Apologia di SocrateIo Sto con Moretti

La dichiarazione dell'AD di Ferrovie dello stato in merito all'ipotesi di una riduzione delle retribuzioni ipotizzata dal governo suona decisamente come una Excusatio non petita e meriterebbe una r...

La dichiarazione dell’AD di Ferrovie dello stato in merito all’ipotesi di una riduzione delle retribuzioni ipotizzata dal governo suona decisamente come una Excusatio non petita e meriterebbe una replica pescata dalla serie Game of Thrones

Any man who must say, “I am the king” is no true king.

Prima considerazione di massima, “se mi abbassi lo stipendio me ne vado” descrive un caso classico di azione che non si minaccia (e men che meno pubblicamente),ma si mette in pratica o meno, vediamo brevemente perché. Se qualunque esterno o persona non completamente informata mette in discussione la tua retribuzione di top manager, al netto della caduta di stile nel replicare, puoi anche spendere qualche parola nel chiarire perché meriti quanto guadagni. Se però è il tuo stakeholder di riferimento, uno che dovrebbe sapere bene quanto vali ed essere perfettamente in grado di valutare se affidarti o meno l’incarico e quanto pagarti per svolgerlo, a mettere in discussione la cosa, peraltro non con una critica ad personam, ma nel quadro di un più ampio discorso complessivo di riduzione dei costi, non ha senso minacciare alcunché: se puoi e ritieni, senza commenti, prendi e te ne vai, altrimenti qualsiasi minaccia risulta scarsamente credibile e suona come un bluff. Se veramente sei il fuoriclasse insostituibile che merita ogni centesimo di quanto guadagna l’unico vero modo per provarlo a chi ha titolo per decidere è andartenete. Se davvero non c’è nessun altro che può fare meglio di te (magari con un salario inferiore) allora ti richiameranno o ne pagheranno le conseguenza, in ogni caso per te è irrilevante, i fuoriclasse hanno l’imbarazzo della scelte su dove andare.

La seconda considerazione riguarda i toni surreali della discussione generata dall’esternazione di Moretti che annoverano improbabili paragoni con altre compagnie di stato oppure tirano in ballo il capro espiatorio preferito dai sinistroidi radicalchic italioti ossia il mercato. Sempre per chiarire, non ha senso parlare di processo competitivo né con riferimento al settore in cui operano le ferrovie dello stato, né al meccanismo che porta alla nomina dei manager.

Far camminare i treni non è come vendere telefoni su internet, non è un settore in cui si può entrare agevolmente senza grandi investimenti a fondo perduto (ne sanno qualcosa i promotori di Arena Ways ), a questo va aggiunto che devi fare i conti con il soggetto che ha la proprietà della rete ferroviaria e con la regolamentazione decisa dallo stato. Se state pensando a Italo, dovete considerare che si tratta di un soggetto operante su un segmento molto limitato e in ogni caso la competizione è falsata dal fatto che le FS ricevono una quantità molto rilevante di trasferimenti dallo stato. In due parole: le ferrovie dello stato c’entrano col mercato come i cavoli a merenda per cui non ha senso paragonarle ad un impresa veramente privata, di quelle, per intenderci che possono fallire e devono vedersela con concorrenti veri tutti i giorni.

Ma la cantonata più grossa ha a che fare con il processo di selezione e retribuzione del management. Se un Executive di una multinazionale guadagna milioni è troppo? Si tratta di un problema complicato, ma alcuni termini della questione, di immediata comprensione, sono assenti dalla discussione sui manager pubblici italiani, vediamo quali. Di norma la remunerazione di un top manager di un’impresa privata è legato alla performance: quanto di questo avviene per Moretti e per i suoi omologhi? Di norma, posto che la cattiva amministrazione di un’impresa si traduce in minore redditività (al limite in perdita) è regola comune che chi sbaglia paga, possiamo dire lo stesso per i formidabili professionisti nominati dal governo?

Ma più in generale, per le imprese private che operano in mercati competitivi esiste un mercato in cui i manager migliori sono contesi per la loro capacità di generare valore per gli azionisti(poi se e quanto questo mercato è trasparente e funziona si può discutere) , non ha alcun senso fare paragoni con un sistema di selezione del management per imprese che private non sono e che quasi sempre operano in settori poco o per niente esposti alla concorrenza.

Se vi sfugge la differenza tra proprietà pubblica e privata è abbastanza banale: se io possiedo un’azienda e nomino un incapace i sui danni si ripercuoteranno sulle mie tasche, dunque ho degli incentivi a valutare bene prima di scegliere e a monitorare poi l’esito della scelta; quando l’azienda è di proprietà dello stato i costi della gestione subottimale finiscono sul bilancio pubblico e se si considerano i potenziali benefici dalla nomina di persone fedeli, riconoscenti e lungimiranti, potrei avere un incentivo a NON nominare i manager migliori

Che conclusioni trarre?

Che al solito il problema a monte è che esistano imprese di proprietà dello stato, qualunque cosa abbiate in testa in tema di tutela dell’interesse pubblico lo stato può farla egregiamente senza possedere aziende, ma espletando quelle attività tipiche degli stati consistenti nel fare leggi (meglio se poche, semplici da intendere e non in contraddizione tra loro) e successivamente nel farle rispettare. Chiarito questo finché le imprese di stato esistono, pensarle o confrontarle con aziende private è inutile e fuorviante e, se possibile, discutere dei manager come se fossero soggetti ad un processo competitivo lo è ancora meno.

Ps perchè “io sto con moretti” nel titolo? Perchè nel leggere le difese rocambolesche dell’esternazioni dell’ad di FS il commento più appropriato che mi viene in mente è la frase di Nanni Moretti: “continuiamo così, facciamoci del male.”

@massimofamularo

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Edit: posto che il discorso si è allargato anche alle retribuzioni dei politici segnalo un pezzo su questo tema

http://www.leoniblog.it/2014/03/24/pagare-i-politici-per-quel-che-valgono/

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