Apologia di SocratePer non morire d’euro

Posto che molte persone di recente sono legittimamente preoccupate e che alcune non si fanno scrupolo di approfittare meschinamente* di questa preoccupazione è il caso di dirlo con parole semplici:...

Posto che molte persone di recente sono legittimamente preoccupate e che alcune non si fanno scrupolo di approfittare meschinamente* di questa preoccupazione è il caso di dirlo con parole semplici: per non morire d’euro è sufficiente accendere due neuroni e rendersi conto che di euro non si muore, salvo che nelle fantasie perverse di chi è alla ricerca di qualche minuto di notorietà o di qualche oncia di consenso a buon mercato. Non servono competenze tecniche avanzate o intelligenze superiori bastano 3 grani di buonsenso:

  1. Nessuno è in grado di prevedere quali potrebbero essere le reali conseguenze (in negativo ovviamente) di un’uscita dall’euro da parte del nostro paese[] e, posto che nel sistema finanziario contemporaneo l’incertezza è il peggiore dei mali, questo solo fatto dovrebbe rendere improponibile l’idea;
  2. Se i benefici ipotetici sono tutti da dimostrare e di norma fondati su rocamboleschi contro-fattuali, esistono svantaggi certi e immediatamente percepibili che chiunque abbia terminato con profitto la scuola dell’obbligo ha i mezzi per intendere
  3. Il latinorum degli apprendisti stregoni, che sciorinano grafici e tabelle ritagliati a bella posta e vorrebbero far sembrare la questione più complessa di quel che è in realtà, o quantomeno un argomento su quale val la pena dibattere o su cui esista una qualche discussione in corso tra gli esperti è un castello di panna montata costruito per spaventare chi ha poca familiarità coi numeri che, è bene ricordarlo, sono come i prigionieri, se torturati opportunamente possono confessare qualunque cosa.

Partiamo da un esempio facile facile, cosa diremmo se ci proponessero una nuova fonte di energia che, ci costa di sicuro un terzo della nostra ricchezza presente per essere sperimentata, rischia di radere al suolo metà del paese durante il primo esperimento e potrebbe avere qualche vago risultato utile nelle concitate argomentazioni di un pugno di mad-doctor dal Curriculum non esattamente impressionante? Forse risponderemmo il gioco non vale la candela? Ecco avete colto il punto di fondo dei #noeuro che meglio starebbero alla #neuro.

Ma veniamo ai tre granelli.

Il primo punto è fondamentale: chi asserisce di sapere di quanto si valuterà la nuova lira o quel che succederà all’economia italiana vi sta mentendo spudoratamente: la verità è che nessuno è in grado di prevedere con un ragionevole grado di approssimazione cosa succederebbe in un’eventualità del genere. Potete verificarlo, leggendo questo dossier predisposto dall’Economist; constatando (per chi ama i controfattuali) che fino ad oggi si ritenuto troppo rischioso espellere la Grecia dall’euro (economia più piccola della nostra, la cui uscita avrebbe rischi minori) nonostante quanto ci costi tenerla a bordo, oppure esaminando la questione armati del vostro senso comune che è più che sufficiente.

Non è complicato comprendere perché non è possibile prevedere le conseguenze di un evento del genere, in primo luogo non ci sono precedenti storici, in secondo luogo mai nella storia dell’umanità le informazioni e le persone hanno potuto circolare in modo rapido, semplice e a basso costo come oggi, in terzo luogo, le esperienze recenti della crisi dei mutui subprime e del crack di lehmna brothers ci hanno insegnato che il circolo vizioso di incertezza, diffidenza e aspettative negative può mettere a rischio la stabilità dell’intero sistema finanziario mondiale. Quando dico che non ci sono precedenti storici intendo che paragonare il corso dell’immaginaria nuova lira con una svalutazione o con la rottura di un cambio fisso verificata nella storia è improprio. Immaginate un ventenne che si tuffa in mare d’inverno e se la cava con un brutto raffreddore, utilizzereste la sua esperienza per sostenere che a ottant’anni vi può giovare tuffarvi nel mar baltico (se sopravvivete)?

