Aldo Bassi
Il mio punto di vista e’ che siamo sempre stati nella crisi noi jazzisti e adesso che c’e’ la crisi io non me ne accorgo..
Lavoro quanto prima ovvero quasi niente! Come campo? Insegno! Insegno a giovani musicisti che quando
saranno grandi insegneranno per il 99 % anche loro! Uno su mille ce la fa! Ma di questa misera percentuale
non sempre per meriti musicali! E’ una vera merda! Ci vuole pluralità e non sempre le solite facce..
Ci vuole un decreto che obblighi gli imprenditori della musica a far suonare gli Italiani in maggior percentuale..
Ci vogliono investimenti sostanziali sulla cultura, ma ben riposti.. Ci vuole meno provincialismo e meno esterofilia..
Ci vuole amor proprio e amore per il nostro paese, per la nostra cultura, per il bello, il ricercato, e non per l’ovvio
o per il circense di seconda categoria. Spero di riuscire a porre fine a tutto questo. Come?
Certo non da solo! Non sono cosi’ megalomane da pensarlo e neanche così potente da poterci riuscire.
Credo che, dal momento che noi musicisti siamo degli individualisti di merda, la soluzione
sta nel farlo ognuno per proprio conto. Non mi voglio mettere a capo di un movimento..
Per poi vedere il giorno dopo il musicista che al mio fianco inneggiava alla pluralità
e ai diritti che ci meriteremmo di avere, lavorare alle solite condizioni (se non inferiori) alla faccia mia!
Non ci tengo proprio ad essere santificato in quanto martire.
L’unica soluzione secondo me e’ quella di sensibilizzare ognuno di noi ad insorgere per i ns diritti.
Si potrebbe fare proprio come stiamo facendo in questo istante.. Ovvero su facebook..
Proprio oggi parlavo di questo ad un collega musicista.
L’unica altra alternativa sarebbe quella che ha un minimo funzionato fino ad oggi ovvero quella politica..
Ma questa andrebbe a favore di pochi come e’ sempre stato!..
Ricordo male o la casa del jazz doveva servire a far suonare un po’ tutti??
Siccome non e’ così, ribattezziamola la lobby del jazz!
Ada Montellanico cantante
La situazione che viviamo è veramente ad un punto drammatico.
La cultura di cui avrebbe tanto bisogno questo paese fa parte di quell’ “inutile”
di cui si può fare a meno,mentre sarebbe la linfa necessaria per vivere.
Eppure al contrario vediamo accrescere il numero di persone che seguono concerti,
che frequentano musei, che affollano i Festival delle Scienze, della filosofia, della letteratura.
La cultura oltre che far crescere la sensibilità e l’intelligenza delle persone produce ricchezza,
ma stranamente gli ultimi a crederci sono le istituzioni. Oppure diciamo meglio
che abbassare il livello culturale serve a rendere un popolo inerme e con poco senso critico.
Quello che possiamo fare noi artisti è resistere. Unirsi per creare manifestazioni
che possano essere momenti di confronto, ma innanzitutto continuare a progettare
anche a cachet ridotti, continuare a sviluppare idee nuove.
la più grave malattia di cui noi musicisti siamo affetti è l’individualismo.
Eppure non dovremmo, facciamo musica insieme agli altri, però in casi
come questo, tendiamo ad un isolamento che ci rende miopi e quindi impotenti.
Il Teatro Valle insegna, in quanto la loro forza nasce dall’essere molti
e questa multitudine ha generato filiazioni. In pochissimo tempo è
diventato luogo di incontro e di programmazione artistica alternativa.
Ha creato qualcosa di inedito e le stesse istituzioni hanno dovuto prenderne atto.
Questo vuol dire che insieme possiamo tentare di passare il guado di
questa gravissima crisi, che in quanto crisi significa temporanea,
o almeno questo è il mio augurio per tutti.
Ma questo succede già da qualche anno: non è una novità.
E’ sicuramente cambiato il mondo; gli interlocutori
che ci troviamo davanti sono molto meno preparati – culturalmente e professionalmente –
di quanto non fossero i loro predecessori; la finanza in sé e per sé ha sostituito la produzione;
siamo tutti diventati più poveri (sto parlando del ceto medio, non solo delle fasce marginali:
in realtà si è accentuata la forbice fra i super-ricchi e tutti gli altri.
Le nuove generazioni cercano soprattutto uno svago che non le faccia pensare.
Per quanto riguarda i concerti, però, a me personalmente non è cambiato niente:
malgrado i successi di critica continua ad essere estremamente difficile portare in giro la mia musica.
