C’è una questione di fondo che non ci sembra sufficientemente affrontata nel dibattito in corso sul decreto di riforma del fisco e l’inserimento della presunta norma “salva Berlusconi”.
E cioè che l’impianto complessivo del decreto legislativo e lo spirito della legge delega (legge con cui il Parlamento detta i principi generali che poi il Governo andrà a specificare) fanno ritenere poco pertinente l’introduzione di una soglia di non punibilità flat (cioè uniforme e valevole per tutti quale che sia l’ammontare in concreto evaso o sotratto al fisco).
Questo, per noi, è indice non tanto del fatto – evidente – che si sia trattato di un intervento raffazzonato dell’ultimo momento, quanto del fatto che vi sia stata malizia. Intendendo con tale parola il perseguimento di scopi che vanno oltre la creazione di un fisco più amico.
Da parte di chi vi sia stata questa malizia ad oggi ancora non è chiaro. Naturalmente, se individuassimo il responsabile, l’ideatore, il suggeritore, potremmo anche capire quali fossero i reali scopi perseguiti.
L’esigenza di trasparenza su questo aspetto è però davvero fondamentale per evitare anche la benché minima ombra sull’elezione del prossimo Presidente della Repubblica (fra una settimana Napolitano dovrebbe dimettersi).
Dal canto suo, Renzi si è attribuito ogni responsabilità sembrando confessare una certa leggerezza, ma per lo più evitando di affrontare l’argomento in maniera diretta.
A chi ha chiesto spiegazioni con insistenza, il Premier ha risposto che non c’è alcun mistero, che la norma incriminata l’ha voluta lui, che è stata condivisa con il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, discussa con gli altri ministri e che fa parte dello spirito del provvedimento.
Ecco, come dicevamo, a noi non sembra affatto che la norma incriminata risponda appieno allo “spirito del provvedimento” delegato. Anzi, rispetto all’impianto del decreto nel suo complesso e alla stessa legge delega la norma “salva Berlusconi” appare per lo più come un corpo estraneo.
Con l’art. 8 della Legge Delega n. 23 del 12 marzo 2014 il Parlamento ha delegato il Governo a rivedere le sanzioni penali tributarie esistenti (ossia quelle contenute nel precedente D. Lgs. 74/2000) “secondo criteri di predeterminazione e di proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti”, con “la possibilità di ridurre le sanzioni per le fattispecie meno gravi o di applicare sanzioni amministrative anziché penali, tenuto anche conto di adeguate soglie di punibilità”.
In questo la Legge Delega non ha stabilito nulla di diverso da quanto aveva fatto in precedenza la sua antenata, la Legge Delega n. 205/1999 che, nel delegare il Governo a disegnare un nuovo sistema penale tributario, demandava anche l’individuazione di “soglie di punibilità idonee a limitare l’intervento penale ai soli illeciti economicamente significativi”.
Nel dare esecuzione a questa delega nel 2000, il secondo Governo D’Alema (Ministro delle Finanze Vincenzo Visco) non introdusse alcuna soglia flat valida per tutti a prescindere dall’ammontare evaso, bensì, come stabilito dalla legge delegante, diverse “soglie di punibilità” parametrate caso per caso all’incidenza economica dell’illecito, incidenza da valutare evidentemente in assoluto e non sulla base della diversa capacità contributiva dei singoli.
Insomma, nessun giudizio agganciato alle diverse dichiarazioni reddituali delle persone (dove un 3% può variare da migliaia di euro a cento volte tanto), bensì un giudizio riferito all’ammontare in concreto evaso o non dichiarato.
Proprio su queste basi si era mossa la bozza di decreto circolata fino al fatidico Consiglio dei Ministri del 24 dicembre 2014.
Bozza che, come ha in diverse sedi dichiarato il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti, non conteneva traccia di alcuna franchigia flat.
In tale bozza, si erano soltanto riviste le soglie stabilite in precedenza in valore assoluto, aumentandole: 150 mila per la dichiarazione infedele, 50 mila per l’omessa dichiarazione e 30 mila per la dichiarazione fraudolenta.
Sul versante sanzionatorio, la delega poteva dirsi così rispettata fedelmente.
Che senso ha avuto, allora, introdurre un’altra soglia uniforme di esenzione, valevole per tutti in misura pari al 3% dell’imponibile dichiarato, di fatto legando l’esenzione alla diversa capacità contributiva dei singoli (si tratta dell’art. 15 del decreto leggibile qui).
Una simile franchigia risulta irragionevole perché può rendere inutili le soglie monetarie stabilite negli articoli precedenti in valore assoluto, di fatto potendo estenderne l’incidenza in maniera non predeterminata e potenzialmente illimitata (laddove, invece, la predeterminazione era uno dei requisiti richiesti all’art. 8 dalla Legge Delega come visto sopra).
Così, ad esempio, su un dichiarato di 10 milioni di euro, se l’evasione si attestasse sotto i 300 mila euro (ossia il 3% della dichiarazione), non vi sarebbe illecito penale e di fatto verrebbe a raddoppiarsi la soglia di 150 mila euro prevista negli articoli precedenti, che perderebbe così significato.
Attenzione, non stiamo dicendo che in astratto un simile modo di ragionare non vada bene.
Ci può anche stare che il legislatore leghi il giudizio sulla gravità di un fatto alla capacità contributiva, introducendo una soglia percentuale che assuma valori monetari diversi caso per caso.
Stiamo però dicendo che si tratterebbe di una scelta piuttosto innovativa di politica fiscale e penale, molto diversa da quanto in vigore negli ultimi quindici anni.
Per questo crediamo che se il Parlamento avesse voluto consentire anche un simile, diverso modo di ragionare per il legislatore delegato (il Governo), lo avrebbe detto chiaramente, disegnando nella Legge Delega un preciso criterio in tal senso.
Del resto, benché il legislatore delegato goda di una certa discrezionalità in sede di attuazione di una delega del Parlamento, soprattutto quando i criteri direttivi siano poco specifici, è altresì vero che occorre sempre rispettare la ratio della delega e rimanere con questa coerenti (Corte Cost. sent. n. 47/2014).
Per cui non si può escludere che tale nuovo meccanismo venga giudicato incostituzionale per eccesso di delega, anche laddove si intervenisse limitandosi ad escludere la soglia flat peril più grave reato di frode fiscale.
Insomma, l’irragionevolezza del meccanismo delle doppie soglie ci sembra tradisca chiaramente un intervento ”esterno”, teso a perseguire scopi che vanno oltre quelli della Legge Delega.
Finora, né il Premier, né Forza Italia sono riusciti a contrastare in modo convincente le illazioni che stanno circolando. E ogni dubbio permarrà fintano che rimarrà coperta l’identità dei suggeritori della norma.
In breve, la cosa non ci piace e non tanto per le potenziali ricadute su Berlusconi (sappiate comunque che con una norma del genere l’art. 2 del cod. penale gli avrebbe consentito sicuramente di ricandidarsi), rispetto al quale la pensiamo proprio come il Sottosegretario Enrico Zanetti, ossia che non sarà mai troppo tardi quando a questo Paese di lui non fregherà assolutamente più nulla nel bene e nel male.
Non ci piace perché c’è un grave vizio di trasparenza di fondo, un vizio che rischia di inquinare anche le scelte politiche dei mesi a venire, a cominciare da quella sul nuovo Capo dello Stato.
Una brutta macchia sulla Terza Repubblica.
7 Gennaio 2015