Nel nostro viaggio alla scoperta di personalità nuove e significative del jazz contemporaneo,
oggi incontriamo Mauro Gargano, un bassista pugliese che da molti anni si è trasferito in Francia.
Lì ha trovato tutto.
Una carriera soddisfacente, il riconoscimento del suo talento e non ultimo,
l’amore.
In Francia può suonare, sperimentare, incontrare musicisti internazionali
con cui confrontarsi e portare avanti i suoi progetti.
Cosa che qui in Italia pochissimi riescono a fare.
Inviterei i lettori a riflettere sulla situazione drammatica in cui i nostri artisti vivono.
Mauro è un uomo molto coraggioso, ha preso e se ne è andato..
ma le stesse opportunità trovate a Parigi, dovrebbero
essere rintracciabili anche nel nostro paese.
Nel progetto di Rinascita culturale e artistica del nostro Paese, se MAI ve ne fosse uno in corso,
dovremmo davvero considerare prepotentemente le condizioni disagevoli in cui versano gli artisti.
E risolverle con interventi mirati e seri.
Basta davvero poco..
Enjoy Mauro Gargano
1
Che cosa ti ha spinto a lasciare l’Italia?
Diverse ragioni fra cui l’amore..
Ho incontrato nel 98 durante Siena Jazz una pianista francese,
e dopo poco tempo l’ho seguita a Parigi dove risiedeva.
All’epoca vivevo a Bari e sentivo di voler allargare i miei orizzonti e imparare in una realtà nuova e stimolante.
Non é stato facile all’inizio, sopratutto economicamente,
ma poi con il passare del tempo ho acquistato fiducia in me stesso
e sono contento di questa esperienza.
2
Che strumento hai desiderio di imparare a suonare?
Il flauto come Nicola Stilo!…
é stato un sogno vero che ho fatto durante il mio terzo anno di studio a Parigi.
In quel periodo avevo la tendinite ed ero impossibilitato a suonare.
Una notte sognai di trovare sul tavolo del soggiorno un flauto
e di incominciare a suonarlo subito con grande virtuosismo come Nicola Stilo,
pensando dentro di me: “ma chi me lo ha fatto fare di suonare il contrabbasso?”.
3
Quanto studi al giorno
Studierei tutto il giorno se avessi il tempo…
4
Quando componi?
Nella fretta!
Un giorno suonavo con Michel Legrand in Francia,
eravamo a tavola e volevamo farci raccontare
aneddoti sulla sua vita di compositore per il cinema..
Rimasi molto sopreso nella scoprire che anche lui era un compositore dell’urgenza.
La maggior parte delle sue composizioni di successo per il cinema
sono state elaborate nella fretta, e nell’urgenza di una scadenza.
Lui é convinto che solo “la scadenza” sia capace di attivare
un meccanismo creativo in cui tutti i sensi si “accendono”
per elaborare un messaggio musicale che sia centrato
e in linea diretta con le proprie emozioni e scevro da intelletualismi tecnici alle volte inutili.
Sono abbastanza in sintonia con questa sua analisi tenendo conto che la maggior parte delle composizioni di cui sono contento sono state scritte nella foga.
Ora cerco di organizzarmi, e di obbligarmi a comporre meno di “pancia”, mediando e cercando di rielaborare anche le tante nozioni apprese durante i miei studi di arrangiamento e composizione.
5
Il gruppo dei tuoi sogni
É quello che vorrei portare in studio di registrazione
per il mio nuovo progetto “Suite for Battling Siki”:
Jason Palmer-tromba, Ricardo Izquierdo-sax ten,
Manu Codjia-chitarra, BojanZ-piano, Nasheet Waits-batteria, Adama Adepoju-recitazione..
É un progetto nuovo che ho portato in concerto al festival “Bari in Jazz”
per il ventennale della morte di Miles Davis.
La musica si concentra su tre piani musicali sovrapposti, il racconto della vita di Battling Siki (primo campione africano di boxe della storia), i sei rounds di Battling Siki contro Georges Carpentier,
e un dialogo immaginario fra il pugile e il suo allenatore durante i minuti di riposo fra i rounds.
La suite é costruita con una architettura più scenografica che musicale.
E la presenza di due attori recitanti avvalora questa sensazione di visualizzazione degli eventi che si susseguono.
Cerco finanziamenti , ma al momento attuale é così difficile realizzare progetti “fuori dagli schemi” quando non sei già conosciuto e sulla breccia… e vista la crisi.. speriamo bene.
6
Madonna o Lady Gaga
Nessuna delle due.
7
Mingus e Jimmy Garrison
Il Blues e l’energia! Sono figlio loro…
“Haitian fight song” e Money Jungle hanno cambiato
la mia maniera di suonare e di concepire la musica..
