La fanfara freneticaFrancesco Cafiso, intervista esclusiva ad uno dei Maestri del Jazz del Futuro

In concomitanza con l'uscita di Moody'n per la storica etichetta Verve, Francesco Cafiso, Boy Wonder del Jazz italiano, nato a Vittoria nel 1989, ci racconta la sua formazione e il suo punto d...

In concomitanza con l’uscita di Moody’n per la storica etichetta Verve,
Francesco Cafiso, Boy Wonder del Jazz italiano, nato a Vittoria nel 1989,
ci racconta la sua formazione e il suo punto di vista sulla Musica.

La mappatura accurata del suo percorso di formazione, spiega solo fino ad un certo punto
quali siano i reali mezzi che abbiano operato nell’evoluzione di questo straordinario musicista.

Tuttavia, visto che é uno dei migliori artisti italiani ed è in continuo divenire,
vale la pena conoscerne il talento, che, già quando aveva pochi anni,
è stato unanimamente riconosciuto e salutato come uno dei più significativi
e strabilianti espressi dal nostro Paese.

1- Quale è stato il primo suono che si e manifestato nella vita di Francesco Cafiso?

All’età di sette anni sono stato “iniziato” al jazz ed avendo scelto il sassofono contralto,
inevitabilmente ho ascoltato sin dall’inizio i più grandi contraltisti della storia.

Ricordo di aver ricevuto in regalo una compilation con una raccolta dei maggiori sassofonisti:
Charlie Parker, Lee Konitz, Ornette Coleman, Jackye Mclean, Phil Woods, Art Pepper…

I miei favoriti all’inizio erano soprattutto due: Charlie Parker e Phil Woods.

Del primo adoravo il suo modo di suonare, di intendere la musica,
il gusto e l’assoluto relax nonostante l’utilizzo di grappoli di note velocissime.

Parker è uno dei padri della storia del jazz e credo che, soprattutto per un alto sassofonista
sia impossibile non avvicinarsi a lui, anzi, secondo me, è una tappa obbligatoria.

Di Phil Woods invece amavo molto il suono forte, potente
e ricco di armonici oltre che le sue capacità tecniche.

Col tempo ho imparato ad apprezzare tutti gli altri sassofonisti
e ho sempre cercato di prendere i loro ingredienti migliori, ciò che di loro più mi piaceva,
cercando di filtrarli con la mia personalità e inserirli nel mio bagaglio musicale,
per cercare di raggiungere un suono e un tecnica quanto più originale possibile.

Non è facile ma è quello che cerco di fare.

2 – Dino Rubino, parlacene…

Dino è un grande musicista oltre che un grande amico.

Con lui condivido tante esperienze anche al di fuori della musica.

Viaggiamo tantissimo assieme e questo ci consente di conoscere nuova gente,
nuove culture, nuovi musicisti.

Ci divertiamo un sacco a suonare insieme e concerto dopo concerto scopriamo cose sempre interessanti.

Ultimamente mi sto accorgendo che suonare in duo è molto stimolante
perché ci consente di esplorare ambiti sempre diversi.

Ogni concerto è un nuovo viaggio.

Abbiamo una concezione della musica molto simile e questo ci consente di intraprendere
la stessa direzione musicale e soprattutto fa sì che ci si fidi reciprocamente
per lasciarsi andare e suonare in un modo assolutamente “libero”, senza paletti.

Rubino/Cafiso

3 – Mattia Cigalini, Luigi Di Nunzio, Luigi Grasso… etc etc l’Alto sax è estremamente popolare ora.. merito anche tuo?

Non so se sia merito mio.

Non me lo sono mai chiesto.

I sassofonisti che citi sono miei amici e grandi sassofonisti.

Luigi Grasso l’ho conosciuto quando io avevo nove anni e lui forse undici.
Già suonava benissimo e da più tempo rispetto a me.

Di Nunzio l’ho conosciuto quando ha partecipato e vinto la prima edizione del Vittoria Rotary Jazz Award
e ricordo che mi mi impressionò molto il suo modo di suonare e il suo linguaggio.

Comunque, è bello sapere che ci sono tanti giovani, miei coetanei e colleghi, che suonano ad alti livelli.

Di Nunzio, Cafiso, Nunzi, Zanisi

4 – Cannonball…parlacene…

Cannonball è uno dei maestri del sassofono anche se, ad essere sincero, non è mai stato un mio modello o punto di riferimento.

Conosco benissimo il suo linguaggio e il suo approccio con lo strumento oltre che il suo modo di suonare
ma non l’ho mai approfondito più di tanto.

Non è un musicista dal quale ho ricavato degli ingredienti che ho ritenuto interessanti o utili per la mia formazione.

Questa ovviamente è una riflessione strettamente personale dettata dai miei gusti.

Comunque è stato uno dei più grandi alto sassofonisti di tutti i tempi e bisogna conoscerlo assolutamente.

5 – Bird, un “padre” artistico troppo ingombrante?

Perché troppo ingombrante?

