Ieri nella bella sede di Banca Ifis, a Mestre, si è tenuto il secondo NPL Meeting un’interessante momento di riflessione sulla situazione attuale dei crediti problematici nel nostro paese, ma anche, ma anche una rara occasione d’incontro per istituzioni internazionali che investono da tempo o sono interessate a investire nel nostro paese.
Nello stesso giorno, sui media nostrani ha avuto ampio risalto la nuova iniziativa del governo per “vendere” il nostro paese agli investitori stranieri che per qualche “oscura ragione” motivo sembrano non fare la fila per investire in un paese che tassa al 68% i profitti commerciali*, è al 73°nella classifica generale Ease of Doing business** e 160° (su 180 paesi!!!) per quanto concerne la capacità di tutela del rispetto dei contratti.
Ma lasciamo da parte la retorica politica e la demagogia e proviamo a metterci nei panni di qualcuno che vuole investire nel nostro paese. Il problema principale è l’incertezza: anche tempi biblici per la giustizia, oneri burocratici fuori dalla grazia di Dio e un sistema fiscale rapace, possono in qualche modo essere tenuti in conto in un business plan preliminare (modificandone ovviamente la convenienza soprattutto rispetto ad altre nazioni che soffrono di questi problemi in misura minore).Quello che non si può modellizzare, per definizione, è un insieme di esiti imprevedibili: un ICI che appare, scompare, cambia nome, si trasforma in IMU e poi (forse) finisce nella Tares ; un sistema giudiziario dove un fallimento può durare pochi anni come decenni senza che ex ante sia prevedibile quale delle due alternative si può verificare con quale probabilità, ma soprattutto dove non è quantificabile in anticipo il rischio a cui si va incontro qualora si venisse convocati in giudizio da un cliente, un dipendente o un fornitore.
Insomma, in bocca al lupo al premier Letta, ma appare difficile, a meno di non avere una bacchetta magica, che si riesca in breve tempo a incidere su problematiche di tale rilevanza.
DI che si parlava invece a Mestre al NPL meeting?
Facciamo un passo indietro e parliamo di crediti problematici. Talvolta i clienti di banche, società finanziarie, ma anche di utenze come elettricità, gas etc non rimborsano in tutto in parte i prestiti o non pagano per le forniture ricevute. Questo è ovviamente un problema per la banca o per l’azienda fornitrice che deve prima attivarsi per recuperare il credito (e fare i conti con un sistema fortemente sbilanciato nei confronti del debitore inadempiente) e poi eventualmente registrare la perdita. Un alternativa è vendere il credito problematico a qualcun altro che è disponibile ad assumersi la rogna e i rischi pagando oggi (pochi, maledetti e subito) nella speranza di guadagnarci.
Veramente c’è qualcuno, magari anche un investitore straniero, disponibile a comprare questa roba? Si esiste un mercato di questo genere ed è più sviluppato di quanto si creda*** (anche perché è un tema poco trattato dai mass media)
Anche a questo proposito si apre il fianco a una serie di ovvie illazioni retoriche sugli avvoltoi stranieri che speculano sulla povera gente, ma certe cose è meglio lasciarle ai Talk Show e proviamo ragionare in modo pratico. Da un lato Banche e Società di utilities hanno il problema dei crediti problematici, cercare di recuperarli (sia internamente che affidandosi a società terze) costa tempo, risorse e richiede capacità organizzative di cui gli istituti non dispongono o di cui non vogliono dotarsi; dall’altro lato esistono soggetti interessati a prendersi il rischio connesso con il recupero aleatorio di questi crediti a fronte di un guadagno ragionevole. Ecco che allora i creditori accettano un pagamento immediato inferiore all’importo teoricamente recuperabile, mentre gli investitori (non solo stranieri) si prendono il rischio l’eventuale guadagno sulla differenza. Chiarito che lo scambio è mutualmente conveniente per le parti, il problema è al solito il prezzo.
Tutte le considerazioni fatte sul sistema paese incidono ovviamente sulla meccanismo di recupero crediti e si riflettono sui prezzi offerti da chi è disposto ad investire in crediti, d’altro canto, la natura particolare degli intermediari bancari e finanziari, taluni meccanismi bizantini in materia di contabilità e vigilanza, per non dire della registrazione immediata della reale entità di alcune perdite su crediti che oggi fa comodo considerare ancora ipotetiche, complicano la vita a chi avrebbe interesse a vendere.
Cosa si può fare per favorire l’incontro di domanda e offerta? E’ possibile, ad esempio, ridurre gli ostacoli burocratici e amministrativi e agevolare i venditori nella registrazione delle perdite sui crediti, come già avvenuto in passato ad esempio con la legge 130/99 che riportava disposizioni sulla cartolarizzazione dei crediti.
Che conclusioni è possibile trarre?
Mentre il governo si affanna nella missione impossibile di attrarre investimenti in un sistema che sembra concepito per respingerli, nessuno sembra voler prestare attenzione ad un canale già attivo che potrebbe portare risultati in tempi molto brevi, con pochi interventi regolamentari (sostanzialmente consentire alle banche di spalmare nel tempo le perdite sui crediti e ridurre gli oneri burocratici). Per convincere qualcuno a investire nel nostro paese il marketing e i roadshow servono a poco, occorre affrontare il nodo centrale dell’incertezza di fondo e avviare le riforme che costituiscono una condizione necessaria, ma non sufficiente per normalizzare il nostro paese.
Un mercato dei crediti problematici funzionante, come ad esempio quello degli stati uniti che al convegno di ieri è stato presentato da Jan Stieger, potrebbe invece contribuire ad alleggerire il carico dei nostri istituti bancari consentendogli margini di manovra superiori in fase di erogazione.
Puntuale come la morte e le tasse a questo proposito arriva il convitato di pietra di tutte le discussioni sui problemi del nostro paese: la politica. Giovanni Bossi, CEO di Banca Ifis e padrone di casa al NPL meeting ha dichiarato, con riferimento ad un’ipotesi di BAD Bank per promuovere il mercato NPL, emersa durante la discussione, che non è ammissibile ipotizzare un utilizzo improprio di questo strumento, come un modo surrettizio per mascherare la volontà di cedere sofferenze bancarie ad un prezzo diverso da quello di mercato, operazione che risulterebbe in una mortificazione per gli istituti sani che hanno i bilanci in ordine e, che comporterebbe con ogni probabilità oneri aggiuntivi per i contribuenti.
Se non esistono pasti gratis (frase genericamente attribuita al nobel per l’economia Milton Friedman), per normalizzare il nostro paese sul profilo dell’attrattiva per gli investitori esteri, c’è un conto molto salato che la classe politica, per il momento, non prende neanche in considerazione. Promuovere un mercato efficiente dei crediti problematici costerebbe molto meno e potrebbe avere effetti visibili in tempi rapidi, se solo si volesse prendere in considerazione l’idea.