Da anni ormai mi capita di leggere una marea di scempiaggini su Miles Davis
e sul suo carattere che, nel migliore dei casi, era descritto come di “merda“.
Anche l’acutissimo Arrigo Polillo,
storico fondatore di Musica Jazz, uomo colto, sofisticato
e colmo di senso dell’umorismo,
in “Stasera Jazz”, ne dava un quadretto terrificante..
Arrigo Polillo – STASERA JAZZ
L’impossibile Miles
Gli occhi, piccoli, lucidi, «puntuti», hanno una fissità innaturale.
Sembrano quelli di un ipnotizzatore.
Meglio: di un rettile. la voce pare venire dall’oltretomba:
ha la consistenza di un soffio.
Si dice che l’abbia perduta per aver urlato al telefono contro qualcuno,
mentre era ancora convalescente per un’operazione alla gola.
A Polillo siamo tutti grati per l’enorme contributo
che ha dato allo sviluppo
del Jazz in Italia dal dopoguerra fino agli anni 80,
ma credo che abbia, forse suo malgrado,
contribuito a rendere Miles Davis antipatico
all’universo mondo del jazz italiano.
Polillo ha scritto migliaia di cose meravigliose
su Miles, che stimava immensamente
ma non ha saputo comprenderne l’essenza
al momento, perché il salto epocale e trasgessivo
di “ruolo”, compiuto dal trombettista negli anni 60,
fu troppo traumatico.
Nessuno afferma che fosse Padre Pio,
ma non vanno neanche dimenticate
le sofferenze che Miles, come tutti gli afroamericani,
ha patito sin da piccolo.
Come quelle ampiamente documentate su un pestaggio
di cui fu vittima perchè dei poliziotti, non avevano
creduto al fatto che la bella macchina su cui si stava fumando una sigaretta,
per rilassarsi fra un set e l’altro della sua band, fosse sua…
Miles, era totalmente dentro la musica sin da quando raggiunse
New York per incontrare Parker.
Amava immensamente tutta la musica ed era concentrato
esclusivamente su di essa e quando stimava un musicista bianco,
resisteva strenuamente alle critiche
che i suoi colleghi afroamericani
gli muovevano.
Lo dimostrò molte volte, ad esempio
difendendo Gil Evans e Lee Konitz, in primis.
Certo che era anche un provocatore.. e non da poco..
Fateci caso, a 0,17 sputa in diretta tv a L.A.
prima di suonare il tema di All Blues..
L’odio per l’uomo Miles era molto forte proprio per quei suoi cambi di ruolo.
Per questa libertà che si prendeva senza dare giustificazioni.
Miles ammanettato… una foto che ben spiega …..
Per farvi capire quanto creò scompiglio il “personaggio” Davis..
ricordo da piccolo che nel mio Diario Vitt di Jacovitti, era il 1969,
c’era una vignetta che sbertucciava un suonatore nero di tromba jazz
che voltava le spalle al pubblico.. ovviamente, suonava un salame..
Questo odio per il “Divino” Miles,
emerse in particolar modo quando vi fu la “svolta elettrica”
da Silent Way a Bitches Brew
( “Brodo di zoccole”, titolo di un suo disco rivoluzionario e seminale,
che ora non è pronunciabile in radio e in tv ).
Molti appassionati, affezzionati al suono diafano del primo Miles,
si sentirono traditi dal passo
verso il Rock e lo condannarono senza appello.
In questo periodo, Miles aveva abbandonato per la quinta volta
il suo ruolo riconosciuto
e lo stile che aveva creato, per voltare pagina
e andare verso la sperimentazione “elettrica” segnata
da Hendrix e da un manipolo di musicisti inglesi
con cui aveva iniziato a collaborare, Holland e McLaughlin per primi.
Voltare le spalle al pubblico, non salutare, non annunciare i pezzi…
Inaccettabile per un pubblico borghese, abituato
ai salamelecchi rituali e un pò forzati e ai luoghi comuni
dei vecchi jazzman alla “buona”, che potevano
anche andare tranquillamente a duettare con Billi e Riva al “Musichiere”.
Questo atteggiamento che Miles detestava, i sorrisi,
le pacche sulle spalle, sono il vero senso profondo della ribellione
di Davis che aveva desiderio di essere riconosciuto
come artista e non come entertainer.
Keith Jarrett, con i suoi atteggiamenti, in un certo senso
prosegue in questa direzione .
Il Jazzman “classico” era tenuto a comportarsi in maniera clownesca
per rassicurare un pubblico bianco che , al di fuori del ruolo ,
non avrebbe neanche rivolto la parola al musicista “nero”.
Quegli stessi atteggiamenti, violentemente antagonistici di Miles,
sono stati poi adottati dagli uomini e dalle donne del Rock,
ma furono ritenuti inconcepibili, 10 anni prima della nascita
dei Doors e di Jimi Hendrix, in special modo perché adottati
da un jazzista afroamericano.
In una bella intervista per Playboy del 1962 concessa ad Huxley ,
Miles rimarca tutto quello che sto scrivendo.
“Look, man, all I am is a trumpet player.
I only can do one thing — play my horn —
and that’s what’s at the bottom of the whole mess.
I ain’t no entertainer, and ain’t trying to be one. I am one thing, a musician.
Most of what’s said about me is lies in the first place.
Everything I do, I got a reason.”
http://www.erenkrantz.com/Music/MilesDavisInterview.shtml
Questo ruolo lo addolora profondamente poiché è solo uno dei lati oscuri
del rapporto malato fra lo show biz dell’epoca e i Neri.
Purtroppo non posso documentare le mie lunghe telefonate
con Paul Buckmaster
( non registro le conversazioni private telefoniche)
ma il quadro che questo compositore inglese, molto amico di Davis
nel periodo del suo ritiro mi ha descritto,
è quello di un artista molto tormentato,
attentissimo a tutto quello che gli accadeva intorno e molto preoccupato
di essere al corrente delle nuove forme di musica
che si stavano evolvendo nel periodo storico in cui viveva.
Fu Buckmaster, violoncellista classico / contemporaneo,
che gli fece conoscere Karlheinz Stockhausen
e che lo introdusse al minimalismo di Steve Reich.
Tali risultati, ancora oggi non completamente compresi da noi tutti,
sono presenti in dischi come “On The Corner” o “Big Fun”..
Miles probabilmente si divertiva a dare un’immagine truculenta di se stesso
ma tuttavia , il suo atteggiamento in fondo e nel tempo lungo,
gli ha giovato, poiché il pruriginoso gossip
che è sempre esistito sul personaggio, ha contribuito a tenerlo
costantemente nei “top ranks” del jazz mondiale.
Chi lo ha conosciuto veramente sa chi fosse..
Miles come Picasso, come Boulez, come Sartre, come Malle, come Hemingway…