Il populismo leghista che non tocca i vitalizi

I COSTI DELLA POLITICA Secondo il giudizio espresso dalla Corte dei Conti sul Rendiconto Generale dello Stato del 2013, sono circa 145.000 i politici di professione, suddivisi fra i cinque livelli...

I COSTI DELLA POLITICA

Secondo il giudizio espresso dalla Corte dei Conti sul Rendiconto Generale dello Stato del 2013, sono circa 145.000 i politici di professione, suddivisi fra i cinque livelli di governo: Stato, Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni.  
Un esercito, secondo la Corte, in cui si registrano 1041 parlamentari (fra deputati nazionali ed europei, ministri e sottosegretari), 1270 fra presidenti, assessori e consiglieri regionali, 3446 presidenti, assessori e consiglieri provinciali, 138.834 sindaci, assessori e consiglieri comunali.
Nello specifico, il costo per la Presidenza della Repubblica è stato nel 2013 pari a 228 milioni di euro, quello per il funzionamento della Camera dei deputati di 943 milioni di euro, mentre le spese per il Senato della Repubblica sono arrivate a 505 milioni di euro.
Per il funzionamento della Presidenza del Consiglio, nel 2013 sono stati stanziati 458 milioni di euro, con un aumento dell’undici per cento rispetto all’anno precedente. I costi per il funzionamento dei Ministeri (Uffici di gabinetto ed Uffici di diretta collaborazione del ministro) hanno comportato invece una spesa di oltre 200 milioni.
Quanto alle autonomie locali, il costo sostenuto per le regioni è stato di oltre un miliardo di euro (diminuzione del sei per cento circa), mentre quello per i comuni, comprese le forme associative quali Comunità montane e Unioni di comuni, di 1,7 miliardi.
I compensi percepiti dai membri delle Camere nel 2013 sono stati complessivamente di 447.551.400 euro, in aumento rispetto all’anno precedente.
L’aumento, pari a circa otto milioni di euro, è dovuto proprio all’erogazione di un maggior numero di vitalizi in favore di deputati cessati dall’incarico.
Nelle sue conclusioni il Procuratore Generale della Corte Salvatore Nottola è stato spietato: “i dati testimoniano come i c.d. costi della politica rappresentino una voce di spesa significativamente maggiore rispetto a quella sostenuta nei paesi demograficamente confrontabili con l’Italia, quali Germania, la Francia, la Gran Bretagna, la Spagna. Ne consegue l’esigenza, non ulteriormente procrastinabile, di un’adozione di misure contenitive coerenti. L’inerzia ravvisabile sul punto, peraltro oscurata da sterili confronti e proposte, non induce ad un recupero di affidamento del corpo elettorale nei confronti delle rappresentanze elette, dalle quali è auspicabile un intervento orientato nella direzione di assicurare un maggior rigore finanziario, riducendo la corresponsione di risorse finanziarie pubbliche anche adottando provvedimenti normativi tesi ad una semplificazione numerica degli organi politici eletti, con ricadute di efficienza e di economicità”.

IL RECENTE TENTATIVO DI INTERVENTO SUI VITALIZI

In questo contesto si inseriscono i recenti tentativi di Scelta Civica di sfruttare il treno delle riforme per inserire una norma di livello costituzionale capace di rendere inattaccabili interventi sui vitalizi in essere, interventi che altrimenti sarebbero giudicati in violazione dei principi posti in tema di diritti quesiti.
Il progetto di riforma è stato presentato alla Camera il 23 gennaio 2015 dall’onorevole Andrea Mazziotti di Celso.
La proposta, nella forma di emendamento al disegno di legge costituzionale C.2613, prevedeva che il trattamento pensionistico a cui hanno diritto i membri del Parlamento cessati dalla carica fosse conforme “in qualsiasi momento” ai principi di contribuzione, ragionevolezza e proporzionalità rispetto alla durata della permanenza in carica, con la precisazione che tali criteri avrebbero trovato applicazione anche per gli assegni vitalizi e i trattamenti pensionistici già riconosciuti.
Principi che, in quanto valutabili “in qualsiasi momento”, avrebbero aperto un sicuro varco per poter rivedere anche retroattivamente vitalizi esorbitanti.

E’ GIUSTO INTERVENIRE RETROATTIVAMENTE?

Stabilire un intervento retroattivo, in generale, dovrebbe vederci contrari, in quanto ne va della certezza del diritto.
Non è di regola auspicabile, infatti, che una certa situazione giuridica (in questo caso, il riconoscimento di un trattamento pensionistico) venga messa in discussione una volta che possa dirsi acquisita.
Noi stessi non manchiamo di affermarlo ad ogni aggravio retroattivo dell’imposizione fiscale ad anno d’imposta in corso, in violazione tra l’altro dello Statuto del Contribuente (su questo ci torneremo).
Senza certezza, in generale, non possono esserci prosperità, progresso e sviluppo.
Parafrasando John Stuart Mill, potremmo dire che se la certezza assoluta rispetto alle vicende del mondo rimane un miraggio, deve comunque esserci sufficiente sicurezza per gli scopi della vita umana.
Ma possiamo ancora pensarla così quando quella certa situazione acquisita si riveli, in un determinato momento storico, per quello che è, ossia una privilegio insostenibile, frutto di scelte politiche sbagliate ed irragionevoli?
Per chi scrive, un principio di responsabilità e solidarietà intergenerazionale in grado di giustificare interventi sui vitalizi sarebbe già ricavabile dalla nostra Costituzione agli artt. 2 e 3. Il primo chiede ai cittadini l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, mentre il secondo promuove la rimozione degli ostacoli che possano limitare la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impedendo il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese (è scritto “lavoratori”, sì; anche su questo torneremo un’altra volta).
Detta altrimenti, su questo tema c’è in gioco un interesse che va al cuore del nostro (con)vivere sociale, perché l’equilibrio del sistema previdenziale è un presupposto necessario per guardare al futuro. Nostro e del Paese.

LA LEGA CONTRO I TAGLI AI VITALIZI

Se le esigenze da perseguire in opposizione ad un cieco conservatorismo sono la stabilità dell’intero sistema e una piena solidarietà e responsabilità intergenerazionale (in due parole, per noi, futuro e progresso), non stupiamoci se la destra sociale e lepenista rappresentata oggi dalla Lega si ponga continuamente di traverso rispetto a ipotesi di intervento retroattivo sui vitalizi della classe politica.
Lo ha fatto a gennaio in Consiglio Regionale in Lombardia.
E lo ha fatto di nuovo votando assieme a tutti gli altri (eccettuati M5S e Fratelli d’Italia) contro la proposta di Scelta Civica di riforma costituzionale. Qui i risultati delle votazioni.
Cosa dice Salvini a proposito?
Niente di meglio che negare.
Nel corso della puntata de La Gabbia, il talk show di Luigi Paragone, di domenica 25 gennaio 2015, incalzato sul punto dall’onorevole Enrico Zanetti, Salvini prima ha affermato che si tratta di “bufale”, per poi negare l’evidenza dichiarando che “la Lega ha votato tutto quello che andava a togliere i vitalizi sulla Terra e su Marte”.
Guardate qui dal minuto 49:45.
E poi riguardatevi qui i risultati delle votazioni all’emendamento di Scelta Civica.

In bocca al lupo, Italia.

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