Camillo di Christian RoccaLa tessera non Usa

New York. Vederlo all’opera, in queste settimane che portano alle primarie americane di gennaio e febbraio 2008, il partito senza tessere statunitense è la quintessenza della bellezza della politica, dell’impegno civile, della partecipazione attiva. Questo antichissimo e affidabile modello di organizzazione del consenso popolare, della rappresentanza politica, delle idee e del denaro necessario a farle circolare è nato un secolo e mezzo prima degli attuali partiti continentali europei e, soprattutto, non ha conosciuto le loro degenerazioni politiche, ideologiche e morali. Il partito senza tessere americano agevola il finanziamento privato dei cittadini e consente ai gruppi di pressione, quelli che altrove si chiamano “poteri forti”, di influenzare le scelte politiche in modo trasparente e regolamentato, invece che al riparo dei propri quartierini.
Il partito americano non è soltanto senza tessere e finanziato dai cittadini, ma è anche un partito televisivo e allo stesso tempo militante. La formula si è vista in tutta la sua magnificenza martedì sera all’interno di un campus universitario di Filadelfia, dove i candidati del Partito democratico si sono incontrati in diretta televisiva per la settima volta in una manciata di mesi, e si vedrà ancora questa settimana a Washington, in occasione della riunione dei grandi “donors” democratici.
Mentre mancano due mesi al giorno in cui, in Iowa, gli elettori dei due partiti, quello repubblicano e quello democratico, si riuniranno nei caucus per scegliere un candidato oppure l’altro, i pretendenti alla Casa Bianca girano l’Iowa e gli altri stati contea per contea, paese per paese, porta a porta, partecipando all’incredibile spettacolo di una democrazia diretta e in diretta. La campagna elettorale è contemporaneamente professionale e rustica, centrata com’è sia sugli spot sia sulla stretta di mano. Le stime dicono che questo ciclo elettorale costerà un miliardo di dollari, di dollari non pubblici, necessari a pagare gli spazi tv, arruolare i migliori analisti e aprire comitati locali. Ciò che conta, però, è farsi vedere dal vivo anche nei più piccoli e sperduti paesini, da qui la battuta più di moda in questi serrati giorni di campagna elettorale tra gli elettori del New Hampshire: “Quel candidato? Non lo conosco, gli ho parlato solo due volte”. Lo scontro è aperto, duro, non sempre leale. E il settimo confronto tv di martedì notte è stato anche il più divertente.
(segue dalla prima pagina)  I sette candidati democratici hanno dato vita a un formidabile dibattito televisivo che aveva come esplicito obiettivo quello di far emergere le loro differenze politiche. Ciascuno dei candidati ha elaborato la propria visione dell’America, criticando le posizioni dei compagni in modo schietto e diretto. Hillary Clinton, strafavorita dai sondaggi, è stata attaccata in ogni modo dai suoi più diretti concorrenti,  Barack Obama e John Edwards. Hillary è stata definita dai suoi stessi colleghi di partito “non credibile”, “ineleggibile”, “doppia”, “bandieruola”, “candidata dello status quo”, “candidata dei poteri forti” e portatrice di una politica estera aggressiva simile a quella di Bush. Il dibattito politico si è intrecciato con quello personale, ma Hillary si è difesa spiegando per l’ennesima volta perché è lei la candidata più adatta a guidare il paese. Alla fine del palese scontro di idee e di personalità andato in onda nella sezione tv del partito senza tessere, si è avuta una percezione dei candidati più chiara di quella che sarebbe uscita da una paludata riunione di corrente di un partito tradizionale. 
L’altra particolarità del partito senza tessere è quella dei soldi. Ogni americano può finanziare tutti i politici che vuole, a livello locale, nazionale e federale, per un massimo di 2.300 dollari a candidato, detraibili dalle tasse. In questo modo i candidati democratici hanno già raccolto 224 milioni di dollari e i repubblicani 151 milioni, la maggior parte dei quali potrà essere usata soltanto alle primarie. I comitati elettorali dei partiti, invece, sono autofinanziati dagli eletti, mentre non ci sono limiti di nessun tipo per chi vuole contribuire a campagne politiche specifiche non direttamente legate a un candidato e, soprattutto, non coordinate con il suo quartier generale. In un partito senza tessere, insomma, i poteri forti sono costretti a scendere direttamente in campo, se proprio desiderano intervenire, e non hanno contatti ravvicinati con partiti e candidati. Nel 2004, il gruppo di miliardari liberal guidato da George Soros non ha versato i 135 milioni di dollari anti Bush nelle mani di John Kerry, ma li ha distribuiti alle decine di associazioni in cui è articolata l’offerta politica di un partito senza tessere. La stessa cosa hanno fatto i donatori conservatori con gli ex compagni d’armi di Kerry che hanno messo in dubbio il suo eroismo in Vietnam. Oggi e domani il gruppo di Soros si riunisce a Washington per elaborare una nuova strategia di investimenti, mentre il neonato Freedom Watch conservatore, guidato dall’ex ambasciatore in Italia Mel Sembler e dal miliardario di Las Vegas Sheldon Adelson, pare sia già pronto a spendere 200 milioni di dollari.
    Christian Rocca

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