ma le ragioni sono opposte: per Paul le organizzazioni e i patti internazionali impediscono ai mercati e all’individuo di agire liberamente.
Insieme con il democratico Kucinich, Paul è l’unico candidato alla presidenza che non avverte il pericolo dell’atomica iraniana e con John Edwards è l’unico concorrente che denuncia presunti complotti dei “neocon”. Nel corso di uno scambio di battute con Rudy Giuliani, Paul ha spiegato che gli attacchi dell’11 settembre sono stati causati dalle politiche americane in medio oriente, condividendo l’analisi della sinistra radicale e di una parte della destra religiosa.
Ron Paul è eccentrico e strano e forse anche pazzo, ha scritto il Chicago Tribune un paio di giorni fa, eppure il suo seguito continua a crescere. Alle primarie è accreditato del 7 per cento e se non dovesse farcela potrebbe candidarsi da indipendente alle elezioni presidenziali del prossimo anno.
L’Fbi, intanto, ha chiuso la zecca privata dell’Indiana che produceva i “dollari della libertà” anche col faccione di Ron Paul e che ha già messo in circolazione monete in oro e argento per un controvalore di 20 milioni di dollari reali. I proprietari della zecca non sono legati alla campagna di Paul, ma il congressman del Texas condivide la necessità di abolire le politiche monetarie centralizzate della Federal Reserve che conducono all’inflazione e al deprezzamento del dollaro. Paul, soprattutto, è favorevole all’idea – messa in pratica dai coniatori dei Dollari della libertà – di dare la libertà ai privati di battere moneta, purché l’emissione sia sostenuta da controvalore in oro e argento.
Christian Rocca