La cosiddetta Stangata per le banche, emersa durante la presentazione del documento di economia e finanza da parte del governo, sembra, dal punto di vista mediatico, una specie di uovo di colombo.
In primo luogo, le banche non possono votarti contro alle Europee e quindi sono soggetti che non costa troppo scontentare; inoltre, nell’immaginario collettivo sono viste come utili “contenitori di denaro” a cui attingere alla bisogna, quando non vengono additate come responsabili dei peggiori mali del mondo e in particolar modo della recente crisi finanziaria globale, per non parlare del ristagno ormai endemico della crescita nel nostro paese.
Inoltre, se consideriamo che la rivalutazione delle quote in Bankit costituisce di fatto un regalo agli istituti di credito (e in particolare ai 2 più grandi), a maggior ragione risulta plausibile la richiesta di un “contributo maggiore” da parte di questi ultimi alla manovra di bilancio.
Non può sfuggire, in fine, il riferimento alla giustizia sociale esplicitamente evocato nel Tweet (mio grassetto):
Il #def mantiene tutti gli impegni che ci eravamo presi #allafacciadeigufiInizia a pagare chi non ha mai pagato.Si #CambiaVerso #80euroAssistiamo quindi a un raro esempio di quadratura del cerchio? Non proprio. Senza entrare nel merito del provvedimento nel suo insieme e, men che meno, nelle intenzioni del suo proponente, potremmo tuttavia chiederci chi colpirà veramente la stangata: come è noto la via per l’inferno è lastricata di buone intenzioni.
Il primo elemento da considerare è ovviamente la traslazione d’imposta: ogni volta che aumenta la pressione fiscale, i soggetti che possono cercheranno di trasferire l’onere aggiuntivo su qualcun altro: ad esempio, il fioraio che si vedesse aumentare le imposte, cercherebbe di aumentare il prezzo dei fiori in proporzione. La misura in cui può riuscirci dipende poi da quanto gli acquirenti sono disposti a pagare in più (in economia si fa riferimento all’elasticità della domanda al prezzo).
Quanto è plausibile che le banche riescano a traslare il peso della stangata? Considerando la numerosità della clientela, l’opacità di talune voci di costo e in generale il contesto concorrenziale del mercato bancario, non dovrebbe essere particolarmente difficile spalmare il miliardo in più sulla clientela ignara, tuttavia va anche considerato il fattore tempo.
Parliamo dell’aumento improvviso e inatteso di una rilevante voce di costo alla quale far fronte in tempi brevi. L’esito più probabile è quindi che l’onere venga in qualche modo “redistribuito” sulle voci dove è possibile intervenire immediatamente.
E’ del tutto evidente che dovendo scegliere tra pagare qualche centesimo in meno di dividendi, con la conseguenza di deprimere il valore di borsa o qualche euro in meno di bonus ai supermanager (che evidentemente hanno maggiori possibilità di influenzare la decisione) si finisca per colpire i soliti dipendenti a basso reddito (sì, strano, ma vero, ce ne sono anche in banca) limando qualche componente discrezionale(premi aziendali, VAP etc) o semplicemente non rinnovando qualche contratto a tempo determinato o di stage.
Se non vogliamo limitarci ai bancari, (che qualcuno potrebbe considerare pessima categoria anche ai livelli più bassi), potremmo immaginare a qualche mutuo negato al margine sempre a soggetti a basso reddito (anche qui i clienti più grossi sono gli ultimi ad essere scontentati) o la disdetta di qualche fornitura non indispensabile. Paradossalmente, è quindi possibile che un insieme di misure, concepito per avvantaggiare le categorie più deboli, penalizzando “chi non ha mai pagato”, finisca con il produrre effetti incerti e in qualche caso opposti a quelli desiderati.
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