Cosa fare? Ritrovare valori che sono stati cancellati da questi anni di orgia consumistica;
e per questo bisognerebbe ripartire dalla famiglia (in crisi dal ’68) e dalla scuola
(in crisi dal ’68 e schiacciata da interventi assurdi da parte di qualsiasi governo si sia succeduto).
Poi, pensare che tutto questo non può essere fatto da un giorno all’altro, ma ci vorrà molto tempo.
E un’azione coordinata della società civile, ma anche della politica e (perché no?) della Chiesa.
Beatrice Zanolini, cantante
Purtroppo la crisi è generalizzata in moltissimi
settori, non solo in quello artistico / musicale.
Questo però è forse quello
che più di tutti si è impoverito anche per disinteresse da parte delle
istituzioni: nessun bando, fondo o finanziamento nemmeno per iniziative
pregevoli; nessun sostegno agli sforzi dei privati magari disposti ad
organizzare qualcosa.
A Milano, per esempio, se proponi un evento “di strada”
che coinvolga la gente il Comune non aiuta nemmeno agevolando con permessi o
autorizzazioni relative alla viabilità o alle affissioni: non dico di dare
soldi, ma almeno dai servizi…Niente, anzi ti osteggiano e se non fosse per
qualche commerciante volonteroso e generoso che si autotassa sparirebbero anche
queste occasioni di portare la musica tra la gente.
L’anno scorso, al quartiere
Isola, ho messo insieme 15 trii jazz e li ho messi per strada, sparsi agli
angoli delle vie, nelle piazzette, due ore: la musica invadeva le strade,
scendevano perfino le vecchiette in pigiamo a vestaglia ad ascoltare;
i passanti si fermavano; i giovani si sedevano sui marciapiedi; qualche
negoziante offriva un bicchiere di vino e della focaccia: una meraviglia!
Tutto autogestito ed autofinanziato. Una serata di aggregazione di quartiere come
potrebbero essercene a decine in una città come la mia…
E sui locali stendo un velo pietoso…
oltre al fatto che c’è una imbarazzante ignoranza da parte di
tanti gestori, anche quelli buoni e seri non riescono a fare i conti con la
cassa a fine serata e troppo spesso propongono di darti una percentuale
sull’eventuale incasso non potendoti garantire un cachet.. Una tristezza, una
desolazione…
E’ anche vero che in giro c’è tanta fuffa tra gli artisti! Ci vorrebbero
persone del settore, preparate e competenti, a ricoprire cariche di tecnici –
se non di politici – nelle amministrazioni.
Niente come l’arte, la musica e lo
sport possono comunicare trasversalmente e passare messaggi importanti e che
restano impressi. Io da anni cerco di avvicinare il mondo delle imprese (per il
quale lavoro, vista la mia principale attività professionale) alla cultura,
all’arte. Tutti i progetti più belli che ho fatto li ho portati a termine
grazie all’intervento di alcune imprese che hanno creduto nella cosa e che
hanno investito in prima persona. Ci vorrebbe una guida seria che permettesse
questo avvicinamento.
Non esiste più il tempo in cui un’impresa poteva
permettersi di spendere grandi cifre per eventi di rappresentanza di facciata,
o per paginone di pubblicità, ecc.
Oggi una Piccola Media Impresa deve fare
investimenti oculati, mirati e di spessore, magari con un significato anche
sociale. Quante cose si possono fare con la musica per soddisfare queste
esigenze?
Quello che dici fa male, rigira il coltello in una piaga latente e
racconta di una povertà intellettuale e morale che non è dell’Italia vera, un
meraviglioso paese con risorse straordinarie e potenzialità enormi…e così mi
infervoro!
Andrea Tofanelli
Trombettista solista
Non ho le idee ben chiare al riguardo. Infatti le mie sensazioni sono molteplici, e spesso contrastanti.
Forse dipende proprio dal fatto che a tutt’oggi, nel 2011 e a 46 anni suonati, ho vissuto professionalmente,
e sottolineo professionalmente, molteplici realtà della musica, in molteplici periodi della mia vita e
quindi di riflesso anche della storia italiana.
Io ho iniziato a studiare musica e a suonare la tromba nella banda del mio paese,
ma già a 14 anni giravo la Toscana con insegnanti e musicisti professionisti
che provenivano direttamente dalla generazione delle grandi orchestre dell’era dello Swing,
delle big bands, del bebop, del jazz modale, ma ho anche recepito in modo abbastanza confuso
tutta la musica di contestazione degli anni ’70, passando poi dalla plastificazione
della musica pop italiana ed europea degli anni ’80 (che purtroppo ho odiato profondamente).
Infatti, negli anni ’80 ho lavorato molto nella musica classica, tra stagioni operistiche e sinfoniche, orchestre da camera.