Non abbiamo idea di cosa succederebbe uscendo dall’euro e argomentare che ce la caveremmo con una svalutazione di un tal percento è da incoscienti ai limiti del criminale. L’Italia, oltre ad essere di per se un’economia di dimensioni rilevanti a livello mondiale è una parte fondamentale dell’area euro, un suo collasso o una sua uscita dall’euro potrebbe indurre negli operatori l’aspettativa di una frattura complessiva del progetto euro e di un periodo di forte instabilità per i paesi che ne fanno parte, in una parola, generare un panico dalle conseguenze, appunto, imprevedibili. Il secondo grano riguarda le cose di cui invece siamo certi. Come ben argomentato da molti, la transizione material alle nuove lire sarebbe un evento traumatico ed estremamente costoso. Cosa succederebbe se aveste anche solo il sospetto che i vostri risparmi in banca rischiano di venire decurtati di oltre un terzo (ad essere ottimisti), mentre semplicemente prelevandoli o trasferendoli il loro valore verrebbe conservato? Chi non correrebbe ai ripari? In un paese con un’elevata circolazione di contanti come il nostro, come non pensare che se la valuta della repubblica tornasse ad essere una lira svalutata, la gente non continuerebbe a usare negli scambi in contanti l’euro che ha conservato il suo valore e che appena varcate le frontiere circola ancora legalmente?

Riepilogando, i danni peggiori nessuno è in grado di prevederli, quelli più tangibili e immediati li riconoscono anche gli azzecagarbugli antieuro, cosa resta a sostegno della causa #n(o)euro? L’idea che la strada giusta per il nostro paese consista in una valuta deprezzata e una banca centrale che stampa moneta ad libitum. Perché se qualcuno predica questa benedetta uscita è per rinverdire i fasti delle svalutazioni competitive (mito altamente costruito cercate un po’ sui libri di storia e ne troverete ben poche) e per la famigerata indipendenza della banca centrale no?

Parliamone di queste esportazioni. Inseguire le svalutazioni significa credere che il futuro della nostra economia sia nel far concorrenza ai paesi poveri nelle produzioni a basso valore aggiunto (che oggi includono anche una certa fetta di tecnologia) è questo il campionato in cui vogliamo giocare? Mai considerato che mentre taluni anacronistici arruffapopolo ancora propongo di svalutare, oggi determinate produzioni tornano nei paesi ricchi perché grazie all’automazione, e (a breve) alle stampanti 3D conviene produrre vicino a dove si consuma? Che il valore aggiunto più elevato già oggi, sta più nel software e nei servizi, che non nell’hardware (per banalizzare con termini impropri) e nell’assemblaggio dei componenti, che con ogni probabilità domani verranno in parte stampati a destinazione e in ogni caso con più automazione e meno manodopera a basso costo? Quanto è credibile poi l’ipotesi che i nostri partner commerciali ci consentano di svalutare allegramente senza ritorsioni?

Invocare svalutazioni del cambio e uscite dall’euro significa ignorare tutte le tendenze dell’economia contemporanea e assumere l’autolesionismo dei nostri partner commerciali. Ma parliamo di questa meravigliosa banca centrale che stampa il benessere. Se voi foste paesi che vendono il petrolio o altre materie prime, e noi di petrolio e materie prime abbiamo molto bisogno, accettereste in cambio lire nuove di zecca dal valore tutto da dimostrare o pretendereste di essere pagati in altra valuta? Se aumenta alle stelle il costo dell’energia e del combustibile dove andranno i prezzi di tutto il resto (che arriva a noi su gomma o treno)? Se i prezzi aumentano più di quanto aumenta il nostro reddito cosa succede?