Bird, così come Armstrong, Lester Young, Coleman Hawkins, Duke Ellington,
Strayhorn, Monk, Davis, Coltrane e moltissimi altri sono sempre un punto
di riferimento e una costante fonte d’ispirazione per ogni musicista.

Sono e saranno sempre di estrema attualità perché rappresentano
l’enciclopedia del jazz e chiunque abbia voglia di imparare il “linguaggio” del jazz,
deve attingere dal loro vocabolario per poi, ovviamente, cercare di proiettarsi in avanti, in modo assolutamente personale.

È chiaro che ogni musicista jazz ha delle influenze, delle radici, soprattutto per quanto mi riguarda,
affondate nella tradizione, perché così, secondo me, deve essere.
Se non si conosce la tradizione non si può essere un musicista completo.

La casa si costruisce sulle fondamenta non dall’alto verso il basso.

In “Moody’n”, per esempio, noi suoniamo dei brani della tradizione jazzistica
ma con una concezione moderna, attuale non sempre nella forma ma sicuramente attuale nei contenuti.
Per intenderci, suoniamo “Milestones”, che è un brano degli anni quaranta,
ma le nostre improvvisazioni non sono uguali o simili a quelle di Parker e Davis.

Questo è uno dei dettagli importanti nella mia musica.
La tradizione, a mio avviso, è il trampolino di lancio per il futuro del jazz.

6 – Ornette…parlacene…

Ornette è un musicista che mi affascina tantissimo.

Ha rivoluzionato la musica jazz ed è anch’egli uno dei punti di riferimento.

Anche lui arriva da Parker.

Io non sono un musicista di “free jazz” ma mi piace suonare “jazz free”,
cioè suonare all’interno di una struttura e sequenza d’accordi ben definita ma con uno spirito libero da ogni vincolo melodico e armonico.

Credo che questo me lo abbia trasmesso Ornette.

 https://www.youtube.com/embed/NBnlTrAgAA4/?rel=0&enablejsapi=1&autoplay=0&hl=it-IT 

7 –

Parlami di “Moody’n”.
Anche se non è un disco di ballads, mi dà quella sensazione poiché lo sento rilassato, morbido,
elastico e pieno di forza contenuta… sarà perché non c’é la batteria..

In questo album ho voluto rifarmi appositamente ai miei modelli del passato o comunque mi sono ispirato a loro.

In “Moody’n” ho voluto fare volutamente un ritorno al “mood” jazzistico entrandoci dentro col cuore.
“Moody’n” in realtà,è una parola che in inglese non esiste ma ha un suono che mi piace molto.

Il significato che gli ho attribuito si capisce facilmente: “dentro il mood”, il mood del jazz, il jazz che piace a me.

Per fare questo ho scelto dei brani della tradizione molto belli e ho scritto delle composizioni
in stile che facessero meglio risaltare il suono del gruppo e facendo anche dei sinceri tributi
ai grandi del jazz del passato come per esempio a Monk.
Mr Knom Hats è dedicato a T. Monk (Knom è Monk letto al contrario).

Per quanto riguarda “ In a ghost way of love” invece, per certi versi, mi sono ispirato a Duke Ellington.

La musica è distribuita tra noi della band in modo equo e non mancano le parti da solista.

Del resto, per noi jazzisti, l’improvvisazione è la linfa vitale.

Ho cercato di distribuire le improvvisazioni nel modo più intelligente ed equilibrato possibile.

Siamo un “gruppo” nel vero senso della parola.

Ognuno di noi è persino disposto a non improvvisare se questo è necessario affinché la musica funzioni e risulti sempre fresca.

Ci si mette sempre in discussione per migliorarsi cercando di essere onesti e sinceri nei confronti della musica.

Io sono il leader del gruppo ma ognuno di noi esprime liberamente il proprio prezioso parere.

È il gruppo a fare musica e non il singolo individuo e questo fa sì che chi ascolta, abbia la sensazione che nessuno emerga come solista.

 https://www.youtube.com/embed/FC-ZkPE_KX8/?rel=0&enablejsapi=1&autoplay=0&hl=it-IT 

8- Che piani hai per l’immediato futuro?

Ci sono tante belle novità, tanti progetti e tante idee… Ne riparliamo quando queste si concretizzeranno.

Posso anticipare che andrò in Messico a Marzo con l’Island Blue Quartet e in America ad Aprile e Maggio
e che l’estate sarà densa di collaborazioni e concerti.

Una delle tappe estive più importanti è Umbria Jazz.

9 – Stai ancora studiando o ti consideri soddisfatto?

Io non sono mai soddisfatto, sono obbiettivo nei miei confronti:
so riconoscere quando faccio bene e quando no.

A volte sono persino eccessivamente ipercritico nei miei confronti
ma questo credo sia l’atteggiamento giusto per evolversi.

Nella musica non si arriva mai: è un’avventura incredibile, un viaggio che non finisce mai,
è una continua esplorazione di nuovi ambiti.

Non si sa mai troppo sulla musica perché è infinita.