Negli anni ’90 ho invece esplorato la parte più commerciale della musica dal vivo, passando
addirittura dalle orchestre da ballo e approdando a lavorare in televisione.
Oggi suono di tutto, con una specializzazione strumentale che mi permette di lavorare
molto sia in Italia che all’Estero, ma con una prevalenza in campo jazz,
sia orchestrale che solistico, e della musica leggera.
Se ripenso al mio passato di giovane musicista, si mescolano tra di loro
i ricordi degli odori dei costumi di scena della bandina di Boheme alla stagione operistica del Festival Pucciniano di Torre del Lago,
ma anche l’odore forte dell’ottone che restava tra le dita suonando i vecchi strumenti della banda.
E anche il fumo delle sigarette dei jazzisti con i quali suonavo, da ragazzino, nelle big bands della mia zona.
E anche l’odore dei dischi in vinile appena aperti, e il ricordo della tromba nitida di Nini Rosso che suonava
la “ballata di una tromba” e “Il Silenzio”, ma anche la voce rasposa di Louis Armstrong.
E poi i lunghi viaggi per muoversi da un concerto all’altro, senza i cellulari, telefonando a casa dai telefoni a gettoni.
Ma ricordo anche concerti di musica contemporanea, fortemente sponsorizzati e pubblicizzati dalla critica, con 5 spettatori in sala.
E ricordo sale da ballo stracolme di persone che giravano vorticosamente al ritmo del valzer e delle mazurke.
Chissà dove sta veramente il confine tra cultura dotta e popolare…e quale delle due sia migliore dell’altra.
Ma ricordo, soprattutto e senza ombra di dubbio, che il musicista era una figura
ben definita, e che aveva un suo magico prestigio.
Oggi è tutto cambiato, e continua velocemente a cambiare per andare…non si sa dove.
Ci passo in mezzo, ma mi rendo conto che posso soltanto cercare di adattarmi
a quello che vivo professionalmente, e non posso in alcun modo modificarlo.
Esiste una crisi economica globale, ma che nasce dall’esasperazione della ricerca
della ricchezza di pochi a danno di molti. Non ha senso sentir parlare di finanza internazionale,
bunds, spread, miliardi di euro di debiti da risanare, e vedere contemporaneamente bambini
morire di fame nei Paesi del terzo mondo o in molte zone del Sudamerica,
dove un pezzo di pane viene accolto come se fosse il più prezioso e valutato titolo azionario.
C’è stata esasperazione, anche in campo musicale.
Negli anni si è dato valore di cultura a certe forme d’arte e ad un certo tipo di espressione musicale
che forse non dovevano così sopravvalutate, e sono stati elevati a livello di divinità alcuni artisti
che in realtà non avevano bisogno di essere così sopravvalutati e soprattutto sopra-remunerati.
In definitiva, esasperazione su esasperazione, il sistema costruito sempre più vorticosamente
sulla ricerca dell’esasperato tornaconto personale è esploso, come ogni sistema
che viene portato all’estremo delle sue possibilità e che alla fine esplode distruggendo tutto.
Oggi ci troviamo nel mezzo di questa esplosione, e l’unica speranza è che possa rinascere qualcosa di buono,
togliendo di mezzo tutto il surplus negativo costruito a forza, e che non aveva ragione di esistere.
Forse andremo verso un futuro con pochi e rari musicisti professionisti,
perchè grazie alla tecnologia chiunque potrà suonare e farlo pure bene,
senza bisogno di studiare a fondo la musica oppure uno strumento musicale giornalmente per anni ed anni.
Questo toglie inevitabilmente prestigio a chi fa musica, sminuisce il profondo lavoro che sta alla base
della preparazione di un musicista professionista e lo getta in un cestino.
E infatti, spesso chi approccia la musica in questo modo non ha assolutamente rispetto per i musicisti, anzi li prende in giro.
Oppure, chissà, magari andremo verso la riscoperta di quella figura di musicista
che ingloba cultura, arte, genialità ma anche disciplina e sacrificio,
che proprio per questo si eleva nella sensibilità e nella possibilità di dare profonde emozioni a chi lo ascolta suonare.
E’ questa la caratteristica fondamentale del musicista.
Un musicista non crea qualcosa che si può consumare, come una pizza,
o che si può utilizzare, come un paio di scarpe, un telefono, ecc…
Le emozioni che dà la musica smuovono l’anima e danno un qualcosa che nient’altro può dare, ma sono intangibili.
Quindi, oggi come oggi, con l’aria che tira, siamo ritenuti abbastanza inutili.