Succede che il tanto propagandato meccanismo di svalutazione e stampa di moneta si sostanzia in un formidabile moltiplicatore di miseria e povertà. La questione della “moneta filosofale” l’ha ben spiegata Fabio Scacciavillani in questo post e per comprendere il concetto è sufficiente aver terminato le scuole dell’obbligo. Cosa conta veramente? Il valore facciale delle banconote che avete in tasca o quello che in concreto ci potete comprare? A che vale essere milionari in un mondo dove un pezzo di pane costa un miliardo? Se voi siete sufficientemente furbi da capire il valore di una moneta dipende da quel che ci puoi comprare, perché gli altri dovrebbero essere tanto ottusi da farsi irretire dai numeri immaginari che la vostra banca centrale fatta in casa trascrive su carta?

Per essere concreti se in giro per il mondo accettano certi biglietti verdi come mezzo di pagamento è perché dietro di essi c’è una istituzione credibile a garantirne il valore e, non dimentichiamolo, anche una nazione con un esercito rispettabile che è in grado di difendere quell’istituzione. Quanto credete che sarebbero bene accette le lirette stampate da uno stato che già nei tempi d’oro era poco affidabile, di recente si è rimangiato le promesse più importanti? Chi pensate che farebbe credito a uno stato di questo tipo e a quali condizioni? Nota bene anche quando parlate di debiti e crediti ricordate che vale la regola d’oro che la moneta vale tanto quanto le cose che ci puoi comprare. Le lire stracce che gli stranieri non accettano in pagamento dei debiti passati non acquistano per miracolo valore se ci pagate gli stipendi della pubblica amministrazione. Se qualcuno vi fa balenare le gioie dell’autarchia tenete a mente che gli iphone, le playstation e le serie TV come il trono di spade non li fabbricano in Italia e il vostro reddito opportunamente svalutato potrebbe comprarne in quantità minori. Per essere più chiari, anche il combustibile utilizzato dai veicoli su cui si spostano le merci, per non dire di quello utilizzato per i riscaldamenti o più in generale della parte dell’energia elettrica che non produciamo sul territorio aumenterebbe sensibilmente di prezzo. Senza contare che anche i beni a km zero quando aumentasse la domanda interna per sostituire le importazioni finirebbero per costare di più.

In una parola finiremmo drasticamente più poveri di quanto non siamo ora in termini di capacità di acquistare beni e servizi.

Per riepilogare, il latinorum dei #noeuro è evidentemente volto a intimidire chi ha poca dimestichezza con i numeri e con l’economia, oltre che a intercettare il malcontento di chi, oggi sconta una crisi che poco ha che fare con la valuta unica (e quel poco va nella direzione opposta da quel raccontano): non si tratta di questioni complicate da capire o di ipotesi che si possono discutere, ma solo di un’idea strampalata (che possa convenire uscire dall’euro e/o che stampando moneta si risolvono problemi reali), che ha costi certi (la corsa agli sportelli quando si facesse concreta la prospettiva), possibili ulteriori conseguenze molto negative non prevedibili (paralisi del sistema mondiale, crisi di fiducia, uscita di altri paesi dall’euro etc) e dei benefici basati su ipotesi inconsistenti (tipo che ci siano rappresaglie commerciali da parte dei nostri partner) o colpevolmente fallaci (che l’eventuale guadagno di competitività dovuto alla svalutazione non svanisca rapidamente) o su una visione del mondo ormai tramontata (che il futuro dell’economia sia nella manifattura a basso costo).

Per l’ennesima volta, in un momento in cui siete sfiduciati, arrabbiati o provati da una congiuntura difficile, qualcuno vi invita a sotterrare i vostri zecchini in un campo assicurandovi che daranno frutti rigogliosi, siete liberi di crederci, che sulla fede non si discute, peccato che tutte le evidenze disponibili e una dose minimale di buonsenso, lascino intendere che è poco credibile sostenere che “questa volta sarà diverso”.

@massimofamularo

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