Nella notte dell’1 dicembre il Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema di decreto legislativo che, in esecuzione dei principi dettati dalla Legge Delega n. 67 del 28 aprile 2014 in materia di pene detentive e riforma del sistema sanzionatorio, prevede, fra l’altro, l’introduzione di una causa di non punibilità per la particolare tenuità della condotta dell’imputato.
Si tratta di una riforma ragionevole, tesa a diminuire il pesante numero di procedimenti penali che l’Italia si trova a dover gestire ogni anno.
Stando alle stime del Consiglio d’Europa, per intenderci, l’Italia ha registrato nel 2010 un numero di nuovi processi penali (1.359.884) quasi doppio rispetto alla Germania (790.535), che, come sappiamo, ha una ventina di milioni di abitanti in più.
Certo, sono molti i fattori che determinano un così elevato numero di processi, a cominciare dal proverbiale problema degli italiani con il rispetto della legge e senza trascurare l’obbligatorietà dell’azione penale in un sistema caratterizzato da un enorme numero di fattispecie di reato.
E, si sa, i grandi volumi non vanno d’accordo con l’efficienza, compresi i grandi volumi di norme.
Sta di fatto che è con questi numeri che abbiamo a che fare e con una macchina, quella della giustizia, assolutamente inceppata.
Per tali ragioni, facciamo fatica a sopportare il siparietto demagogico e pressapochista di molti giornali (che titolano cose come “depenalizzati i reati lievi”) e di certi esponenti politici che dichiarano battaglia a quella che chiamano una “follia”.
Matteo Salvini ha sostenuto essere “pazzesco” che il governo Renzi abbia “depenalizzato alcuni reati lievi, per cui niente galera per chi commette furto, danneggiamento, truffa e violenza privata. Con la sinistra al potere, l’Italia diventa il paradiso dei delinquenti. Non mi rassegno, la Lega farà opposizione totale a questa follia”.
Anna Maria Greco su Il Giornale è arrivata a dire che “il governo è ossessionato dalla corruzione e poi chiude gli occhi su furti, truffe e violenze”.
Per qualcuno si tratta di legittimi punti di vista.
Sarà. Ma sta di fatto che si assiste a cambi di approccio che in altri contesti risulterebbero a dir poco imbarazzanti.
Così, i garantisti di Forza Italia diventano garantisti al contrario e sottilmente giustizialisti. Maurizio Gasparri ha dichiarato che – attenzione – “il diritto penale non può essere piegato a esigenze che i cittadini potrebbero difficilmente comprendere”. Non si può piegare il diritto alle proprie esigenze. Forza Italia. Capito?
La Legge Delega, tra l’altro, fu approvata con il voto favorevole proprio di 15 “eroici” dissidenti di Forza Italia, come riporta Openpolis, che evidenzia i voti in disaccordo con la linea del gruppo definendoli “voti ribelli”.
Ma allora, i reati “lievi” sono stati depenalizzati? La truffa e il furto sono oggi considerati reati lievi? Sono stati abrogati?
Calma. Anzitutto chiariamo che per depenalizzare un reato serve una legge che dica: quel fatto che consociamo come furto, oggi non è più reato. Oppure che dica: quel fatto che consociamo come furto oggi non è più reato, ma illecito amministrativo, punito secondo diverse regole sanzionatorie (ciò che avvenne, per esempio, nel 1998 per l’emissione di assegni a vuoto).
E badate che, molto spesso, assoggettare un fatto a sanzioni amministrative anziché a conseguenze penali rende molto più efficace la punizione del colpevole. Provate ad emettere un assegno senza provvista oggi e forse rimpiangerete di non poter affrontare un lungo processo penale dal quale magari salvarvi per decorrenza dei termini di prescrizione.
La Legge Delega n. 67/2014 contiene sì delle ipotesi di depenalizzazione (ossia di declassamento ad illecito amministrativo) per tutta una serie di reati minori come quelli oggi puniti solo con la multa o l’ammenda (art. 2 della legge), ma non depenalizza, come molti quotidiani hanno scritto, i “reati lievi”, né i reati come la truffa, il furto e la violazione di domicilio.
Invero, il “reato lieve” non esiste. Può esistere solo una condotta che, in concreto, si riveli insignificante o scarsamente offensiva.
La Legge Delega ha così demandato al Governo di introdurre una norma che escluda la punibilità di reati sanzionabili con la sola pena pecuniaria o con pene detentive non superiori nel massimo a cinque anni, quando risulti nel caso concreto la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento, senza pregiudizio alcuno per la vittima del reato rispetto alla possibilità di ottenere il risarcimento del danno.
Il che significa che spetterà al Giudice, di volta in volta, valutare se, rispetto a determinati reati punibili in astratto con la sola pena pecuniaria o quella detentiva non superiore a 5 anni (fra cui sì, il furto e la truffa), il fatto contestato e l’offesa recata siano di così poco conto da far perdere significato al processo.
Entro questi limiti potrà parlarsi, se vogliamo, di possibile “depenalizzazione in concreto”, ossia con riguardo al caso specifico. Si può fare, purché non si vada demagogicamente in giro a raccontare che la truffa ed il furto non sono più reati.
Del resto, l’istituto della non punibilità per “irrilevanza del fatto” era già stato introdotto nell’ordinamento minorile (art. 27 d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448) e in quello relativo alla competenza penale del giudice di pace (art. 34 d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274).
Condivisibile, pertanto, la Relazione Ministeriale là dove afferma che sotto il profilo processuale l’istituto della non punibilità per irrilevanza del fatto contribuisca ad alleggerire il carico giudiziario.
Peraltro, la definizione anticipata per irrilevanza del fatto, oltre a soddisfare esigenze di deflazione processuale, risulta in linea anche con il principio costituzionale di proporzione, potendo risultare il dispendio di energie processuali per fatti bagatellari sproporzionato ed antieconomico.
Con l’introduzione del nuovo art. 131bis nel Codice Penale disegnato dal Governo non dovremo più, ad esempio, pagare un intero procedimento penale (giudici, pubblici ministeri, cancellieri, attrezzature e cancelleria, notifiche, polizia giudiziaria, etc.) per sostenere un’accusa verso chi, ad esempio, abbia rubato pochi euro di frutta, come avvenne a Bergamo nel 2010.
La macchina giustizia ne guadagnerà, c’è da scommetterci. E noi oggi abbiamo un enorme bisogno di efficienza, soprattutto per reprimere velocemente altri reati, ossia quelli che destano maggiore allarme sociale e la cui archiviazione (magari per prescrizione) rischia di aumentare pericolosamente quella che Cesare Beccaria chiamava “la lusinga dell’impunità”.
Quello di cui non abbiamo bisogno, invece, sono la disonestà intellettuale, la faziosità e la sciatteria che caratterizzano ogni dibattito politico.
Gaetano Salvemini diceva che non possiamo essere imparziali, ma possiamo essere intellettualmente onesti, rendendoci conto delle nostre passioni, tenendoci in guardia contro di esse e mettendo in guardia i nostri lettori contro i pericoli della nostra parzialità. Perché, come diceva, l’imparzialità è un sogno, ma la probità è un dovere.
10 Dicembre 2014
Demagogia e “reato lieve”
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