Ogni volta che ascoltavo Mingus mi ritrovavo proiettato
in quelle atmosfere fumose e ambigue della New York
degli anni 50, in una cadillac inseguita dai gangsters.
Ha avuto la capacità di farmi visualizzare più di tanti altri un contesto storico
e sociale di allora, sia nel suo aspetto drammatico che in quello
gioiosamente sguaiato delle dancing hall.
E altrettanto ha fatto il Jimmy Garrison di “Love Supreme” e di “Crescent”…
più legato ad una dimensione soffertamente catartica e spirituale, ma ammantato da questa impressionante energia liberatoria e combattente.
8
Scott La Faro e Scott Colley
La melodia e il suono! Ho tanti padri e ci sono anche loro!
Quando agli inizi scoprii che”Portrait in Jazz” di Bill Evans
era stato registrato nel ’59 mi prese un colpo!
Era già modernissimo nella tecnica e nel fraseggio,
con una spiccata ricerca dell’interplay e contrappunto al solista.
Di colpo il baricentro della ritmica di jazz, che fino
ad allora era ancorato al dialogo solista-batterista, aveva un nuovo metro di paragone.
Grazie al suo virtuosismo melodico e ai suoi “legati”,
sdoganava definitivamente il contrabbasso da quel ruolo a cui sembrava incanalato.
Dopo la morte di LaFaro secondo me si é dovuto aspettare ancora 10 anni
per rimettere in causa il ruolo dello strumento, grazie a Peacock, Gomez, Holland.
Scott Colley attualmente é uno dei bassisti che mi piace di più ascoltare,
perché ha un suono unico ed una capacità di far cantare suonando
con le dinamiche e gli effetti possibili con lo strumento.
Lui é sicuramente un figlio di Scott La Faro, ma anche di Marc Johnson
per questo “legato” straordinario del fraseggio che lo rende riconoscibilissimo.
Mi aggiungerò da solo una domanda “8bis” perché mi mancano
ancora due “maestri” senza i quali il contrabbasso non può andare avanti:
Stefano Scodanibbio e Bruno Chevillon?
É il versante europeo e contemporaneo che rappresenta
l’evoluzione dello strumento nel futuro.
Tutte le tecniche inventate da Stefano Scodanibbio saranno,
secondo me, applicate fra i nuovi improvvisatori di domani,
e voglio ricordarlo perché é recentemente scomparso.
Ho avuto l’onore di studiare con lui che era un vero genio
della musica, ed era italiano.
Bruno Chevillon é un figlio di Stefano anche lui sta facendo un lavoro,
al di là di tutti i cliché e tradizioni americane, un lavoro straordinariamente creativo
e nascosto sfruttando tutte le possibilità dello strumento amplificato anche elettricamente.
9
Il mondo del jazz di oggi, come lo vedi
Ho troppa poca esperienza per definirlo..
Posso soltanto ascoltare il parere di coloro che hanno
più esperienza di me per riconoscere i ricorsi storici e guardare
l’attualità con occhi più obbiettivi.
Nel mio piccolo ho l’impressione che mai come adesso si sia
arrivati ad una sintesi stilistica che prevede l’integrazione
di idiomi musicali e ritmici provenienti da ogni dove, e non soltanto dagli USA.
Oramai il contributo al jazz é realmente mondiale, a mio avviso.
L’accademizzazione dell’insegnamento in generale sta facendo
venire fuori musicisti straordinariamente preparati e onnivori.
Ma forse sforna anche musicisti molto chiusi e dogmatici in tutti i sensi,
che hanno la spiccata tendenza a buttarsi giù e a non credere
nelle loro capacità perché europei, e a cercare nella uniformità una zona protetta.
Questo trovo che sia sbagliato.
L’unica cosa sicura é che il jazz di oggi a giudicare da quello
che mi raccontano miei amici più anziani paga di meno…
10
Parigi è un’illusione?
Lo é ancora per molti.
É ancora una città bellissima fatta di incontri straordinari
con gente veramente integra nella propria arte.
Grazie anche al fatto che lo Stato ancora coccola
i propri artisti come una risorsa e un fiore all’occhiello.
Si sentono ancora “l’exception culturelle” in Europa
e intendono mantenere questa facciata per questioni di prestigio.
Ma anche per questioni economiche perché comunque
il bacino di utenza della cultura é enorme e porta soldoni anche allo Stato.
Durerà questa illusione?
Non lo so, perché vista la crisi, e il governo disastroso di Sarkozy,
il futuro non é roseo neanche qui.
La città é costosa, ci sono tanti musicisti e meno posti per suonare.
Ma poi basta passare una nottata per concerti in giro per la città,
o per vernissages, e l’entusiasmo ritorna.
