Roberto “Bebè” Pannunzi, uno dei narcotrafficanti italiani più attivi sull’asse Colombia-Italia è stato arrestato. Il narco broker, definito il “Pablo Escobar italiano” e referente in primis delle cosche siciliane, è stato fermato ieri in un centro commerciale di Bogotà, città in cui si era stabilito, da latitante dopo l’evasione dalla clinica privata Villa Santa di Roma presso cui era in cura per problemi cardiaci nel 2010.
Stesso copione si era ripetuto nel 1999 quando evase sempre da una clinica privata presso cui era agli arresti per poi essere ammanettato nuovamente nel 2004. Anche ieri al momento dell’arresto Pannunzi ha avverito un malore. Da questa parte dell’Oceano ha sbottato il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri, incubo dei naroctrafficanti mondiali: basta «concessioni di arresti domiciliari visto che gia’ due volte e’ evaso mentre era detenuto in una struttura sanitaria». «Mi auguro» ha proseguito Gratteri «che non ci sia per la terza volta la concessione dei domiciliari che potrebbe portare alla terza fuga. E lo dico perche’ e’ estenuante doverlo andare a cercare per tutto il mondo ogni volta che evade per poi assicurarlo alla giustizia».
L’arresto di Pannunzi è un colpo duro per i rapporti del narcotraffico tra Italia e Colombia. Il “signore”, così lo chiamavano in Colombia, era conosciuto nel mondo dei narcos grazie alla qualità della droga che commerciava, oltre alle quantità che era in grado di muovere sull’asse Roma-Bogotà.
La storia criminale di Pannunzi inizia a decollare negli anni ’80, quando, ufficialmente è un imprenditore. In quell’epoca, come riporta anche il Corriere della Sera, uno dei suoi lavori ufficiali era quello d’imprenditore, titolare di un lussuoso negozio di abbigliamento a Roma. La boutique capitolina si chiamava il “Papavero”. L’imprenditoria era stata un’attività di comodo per saldare i rapporti con esponenti della criminalità, primi fra tutti i boss della ‘ndrangheta. Rapporti iniziati in epoca antecedente quando Bebè Pannunzi negli anni sessanta era un dipendente dell’Alitalia. La sua capacità imprenditoriale, il suo modo di dialogare e soprattutto la sua convincente politica sugli investimenti dei capitali illeciti, gli hanno permesso di raggiungere livelli di affidabilità molto apprezzati nel mondo del narcotraffico.
Arrivò addirittura ad acquistare una nave greca in contanti per il trasporto di un carico di cocaina tra Europa e Colombia. Un viaggio che finì male perchè la Mirage II, questo il nome dell’imbarcazione, affondò malamente con tutto il carico. Episodio che tuttavia non ostacolò la carriera criminale di Pannunzi, che ha potuto proseguire anche grazie a coperture istituzionali eccellenti, prima in Spagna, dove venne arrestato la seconda volta nel 2005, sia poi in Colombia, dove il figlio, Alessandro, si è sposato con la figlia di uno dei maggiori boss del cartello dei Medellin.
Pannunzi aveva aperto uno dei corridoi più ampi per il passaggio dellacocaina da una parte all’altra dell’Oceano con commesse minime di 3mila chili per volta. Il suo arresto è legato a quello del “Principe”, Massimiliano Avesani, 53 anni, uomo cerniera legato a doppio filo alla ‘ndrangheta e alla banda della Magliana, con contatti all’interno del mondo del malaffare internazionale per il grande traffico illecito degli stupefacenti.
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