Cafiso /Lovano

10 – Quanto studi e cosa studi ogni giorno..

Non ho mai studiato con l’orologio accanto… non lo so, dipende…
studio fin quando ne ho voglia, senza stressarmi o forzarmi.

Ogni giorno ascolto diversi dischi di diversi autori (anche di musica classica)
e mi fermo dove ritengo ci siano cose interessanti da approfondire.

Dopo aver ascoltato cerco di prendere le cose migliori ascoltate,
filtrandole con i miei gusti e trasferirle, provandole alla mia maniera, nel mio suono e nei miei contenuti.

11 – Fresu, parlacene…

Ammiro Fresu nella sua globalità: grande musicista, persona molto colta,
attento e intelligente, un grande promoter, un musicista aperto e grande promotore di se stesso.

Mi sembra che abbia un’energia inesauribile.

Amici miei musicisti, molto vicino a lui, mi dicono che riesce a fare mille cose contemporaneamente,
anche molto diverse tra loro e che è in costante movimento.

La cosa scioccante è che tutte queste cose le fa benissimo.

12 – Rava parlacene…

Lo “Zio” Enrico…

Enrico è un grande musicista dotato di grande carisma ed esperienza ed è diventato
l’ emblema del jazz italiano soprattutto negli ultimi anni.

Ho avuto il privilegio di suonare con lui quando ero più piccolo ed è stata un’esperienza molto forte e formativa.

Mi piacerebbe rifarla adesso, a distanza di qualche anno.

13 – Massimo Urbani parlacene…

Io non ho avuto né l’onore né il privilegio di conoscere Massimo.

Era un talento pazzesco dotato di una musicalità strabordante.

Lui riusciva a comunicare tantissimo con la sua musica.

La musica in fin dei conti è comunicazione e in questo Massimo era un maestro.

Non sempre riusciva a comunicare sentimenti di gioia o felicità anzi, spesso,
comunicava rabbia e sofferenza ma comunque sprigionava un’energia incredibile e disarmante che ammaliava e ipnotizzava.

Sarebbe stato meraviglioso conoscerlo.

Urbani

14 – Che musica ascolti al di fuori del Jazz?

Ascolto tutto ma insisto solo su ciò che più mi appaga all’ascolto.
Ascolto anche tanta musica classica.
Trovo che per me è una grande sorgente di ispirazione.
È stimolante e mi aiuta molto a trovare anche spunti per le mie composizioni.
Ultimamente ho scoperto che mi emozionano tantissimo anche le grandi opere liriche.

Cafiso /Marsalis

È uno dei talenti più precoci nella storia del jazz.
Già a nove anni muove i primi passi facendo esperienze con musicisti di fama internazionale.
Decisivo per la sua carriera è l’incontro, nel Luglio del 2002, durante il Pescara Jazz Festival
con Wynton Marsalis che, stupito dalle sue qualità musicali, lo porta con sé nell’European tour del 2003.
Da allora, Francesco ha suonato nei Jazz Festival e nei Jazz Club più importanti del mondo.
Ha vinto diversi premi importanti tra i quali il Premio Nazionale Massimo Urbani a Urbisaglia,
il premio EuroJazz a Lecco, l’International Jazz Festivals Organization Award a New York,
la World Saxophone Competition a Londra, il Django d’Or a Roma e molti altri prestigiosi riconoscimenti.
Per migliorare l’inglese, ma soprattutto per fare esperienze di ascolto di nuovi generi e stili musicali,
è stato a New Orleans, dove ha suonato con Ellis Marsalis, Jason Marsalis, Thadeus Richard,
Bob Franch, Maurice Brown e con molti altri importanti musicisti del luogo ricevendo,
contemporaneamente, delle speciali lezioni da Alvin Batiste.
Nel 2005 lo Swing Journal, l’autorevole rivista giapponese di musica jazz, gli ha conferito
il New Star Award premio riservato ai talenti stranieri emergenti e subito dopo, si è affermato nel Top Jazz,
referendum della rivista italiana Musica Jazz, che lo ha riconosciuto miglior nuovo talento dell’anno.
Ha suonato con grandissimi musicisti quali: Hank Jones, Cedar Walton, Dave Brubeck,
Mulgrew Miller, Ronnie Matthews, Jimmy Cobb, Ben Riley, Ray Drummond,
Reggie Johnson, Doug Sides Lewis Nash, James Williams, Joe Lovano, George Mraz, Joe Locke,
Adam Nussbaum, Enrico Rava, Gianni Basso, Dado Moroni, Franco D’Andrea Franco Cerri e moltissimi altri italiani ed americani.
In Febbraio del 2006 Francesco ha conseguito il Diploma in Flauto Traverso
con il massimo della votazione al Liceo Musicale V. Bellini di Catania.
Dal 2008 è direttore artistico del Vittoria Jazz Festival a Vittoria sua città natale.
Il 19 Gennaio del 2009 ha suonato a Washington DC durante i festeggiamenti
in onore del Presidente Barak Obama e del Martin Luther King Jr. day.

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