Un’altra riflessione che mi viene da fare è che oggi, grazie alla globalizzazione
e ad Internet abbiamo tutta la musica a portata di mano, al 90% gratis, e tutto questo toglie prestigio e credibilità alla musica, la sminuisce.
Se tutti possono fare una cosa, o se tutti possono usufruire facilmente e gratuitamente di una cosa,
questa cosa automaticamente perde valore.
In Italia, poi, si è cercato di cancellare l’importanza di una cultura musicale, e di definirne la qualità.
Per finire…oggi sono docente di conservatorio, giro l’Italia e il mondo suonando la mia tromba,
ma sono molto deluso da quello che ho vissuto soprattutto qui in Italia, dove hanno
fatto di tutto per smontare e declassare un lavoro che richiede una vita di sacrifici e dovrebbe essere remunerato in bel altro modo.
In Italia non abbiamo un sindacato, e mai ci sarà, proprio perchè in realtà un solo sindacato
non riuscirebbe a tutelare le contrastanti e complesse figure professionali che rappresenterebbe in ambito musicale,
e che entrerebbero in conflitto internamente tra di loro.
La qualificazione e il prestigio se ne sono andati, smantellati dall’imperante non-cultura.
Siamo in brutto periodo, che storicamente va contro a quello che il nostro lavoro rappresenta,
e quindi sarà difficile ricostruire il mondo musicale dal quale siamo nati e che oggi non c’è più.
Purtroppo credo che l’unica possibilità di fare il musicista in modo qualificato,
tutelato e prestigioso, con tutti i vantaggi economici e professionali che ne conseguono,
sia quella di emigrare all’Estero, dove è palese e si può toccare con mano il differente rispetto verso la cultura e le arti.
Non ho altre soluzioni da suggerire se non, a livello generale, quella di cambiare
tutto quello che ci hanno propinato come indispensabile in questi ultimi 30 anni
e che invece serve solo a controllare i nostri pensieri e le nostre azioni, influenzando e condizionando le nostre vite.
Occorre che tutti riscoprano, e in fretta, una nuova dimensione
ma soprattutto riscoprire quella parola magica che regola il mondo e che lo mette equilibrio, disciplinando tutto quello che facciamo: l’etica.
E anche il mondo della musica rinascerà a nuova vita.
-
Andrea Celeste, cantante
YES WE CAN!
“Partendo dal presupposto che ho cominciato a muovermi in questo ambiente quando
avevo 11 anni, ovvero 14 anni fa, momento in cui la crisi musicale cominciava
a sferrare i primi veri duri colpi, non ho mai avuto la fortuna di vedere momenti
di grande prosperità e gioia…
In poche parole, per me questa crisi c’è da sempre ed è una condizione normale!Penso che per uscirne, o perlomeno per sopravvivere ad essa, dovremmo
analizzare bene quali sono stati gli errori commessi nel passato.
Mi dispiace dirlo, ma credo fortemente che la crisi attuale
non sia solo colpa del “governo ladro”, ma sia anche una conseguenza di molteplici
atteggiamenti errati e disattenzioni che si sono sommati fino ad esplodere e a creare un caos esagerato.
E non parlo solo di scelte sbagliate solo da parte di produttori e direttori artistici,
ma anche da parte di musicisti, i veri protagonisti (vittime e carnefici a loro volta) di questa storia.Dino Betti Van der Noot
Non è facile esprimere in poche righe cosa davvero sento nei confronti di questa crisi,
ma fondamentalmente la vedo come uno spunto di riflessione e uno stimolo per cercare di migliorarsi in tutto e per tutto.Se per esempio tutti cominciassimo a dire no a serate gratuite, a produttori
che ti fanno comprare il cd che tu hai prodotto a tue spese e che contiene il tuo stesso lavoro,
al suonare sempre i soliti quattro titoli per accontentare il direttore artistico tal dei tali e dare di conseguenza
meno importanza alle proprie composizioni e quindi al proprio messaggio, il cambiamento comincerebbe
a vedersi da subito! Lo dico perchè ogni giorno mi trovo alle prese con queste scelte
e sto sinceramente cercando di fare del mio meglio per mantenere il mio percorso pulito e coerente per i motivi sopra citati.Dobbiamo essere noi musicisti a dare valore al nostro operato, anche se abbiamo un governo
che ci disdegna e l’unica scuola pubblica in europa a considerare la musica una materia di svago e non di studio.
Possiamo rieducare gli altri attraverso la nostra musica e le nostre scelte, ispirare un cambiamento.
La musica influenza le persone nel profondo perchè dialoga con le loro emozioni…
A mio avviso abbiamo gli “strumenti” per cambiare le cose, basta crederci e volerlo davvero.”