In tedesco vengono definiti bieder (da dove Biedermeier uno stile casalingo fatto di centrini, sottovasi, tendine merlettate e di piccole cose di pessimo gusto), noi potremmo tradurre, dopo l’incontro-scontro del bieder con Nietzsche, “filistei”, “piccolo borghesi” . Erano le teste di turco contro cui il filosofo tedesco cozzava invano con la sua immensa cervice. Avevano sempre i gerani alle finestre. Ma erano quelli che da lì a qualche decennio avrebbero azionato senza neanche un trasalimento interiore le leve delle botole o delle camere a gas nei campi di concentramento… «Quella quintessenza dell’ignoranza cattiva ma con le pianelle nuove ai piedi e il grembiulino stirato», li descrive mirabilmente la mia amica Rossana Massa in un suo post su Facebook.
Roland Barthes li descrisse in Miti d’oggi come i portatori della “ideologia anonima” della piccola borghesia. Di cosa si tratta? Di grettezza e crudeltà mentale, di incapacità di pensare l’altro. Quando Barthes scrive quei mirabili saggi contenuti in Miti d’oggi, siamo nella Francia degli anni ’50, gli anni in cui trionfa Poujade e il poujadisme, ossia il movimento dei bottegai, dei borghesi piccoli piccoli, che odiano con la stessa virulenza sia il fisco che gli intellettuali. Sono un po’ come i nostri qualunquisti di Guglielmo Giannini del dopoguerra o qualche altro movimento politico dei giorni nostri. Verso di loro Barthes lancia le sue frecce più velenose e acuminate: in fondo quando dice “piccolo borghese” è a Poujade che si rivolge, è lui l’interlocutore esplicito, e la sua “ideologia anonima” – bella espressione in cui viene racchiuso tutto il “pensiero” della piccola borghesia- è il bersaglio della prosa di Barthes. Una componente di questa ideologia anonima è l’odio per il mondo delle parole degli intellettuali, della loro ricchezza semantica: da qui il ricorso alla tautologia che denuncia l’ insofferenza per le spiegazioni articolate. Ma insomma, che sarà mai il teatro: “Il teatro è il teatro” dice il piccolo borghese, e Barthes chiosa acidamente: «La pigrizia promossa al rango del rigore : “Racine è Racine”: sicurezza ammirabile del niente». E precisa: «C’è nella tautologia un doppio omicidio: si uccide la razionalità perché vi resiste; e si uccide il linguaggio perché vi tradisce». In questo mondo morale accade che ogni parola avversa è ridotta a un rumore e in cui l’abilità polemica del borghese piccolo piccolo consiste nel «caricare l’avversario degli effetti delle proprie mancanze, a chiamare oscurità la propria cecità e inconsistenza verbale la propria sordità». «Ogni antintellettualismo finisce nella morte del linguaggio, ossia nella distruzione della socialità» poiché «il piccolo borghese è un uomo incapace di immaginare l’Altro».
Questo “bieder” è scortese, inacidito, cattivo. Pensa male, parla male e vive male. Se sta bene economicamente odia ancor più il mondo. Di norma non legge perché ha paura di essere scosso nelle sue certezze. Ma quando legge predilige i suoi quotidiani che non mancano mai di indicargli ogni giorno un nemico, un cattivo fuori da sé come bersaglio ai suoi fiotti di bile. Talora questo Bieder si materializza davanti a te, in carne ed ossa, ed è un incontro terribile, ti ritrovi in pieno “I mostri”, film di Dino Risi del 1963…
Mi trovo a Praga nell’ottobre scorso. Visita al Castello lassù in cima alla città. Siamo in famiglia e giriamo per conto nostro con guida del Touring… Ad un certo punto incrociamo una comitiva di italiani con guida al seguito e in lingua italiana. È una parrocchia di italiani del Nord, lombardi per l’esattezza, bassa cremonese o lodigiana, non saprei dire con precisione… Girando per le stanze del Castello inevitabilmente ci si incrocia. Succede che in una stanza (quella della famosa “defenestrazione di Praga”) ci fermiamo un attimo, quasi inavvertitamente, ad ascoltare la guida. Subito dal gruppo si leva una voce astiosa, biliosa: era quella di una donna che stava più vicina al parroco, la capo-gruppo. Ha le vene gonfie del collo e uno sguardo terribile: soffia fuori di sé il demone della cattiveria con queste parole confuse: «Noi stiamo qui a pagare la guida, che se la paghino anche certa gente che ascolta a sbafo…». Ci allontaniamo confusi e umiliati e facendo cura in seguito di evitare il gruppo, anche quando sembrava che ci seguisse o inseguisse… Insomma, finita la visita e dopo aver ciondolato per circa due orette per tutta la zona del Castello, alla fine usciamo dal recinto del borgo e andiamo giù a piedi verso Malastrana… Dico qualcosa a mio figlio… Vengo subito placcato da due poveri vecchietti che coi capelli in aria e i tratti del viso in tensione in italiano mi dicono: «Voi siete italiani? Ah ecco, per amor di dio, ci siamo persi, non riusciamo a trovare il nostro gruppo della parrocchia, li cerchiamo continuamente al telefono, non rispondono, per carità aiutateci, non sappiamo la lingua, non sappiamo come rintracciare il nostro gruppo della parrocchia!… ». Infatti erano due poveri parrocchiani del gruppo di prima, smarriti come uccellini di passo, intirizziti dal freddo, spaventati, totalmente ignari di qualsiasi altra lingua… Tentavano di contattare la capogruppo (quella che ci aveva allontanati in malo modo) col cellulare dove non avevano impostato il prefisso italiano +39. Insomma i vecchietti mi passano il numero della capogruppo (chiamiamola Diodata, sì, è un nome che le si addice) la chiamo premettendo il prefisso italiano e ho il piacere di sentire nuovamente la donna rabbiosa di prima… Un cerbero praticamente. Dopo che con infinita pazienza le spiego la situazione, non so quante me ne ha dette sui due poveri pirla che si erano persi, ecc ecc… Insomma, signori: l’umanità piccolo borghese è questa. Trattasi in questo caso di cattolici in libera uscita, ossia di gente che dovrebbe coricarsi ogni sera con il timor di Dio: immagino quelle bestie degli atei che cosa saranno capaci di mettere in scena…