La linea semi-rigida di presidente del consiglio[1], volta a respingere le ingerenze esterne [2] e gli eccessi di zelo dei tecnici [3] e a ribadire il cosiddetto “primato della politica” [4], fa di certo gioire i suoi sostenitori più talebani e i nazionalisti ottusi dell’ultima ora. A onor del vero, provenendo da una persona che non ha ancora perduto la propria credibilità, come la stragrande maggioranza dei politici del paese, possono anche essere prese con un ragionevole beneficio del dubbio.
Il dubbio legittimo deriva dal fatto che, se Matteo Renzi (ancorché vecchio amministratore locale e politico di lungo corso), può anche permettersi esternazioni di questo genere, in qualità di “uomo (relativamente) nuovo”[5] quanto meno per Palazzo Chigi, il segretario del PD e il presidente del consiglio, agli occhi degli elettori italiani e degli osservatori internazionali, è un fedifrago conclamato e un mentitore seriale, di qui la fiducia generalmente diffusa nel singolo, temperata dal forte scetticismo per il contesto in cui opera e dalla percezione che la capacità di imprimere una svolta nell’elettroencefalogramma piatto della politica italiana sia più una speranza del cuore che un’eventualità razionalmente plausibile.
Ma per mettere a fuoco la storia della sovranità nazionale occorre partire dai tecnici. In teoria (e in circostanze normali) costoro dovrebbero essere esperti con la funzione ben specifica di quantificare le conseguenze, i costi e i benefici delle scelte politiche. Le decisioni su come ripartire tra le fasce della popolazione questi costi e benefici e, soprattutto, la responsabilità di quale corso prendere, dovrebbe rimanere una prerogativa degli eletti dal popolo.
Ma perché limitarsi solo a questo? L’Italia oltre che di santi e navigatori è terra di ineguagliati contabili creativi che hanno concepito la funzione del tecnico prestato alla politica fino al capolavoro del governo tecnico[6]. Quando c’è da prendere provvedimenti impopolari, che avrebbero un costo elevato in termini di consenso o che, quantomeno renderebbero palese quanto scadente è stata la qualità di chi ha governato in precedenza, perché non cedere, temporaneamente, la sovranità a un tecnico, che faccia il lavoro sporco e assolva al ruolo di parafulmine nei confronti della rabbia popolare?
Sembra l’uovo di colombo, peccato però che il malcontento popolare, che si è provato a cacciare dalla porta cedendo sovranità al tecnico, rientri dalla finestra per via della carenza di legittimazione democratica del soggetto che dovrebbe varare provvedimenti tanto incisivi. Come reagiscono allora i campioni mondiali dello slalom delle responsabilità? Assecondando ovviamente gli umori del popolo, come se il mandato ai tecnici non fosse una loro scelta o conseguenza della loro incapacità di fare scelte, il risultato ovviamente è che i tecnici non riescono ad affrontare che la punta dell’iceberg dei problemi e la scelta definitiva rimane quella di non scegliere.
Esaurito il potenziale del tecnico parafulmine lo stadio successivo è quello del vincolo esterno: la tua politica economica non è credibile? La soluzione è prendere in prestito la credibilità da chi se l’è costituita nel tempo ed entrare in un club come quello dell’euro. All’inizio magari può anche funzionare [7], però poi i nodi vengono al pettine e ci presentano il conto[8]. Che fanno a questo punto i driblatori del dissenso? Negano qualsiasi responsabilità nei trattati che hanno firmato, e men che meno nelle circostanze che hanno determinato la nostra dipendenza [9] nei confronti dei creditori.
Capita allora l’impostazione italica, veniamo al presidente rottamatore che, come lo slogan di un vecchio dopo barba, “non deve chiedere mai”: le alternative sono semplici e non esattamente gradevoli: o realizza da solo le riforme di cui ha bisogno il paese [10], pagandone il costo in termini di consenso [11], poiché si tratta di provvedimenti che incidono sugli interessi di molti dei suoi elettori tradizionali [12]; oppure non lo fa e attende di essere obbligato a farlo da qualche vincolo esterno [13].
Posto che, come al solito, l’ardua sentenza spetta ai posteri si può immaginare una via italiana creativa anche quando Tertium non datur: Renzi potrebbe infatti fare un po’ di ‘ammuina[14] accarezzando la superficie dei problemi senza andare tanto affondo da scontentare i propri sostenitori, ma quel tanto che basta per convincere gli osservatori internazionali (soprattutto gli investitori) [15] che qualcosa è stato fatto e che siamo nella direzione giusta, insomma potrebbe prendere tempo rinviando la soluzione a quel lungo periodo di keynesiana memoria [16] che tanto piace ai socio-utopisti italioti che si dilettano di economia.
Che cosa possiamo quindi concludere? Che è facile per tutti ergersi a paladini della sovranità nazionale “col culo degli altri”, mentre se e quanto il governo sceglierà di ricorrere ai tecnici o ai vincoli esterni per far fronte ad obbligazioni divenute ormai improrogabili lo scopriremo abbastanza a breve.
[3]https://www.youtube.com/watch?v=iRKHr1MFGug
[4]http://www.academia.edu/918680/Gramsci_e_il_primato_della_politica
[5] http://it.wikipedia.org/wiki/Homo_novus
[6] http://it.wikipedia.org/wiki/Governo_tecnico
[7] http://noisefromamerika.org/articolo/come-abbiamo-usato-riduzione-spesa-interessi
[8]http://it.wikipedia.org/wiki/Patto_di_bilancio_europeo
[9]http://www.linkiesta.it/debito-pubblico-italiano-infografica
[10]http://www.fermareildeclino.it/10proposte
[11]http://noisefromamerika.org/articolo/tutti-meritocrati-col-culo-altri
[12]http://www.leoniblog.it/2014/08/08/le-tre-misure-semplici-che-potrebbero-salvare-il-paese/
[14]http://it.wikipedia.org/wiki/Facite_ammuina