Mal comune mezzo gaudio!
11
Perché l’Italia non aiuta i suoi talenti?
Lungo discorso…
Forse perché é uno Stato “padre-padrone”, fa figli e poi se ne disinteressa
pensando ad altro, sopratutto al Sud..
Il contrario dello stato francese che é più “madre” nel suo funzionamento.
Pretende ma ti dà molto.
Il problema forse é la latitanza dello Stato.
L’Italia sembra un paese senza stato, in cui tutto é in mano a lobbies,
caste, gruppi di potere che si alternano e distruggono
tutto quello che é stato fatto prima da altri.
Non c’é continuità in niente.
Di conseguenza si costruisce sempre su nuove macerie.
Velleitarie, instabili, incostanti.
Un paese ricchissimo ma sbilanciato, ingiusto, e senza memoria.
Penso anche che ci siano così tante cose di fondamentale
importanza da mettere a posto nel nostro paese,
che per ovvi motivi noi artisti passiamo sempre e comunque in secondo piano.
Il problema é che poi le cose importanti non le risolvono comunque!
Quanti italiani emigrano o stanno emigrando in questo momento?
Sembra inquietare qualcuno? Sembra di no a parte noi..
et voilà un passo indietro a 150° anni fa quando gli italiani emigravano in massa dal Sud,
cosa che non sembrò inquietare i piemontesi allora…
30 milioni di emigranti dal 1861 al 1920.. e dopo ?
Mi sa che non abbiamo mai smesso.
La maggior parte dei miei amici dai tempi della scuola ad ora sono tutti andati via dalla Puglia,
questa é già una statistica.
12
Il jazz si trasforma continuamente.. dal tuo punto di vista dove sta andando
Domanda difficile…
Non é assolutamente in “decadenza”, come vorrebbe
qualcuno dei “fondamentalisti” della tradizione di scuola statunitense.
Anzi lo vedo in “evoluzione”, al di là di schemi prefissati
e cliché di genere che tanto hanno annoiato sia il pubblico che i musicisti stessi.
La cosa forse più certa é che attraversa mode temporanee
ma che nello spirito resta vero quando si mette in gioco senza troppe imposizioni.
Il motto “new bottle old wine” appartiene ancora a questa musica.
13
Quanto conta la tua regione nella tua vita artistica, riconoscono il tuo talento?
Ti aiutano in qualche modo?
Conta moltissimo.
Ho ancora la mia famiglia, parenti e le mie tradizioni culturali
che non dimentico.
Ho bisogno di mantenermi in contatto con la mia cultura
mantenendo però un rapporto critico.
Tenendo conto che il mio primo disco esce con un’etichetta pugliese (Note Sonanti)
e che l’estate scorsa sono stato invitato al Festival di Bari avendo “carta bianca”
sul progetto, devo dire che oggi mi stanno aiutando.
14
Dove ti piacerebbe suonare?
A Bari, al Teatro Petruzzelli rinnovato, dopo potrei anche morire contento.
Mi lega al Petruzzelli un legame familiare.
La mia bisnonna paterna suonava il piano nel foyer del Petruzzelli e il cugino di mio nonno,
Raffaele Armenise, aveva dipinto e decorato la volta del teatro.
Quando il teatro é andato in fiamme io passavo per caso
li’ davanti, e non dimenticherò mai l’immagine di mio nonno,
che aveva il balcone che affacciava sul teatro..
Piangeva come un bambino ..
Sarebbe un sogno poter suonare li un giorno..
15
Chi suona cosa nel tuo gruppo ideale dove tu suoni il basso?
Domanda troppo difficile, ho troppi musicisti preferiti di tutti i generi musicali…
Metterei sicuramente Oumou Sangaré e Bjork…
16
Cucini bene?
Per fortuna non ho ancora avvelenato nessuno.
17
Che stai preparando?
Pavé di Salmone alle cinque bacche al forno,
con sale grosso, erba cipollina, pomodorini “pachino” e glassa di balsamico.
18
Nuovi progetti?
Il progetto “Suite for Battling Siki”, un secondo cd di “Mo’Avast Band”,
un duo con una cantante francese, un trio a nome di Daniel Humair
e Rosario Giuliani, il progetto di Roberto Negro “Patience”,
e l’uscita del nuovo cd di Laura Littardi “Inner Dances” e poi due tours in Aprile:
prima con Jason Palmer e poi con Chihiro Yamanaka.
19
Un augurio all’Italia da Parigi?
Mi auguro che la crisi sia meno forte di quel che sembra
e che non ostacoli il lavoro di tanti amici e colleghi, artisti e non.
Che continuino tutti a lottare per cercare di rendere questo paese migliore e vivibile per tutti.