Avevo questo pezzo in macchina sul Procuratore Grasso, sulla sua riluttanza ad apparire, sulla sua resistenza, al pari del Procuratore Aggiunto (sì aggiunto come un sindacalista) Ingroia alla esposizione mediatica. Ma gli eventi me l’hanno improvvisamente fatto invecchiare. Un prevedibile ed irresistibile “spirito di servizio” ha spinto il Procuratore Nazionale Antimafia Grasso a salire in politica. Ha annunciato infatti di aver chiesto aspettativa in tal senso.Pare che correrà, si fa per dire, nel listino di Bersani, per il Pd.
Ecco il moncone del mio pezzo bruciato dagli eventi, inservibile.
I mezzi di comunicazione di massa sono scorretti. Tendono ad addolcire i toni e a smussare le asperità. Ridurre anche i fatti più atroci a fattoidi amabili e senza significato, molto vicini alla più innocente aneddotica. L’altro giorno, solo per fare un esempio, Giovanni Masotti sul TG2 dava una notizia spaventosa: i casi di dispotismo orientale di Putin? Le malefatte degli oligarchi ex boiardi? Peggio: i passeri di Mosca ubriachi. La notiziona era che i volatili beccassero delle bacche in fermentazione e becca oggi becca domani, succedeva che all’improvviso cadessero giù a terra ciucchi. Movimento di telecamera, zoom sui pennuti, servizio fatto, il fattoide è servito.
Noi abbiamo la più temibile concentrazione di organizzazioni criminali del mondo occidentale (vengono chiamate mafie, come loro stesse si sono autonominate). Sono organizzazioni feroci, spietate, terribili, temibili. E a capo dell’organizzazione di contrasto, la Procura nazionale antimafia, abbiamo il Procuratore nazionale antimafia, al momento il Procuratore Grasso. La Procura nazionale antimafia non è una carica onorifica, ma un incarico operativo, che in maniera diuturna e incessante dovrebbe snidare i mafiosi e consegnarli alle patrie galere. Un’attività da togliere il sonno, da svolgere nella più accurata circospezione, ossessivamente, percussivamente. Con tigna e perseveranza. Un’attività, immagino, intessuta di riunioni giornaliere e mattutine con l’aggiornamento del pallottoliere degli arresti, degli espropri, con le bandierine segnate sulle mappe sui territori liberati dalle cosche mafiose e forse anche con qualche brigadiere che di tanto in tanto, per tenere alta la tensione, soffi nell’orecchio: “Procuratore le ricordo gli ateniesi”, in codice, con circospezione, sulle tracce di Erodoto.
Lo storico greco narra infatti nel VI Libro delle Storie, dei persiani, che erano piuttosto temibili. Per dire, sottomettevano la popolazione delle isole ribelli in questo modo: si prendevano per mano (poiché erano moltissimi) e avanzavano da un capo all’ altro dell’ isola, racchiudendo i suoi abitanti in una rete umana. Erano anche molto feroci con i vinti: i ragazzi venivano evirati, le fanciulle inviate a Susa”. Eppure contro costoro s’erano levati gli amabili greci, che pure non dovevano essere nemmeno loro accondiscendenti e arrendevoli e qualche battaglia l’avevano vinta anche loro, tanto che il capo dei Persiani, Dario, per non deflettere dal suo compito di inflessibile nemico aveva incaricato uno schiavo che almeno una volta al giorno nei momenti più ordinari della giornata doveva dirgli Δέσποτα, μέμνεο των Αθηναίων, Sire, ricordati degli ateniesi. Non so: beveva una coppa di vino e allora lo schiavo si avvicinava al suo orecchio Δέσποτα, μέμνεο των Αθηναίων, Sire, ricordati degli ateniesi. Gli capitava di profumarsi i peli della barba (era un orientale), di ricevere un messaggero, di rilassarsi davanti alla danza di qualche Salomè discinta, sempre lo schiavo si avvicinava e Δέσποτα, μέμνεο των Αθηναίων, Sire, ricordati degli ateniesi.
Ma succede che i mass media insistono e intervistano a ogni piè sospinto il procuratore Grasso (più di una dozzina di pagine su Youtube), il quale si schermisce ostinatamente, no, lui non ama apparire in TV, non ama rilasciare interviste, non ama stare sui giornali. Egli è uomo schivo e non amante della ribalta. Come il Cartesio che temeva le ire di Santa Madre Chiesa rispetto alle insorgenti eresie intellettuali e che non era per nulla amabile, anzi piuttosto temibile, egli decide di procedere di nascosto, larvatus prodeo. Ma si sa… i giornalisti insistenti, cammurria!… qualche intervista di tanto in tanto… giusto per far capire ai suoi “ateniesi” che lui c’è, che lui si ricorda di loro. Anche con delle lezioni antimafia. Potrebbero sembrare del genere: loro ce ne hanno date e noi gliene abbiamo dette, ma questo solo le malelingue potrebbero pensarlo, perché si sa, occorre iniziare dalle scuole, dall’educazione, in forma didattica, aneddotica, amabilmente, soavemente…
I giornalisti insistono, ed eccolo avvistato durante una partita di calcio a San Siro (cercare negli archivi di Rai3 Lombardia), eccolo nei talk show più famosi (da “Che tempo che fa” a “Ballarò” oltre che nelle tivù locali), eccolo infine intervistato da Corriere Tv allorché si viene a sapere che il temibile Provenzano sbatte la testa in carcere e si becca un trauma cranico. E lui si concede alle telecamere, con riluttanza, con resistenza. Ma, insomma, cammurria, dopotutto si parla di mafia e lui, per i giornalisti, è un po’ come il Presidente degli “Amici del Presepio” sotto Natale. Se si parla di mafiosi, chi intervistare se non lui? Ed eccolo narrare – in un sottofondo di tintinnare di piatti, davanti a una tavola apparecchiata – con un viso amabile e sorridente, a mezza bocca, di quella volta che incontrò il capomafia Provenzano, e, amabile com’è, dice al temibile capobastone, nel codice siciliano “del dire e non dire” (sic!): «Siamo entrambi siciliani e certamente vogliamo il bene (sic!) della nostra terra, sappia che io sono disponibile se vogliamo fare qualcosa insieme»! Qualcosa insieme? Cioè, lui è come Lévi-Strauss che parlava in Tupinambà coi Tupinambà, amabile e sorridente, allusivo e per nulla temibile, almeno apparentemente. Perché, come spiega in seguito, quello altro non era che un invito a vuotare il sacco, e lui non è amabile come appare, ma anche temibile, perché è stato nel mirino della mafia, e «per mera coincidenza del caso ed evoluzione degli eventi» è vivo a differenza di Falcone e Borsellino. Lui non ha né rimorsi né rimpianti. Non occorrono eroi, conclude il Procuratore Grasso, ma persone normali che svolgono serenamente il proprio mestiere, come lui ha sempre fatto, e come autocertifca in questa intervista. L’ultima, rilasciata al giornalista siciliano Giuseppe Di Piazza (tra Tupinambà ci si intende meglio) prima di salire in politica, appena il 19 dicembre u.s. Il suo testamento?
Ecco questo pezzo che avevo in macchina è stato reso inservibile dalla “ascensione” del Procuratore Grasso. Il quale ha deciso anche lui di salire in politica. Cosa faranno gli ateniesi? Brinderanno o ignoreranno la ferale notizia?
Amabile era il Procuratore Grasso e amabile resterà il politico Grasso.
Ma chi si ricorderà dei temibili ateniesi?